Interviste
Area Covid-19: Diego Mancino
Oggi Area Covid-19 dà voce a Diego Mancino, cantautore e musicista nostrano dalla grande esperienza, che abbiamo raggiunto per farci raccontare come sta vivendo il lockdown e come prevede che sarà il futuro della musica, e non solo.
Ciao Diego. Come stai? Ormai domanda di rito: come stai trascorrendo questi giorni di quarantena?
Questi giorni sono un viaggio. Mi prendo cura di me e di chi amo, immagino cose da fare in un futuro che davvero non è più quello di una volta, quindi mi obbliga ad avere fantasia e coraggio. Scrivo poco, osservo, imparo e ascolto. Intimamente sono molto agitato. Confesso che bevo e mangio più spesso del solito. Però mi lascio incuriosire da film e da dischi che avevo lasciato un po’ in disparte.
Come credi cambierà la musica e la figura dell’artista dopo questo lungo periodo di pausa forzata? E che figura ricopre adesso? Qual è il messaggio da lanciare in questi giorni?
Ogni artista si sta misurando con il proprio ruolo e non è qualcosa che si possa risolvere immediatamente. Io per esempio sono molto silenzioso in questi giorni. Il primo messaggio che affiora dal mio silenzio è che per avere un futuro bisognerà pensare all’essenza delle cose, l’essenza della poesia e quella della musica. Nel concreto però è impossibile immaginare la musica senza il contatto fisico con il pubblico, è qualcosa di profondissimo, di primitivo. Rituale. I riti sono importanti. Mi auguro che ci sia la ricerca di maggiore profondità e verità proprio per darci una dimensione spirituale che spesso dimentichiamo e censuriamo a noi stessi. Non ti so dire quale debba essere il mio ruolo, non lo sapevo nemmeno prima del virus. So solamente che brucio ancora come prima e farò quello che ho sempre fatto perché questa è la mia vita e non me la ruberà nessuno, ecco questo è il messaggio.
Non ti ho visto partecipare ai vari streaming che ultimamente stanno invadendo il web. Qual è la tua posizione in merito?
Come ti dicevo la mia reazione per il momento è intima e riflessiva. Avere una posizione su come si comportano altri artisti mi sembra davvero una cosa senza senso. Ognuno si esprime e comunica come sente di dover fare. Mi preoccupano ben altre cose.
Siamo divisi tra ottimisti che sperano in un nuovo risorgimento post coronavirus e pessimisti che pensano che un in Paese già pieno di difficoltà socio-politiche, rimettersi in piedi sarà impresa ardua. Tu a quale categoria appartieni? Dacci il tuo punto di vista.
Non ho molta fiducia nel genere umano, ma odio essere pessimista quindi per risponderti devo fare delle capriole mentali. Penso che il sistema sociale fosse già in crisi e quello economico lo è da ancora più tempo, non basterà una canzone a mettere ordine nel caos che ci aspetta. Ma io non ho paura dei cambiamenti. Ho paura della mancanza di prospettive. È lunga la strada che ci aspetta e per rinascere bisogna prima morire. Mi importa poco se impareremo nuove tecniche per scrivere canzoni a distanza o per fare concerti virtuali, se avremo una sfrenata voglia di fare feste o affollare musei, a me importano le motivazioni che avremo, perché il mondo prima del virus era una vera merda e il rinascimento potrà fiorire solo in un mondo nuovo.
Cosa ti manca più dei live? Salutaci come se fossimo a uno dei tuoi concerti… ultimo pezzo e con frase ci lasci?
Mi manca vedere le persone che con gli occhi sgranati fanno dondolare la testa mentre parte il ritornello e mi mancano i miei occhi chiusi mentre mi perdo cantando. Mi mancano gli amici. La canzone con cui vi lascio è: “Diavolo dove sei” – la frase: “Ci vediamo tutti a casa da me per una festa più tardi”.