Interviste
Area Covid-19: Andrea Spinelli
Area Covid-19 nasce in un momento di scazzo da quarantena. Lunedì pomeriggio, assolato e pigro, un silenzio rotto solo dal rumore delle sirene delle ambulanze. Scorro la lista degli amici online su Messenger per sentirmi meno sola e boom idea! Creare un ulteriore luogo di ritrovo per parlare di musica, ma non solo. Area Covid-19 è uno spazio in cui “incontrerò virtualmente” i miei amici per chiedere come stanno vivendo questo momento e per far due chiacchiere. C’è bisogno bisogno di parole, di presenza e spero faremo compagnia anche a voi. Oggi è il turno di Andrea Spinelli, un pittore che ha ritratto più di 400 artisti sotto palco durante i loro concerti.
Più di 400 artisti ritratti: da dove nasce l’idea e qual è stato il primo? Invece quello che ti ha reso “famoso” e quello che ti ha emozionato realizzare?
Diciamo che il mio approccio al live painting è stato graduale. È nato tutto per gioco. Mi trovavo in un periodo in cui ero fisicamente impossibilitato a suonare (ho suonato la batteria per 11 anni e ogni tanto ancora la suono), avevo problemi fisici e allora ho ripreso a disegnare. Fino a quel momento avevo dedicato tutto il mio tempo e le mie energie nella crescita del progetto musicale in cui ero coinvolto. Quindi riprendere in mano i pennelli è stato un po’ un trauma. Anche perché fino ad allora io non dipingevo ma disegnavo solo con Penne Bic oppure matite. Però decisi di cimentarmi con una tecnica, l’acquerello. Cominciai a disegnare molto finché un giorno mi trovai a una bancarella di un mercatino in un paese qui vicino. Comprai una copia dell'”Hagakure”, il libro dei samurai. Insomma, un libro fondamentalmente fatto di citazioni brevi, e questo comportava che le pagine rimanevano al 90% bianche. Quella sera andai a vedere i Management del dolore post-operatorio che suonavano in provincia di Varese. Durante il concerto mi accorsi di avere in tasca il libretto che comprai nel pomeriggio e una penna. Così, in preda a un’intuizione lo presi e cominciai a ritrarre dal vivo la band. A fine concerto grazie a un mio caro amico riuscii ad entrare nel backstage per salutare i musicisti. Mi accorsi che i disegni che avevo fatto, che io ritenevo sei semplici schizzi, in realtà avevano colpito molto la band. Tanto che il mio amico mi incitò a cominciare a fare questa cosa anche durante altri concerti. All’inizio ero molto scettico, perché quel gesto per me era molto naturale e spontaneo ed era strano appurare che potesse essere “affascinante” per qualcuno. Ma iniziai comunque a farlo anche ad altri live perché mi divertiva. Presi a girare per un sacco di concerti con un taccuino e a disegnare in mezzo alla gente. Finché un giorno allo Spazio Musica di Pavia, il buon Filippo Milani dei Nylon mi suggerì di utilizzare una postazione vera e propria. Ero molto timido a riguardo ma alla fine mi convinsi e cominciai a farlo. Provai un piacere incredibile. E da lì diventò come una droga. Per quanto concerne il momento in cui feci il “botto” non saprei dirti con certezza, a livello di opera realizzata però ti so dire cosa mi diede una spinta propulsiva incredibile. Fu il MEI di Faenza. Giordano Sangiorgi, il patron del MEI, mi invitò a tenere una mostra personale durante la manifestazione. E infatti io a Giordano devo moltissimo.
Come ti vedi tra 10 anni?
Alla ricerca di nuovi concerti da ritrarre. Ho sempre tante idee che mi frullano per la testa, devo realizzarne molte ancora e io amo sperimentare. Quindi chissà… sicuramente starò ancora vivendo la mia passione, ma conoscendomi lo starò facendo in modalità molto diverse. Diciamo che ultimamente mi sta prendendo molto l’idea di poter divulgare l’esperienza che ho avuto fino ad oggi in fatto di live painting. Mi piacerebbe molto portarlo nelle scuole, magari nelle scuole d’arte o meglio ancora alle scuole medie e superiori. A quella età si ha più confidenza con lo stupore e si riesce a farsi coinvolgere emotivamente in modo molto più forte dalle Arti. Questo è un percorso che penso raggiungerò prima o poi perché mi attira molto l’idea di divulgare cultura. Poi ho da sempre l’ambizione di riuscire a fare live painting in contesti molto grossi come i festival europei. L’obiettivo che mi piacerebbe raggiungere più nell’immediato invece riguarda le videoproiezioni in tempo reale durante i live, che è un tipo di esperienza che in realtà ho già sperimentato diverse volte, ad esempio con la band romana Têtes de Bois. Se devo essere sincero, è davvero rarissimo che io realizzi due volte il ritratto di uno stesso soggetto durante un concerto. Anzitutto perché è fondamentale per me catturare l’attimo. Quasi fossi una macchina fotografica vivente, ma con un potente filtro che potrebbe essere paragonato a un filtro tipo quelli dei social, però umano. E sullo stesso concetto di macchina fotografica ti spiego come “catturo” l’istante: è come se fosse una sorta di ping-pong tra quello che vedo e il foglio. E in mezzo ci sono io. In quel momento sono una sorta di mediatore tra due nazioni che parlano lingue molto diverse: il mio compito è riuscire a spiegare al foglio ciò che la realtà mi propone. E tutto questo in tempi molto brevi. Una volta che riesco a fare questa traduzione, il gioco è fatto. Per farlo però ho bisogno di raccogliere molte informazioni visive, ma anche intuitive rispetto al soggetto. Quindi automaticamente il mio intuito si pone delle domande: Come si sta muovendo il soggetto? Esegue dei movimenti che ripete spesso o particolari? Quali colori caratterizzano ciò che sta cantando o suonando? Di che colore è la sua personalità? Quale elemento della band spicca di più? E così via. Mano a mano che rispondo a queste domande comincio a scattare tantissime fotografie nella mia testa che poco a poco arrivano a sovrapporsi e formare un’unica immagine che al contempo plasmo e riporto sul foglio. Quindi il risultato finale è la sovrapposizione di tutte queste diapositive che accumulo nella mia memoria a breve termine.
Locuste, pandemie, asteroidi. come rappresenteresti in “arte-musica” la fine del mondo? Siamo alla fine del mondo secondo te? E tu, come vivi da artista questo momento? A tal proposito, l’altro giorno ho letto un tuo post su quale sia il pensiero positivo di questo momento storico: qual è il tuo personale?
Il mio concetto di fine del mondo forse è più vicino al film “Melancholia” di Lars von Trier. Nel film un gigantesco pianeta blu chiamato appunto Melancholia entra in rotta di collisione con il pianeta Terra e i protagonisti si abbracciano prima del momento fatidico. In realtà la fine del mondo è qualcosa a cui non penso spesso, però molte volte fantastico sulle gigantesche esplosioni ed eventi abnormi che accadono nello spazio a milioni di anni luce da noi. Mi piacerebbe poter entrare dentro un buco nero e uscirne fuori incolume solo per farne esperienza. Sono molto curioso di natura. Pensa che figo un live painting all’interno di un buco nero! Finalmente potrei usare un solo colore (il nero) senza sentirmi in colpa. Diciamo che ho tanti piccoli pensieri positivi ai quali mi aggrappo, credo un po’ come tutti in queste settimane. Alcuni di questi pensieri sono più pratici, altri invece più spirituali o profondi. Ad esempio, mi conforta che non siamo più ai tempi del Medioevo quando i medici erano soliti curare le pandemie con erbe o impacchi. Ho letto proprio in questi giorni che in quell’epoca si attribuiva la causa della peste all’aria malsana conseguente a una punizione divina. Non si concepiva l’esistenza di un virus che potesse scatenare tutto questo. Ecco sono felice in questo senso di essere nato in un’epoca in cui abbiamo a disposizione tantissime risorse tecniche e scientifiche per difenderci durante una pandemia. Di conseguenza mi conforta sapere che in un modo o nell’altro ne usciremo. Non sposo in senso assoluto il messaggio che #andratuttobene perché i numeri ci dicono che tante persone muoiono e il collasso finanziario è una possibilità non così remota, ma ora è giusto crederci, ci da forza e in ogni caso sono un grande sostenitore dell’esperienza: da tutto questo dolore e paura, una volta superati, avremo acquisito tante informazioni ed esperienze utili che integreremo nella nostra coscienza collettiva. E ci ritroveremo cresciuti, tutti, pronti a essere migliori di come eravamo prima.
Cover Story: Francesco Trovato