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I Am Not a Dog on a Chain: “The very best of me”

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Con il suo ultimo album pubblicato il 20 marzo 2020, Morrissey sembra ribadire un concetto che, a chiunque conosca anche vagamente l’artista, è già chiaro da tempo. Steven Patrick Morrissey non è un cane attaccato a una catena, non si accomoderà mai in uno schema prefabbricato e non abbandonerà mai il suo celebre carattere provocatorio e tagliente.

Quello che ci presenta l’ex frontman dei The Smiths è un disco dove nostalgia e modernità convivono in brani dalle sonorità new wave condite da massicce sezioni di sintetizzatori e strumentali elettroniche. “I Am Not a Dog on a Chain” è stato anticipato da tre singoli: “Bobby, Don’t You Think They Know?”, “Love Is On Its Way Out” e “Knockabout World”. Il primo è una sorta di blues accelerato che racconta la storia di Bobby, un personaggio che cerca maldestramente di nascondere la sua dipendenza da droghe pesanti, il tutto con la partecipazione della potentissima voce di Thelma Houston. “Love Is On Its Way Out” è una denuncia alla graduale perdita d’amore nel mondo e nei tristi atteggiamenti umani che ne seguono. Infine “Knockabout World” riprende senza nasconderlo il mood e le sonorità dei The Smiths, come anche “What Kind of People Live in These Houses?” e “Darling, I Hug a Pillow”, prediligendo una strumentale acustica piuttosto che elettronica o comunque limitando i sintetizzatori e dandogli un tono “vintage”.

L’album si impenna in un climax di quattro canzoni che parte da “Darling, I Hug a Pillow” e culmina in “The Secret of Music”. Quest’ultimo è senza dubbio il brano più coraggioso e particolare dell’LP: un’odissea orchestrale di otto minuti che percorre una lunga serie di strumenti, da “l’angelico flauto” al “grasso fagotto”, prendendo una piega spaventosamente prog. Un brano d’avanguardia che dimostra nuovamente che Morrissey non ha veramente paura di nulla. In chiusura troviamo la melancolica “My Hurling Days Are Done”, la classica ballata triste sull’inesorabile scorrere del tempo e sulla lontananza dai giorni felici della gioventù.

Morrissey ha definito l’album “The very best of me” e mi trovo assolutamente d’accordo con l’affermazione. Ha costruito un disco attorno ai suoi tratti più distintivi, rendendolo non solo uno sguardo disilluso e quasi beffardo sul mondo, ma anche una raccolta di riflessioni e analisi su se stesso e su chi lo circonda. Un lavoro assolutamente all’altezza.

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