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A Running Start di Deut e la filosofia del “less is more”

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Per chi pensa che la bellezza stia nella complessità delle strutture armoniche o in chissà quali virtuosismi vocali, il primo EP di Deut, il progetto solista di Giuseppe Vitale, già autore e voce degli U BIT, uscito il 12 novembre 2019, affonda invece le sue radici nel principio “less is more”.

Il disco è composto da cinque brani di breve durata, solo chitarra e voce. La semplicità disarmante delle melodie, la delicatezza acustica fatta di arrangiamenti pulitissimi e minimali, la morbidezza della voce del cantautore, conducono l’ascoltatore alla riflessione intimista, attraverso uno sguardo sulle piccole cose, i piccoli gesti che riempiono il nostro quotidiano.

I testi raccontano, infatti, storie dove ognuno di noi può riconoscersi e immedesimarsi. L’immediatezza del suono porta l’ascoltatore nella dimensione del qui e ora, non c’è spazio per la precisione o la finitezza. Quel che resta è solo un senso di dolcissima malinconia in attesa della prossima “rincorsa”.

Il cantautore stesso ci ha raccontato in questa intervista la sua idea di musica e i dettagli del suo progetto solista.

Che percezione hai del tempo e in che tempo viviamo?
Il contesto in cui siamo immersi è sfavorevole a molto di quello che ritengo umano. Cerco di vivere secondo le cose che ritengo reali, di cui sento il bisogno che non è il desiderio. Cose semplici, ma è difficile farlo nell’epoca in cui la tecnica ha superato l’uomo e dove pare non esistano limiti a niente. Come molti vivo immerso con un piede in questa realtà ormai virtuale e l’altro che prova a scappare appena può o a restare lì dov’è. Il tempo è una convenzione, ma non ne possiamo fare a meno e ad oggi è la cosa più preziosa che abbiamo, soprattutto quando è libero, poveri di contenuti. Vacante e contemplativo.

“A Running Start”: ogni giorno tutti rincorriamo qualcosa. La tua è una rincorsa verso?
Me stesso, mi verrebbe da dire a bruciapelo, ma anche verso la musica che ho rincorso per anni. Una musica che mi rispecchiasse e che potesse comunicare qualcosa. Come una voce. Ho cercato per tanto tempo una maturità che probabilmente non è ancora arrivata ma che andava letteralmente “rincorsa”. Se ci penso rincorro anche la mia fantasia che va sempre troppo lontano e quando la prendo la riporto alla realtà e posso concretizzare qualcosa senza starmene a sognare.

Nella vita di tutti i giorni insegni. Quale credi sia la cosa più importante o difficile da trasmettere?
La passione. Uno dei sentimenti che ci tiene in vita, più di ogni altro. Per passione intendo l’amore curioso verso le cose, la speranza e la vitalità delle scoperte. Non insegno in senso letterale credo più nell’educare, nel portare fuori le potenzialità già dentro di noi. In questo ho avuto fortuna, tra tanti maestri e maestre sbagliati ne ho conosciuti un paio che mi hanno cambiato la vita.

Se non sbaglio sei anche un disegnatore. Quanto l’arte si mischia alla musica nella tua produzione?
Non si mescolano tra loro ma sono comunque parte del mio linguaggio. Ho cominciato a disegnare prima di suonare, perciò nel disegno mi sento più a casa, come se stessi chiacchierando. La musica rimane una dimensione ancora più personale e forse più complessa. A volte però quando disegno mi accorgo di avere delle attitudini musicali, ma è difficile da spiegare. Per farla semplice… ritmo, sfumature, ripetizione e armonia sono cose che capitano anche disegnando.

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