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The Heavy Countdown #122: Bleed From Within, Crossfaith, Palaye Royale

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Bleed From Within – Fracture
Li avevamo lasciati a “Era” (2018), e questa volta non solo i Bleed From Within non ci fanno aspettare troppo per regalarci un nuovo album di inediti, ma danno il meglio di loro stessi in “Fracture”, una delle opere più solide e monolitiche nella già ottima discografia dei Nostri. Senza inventare nulla di nuovo (le coordinate per capirci si posizionano su “Brainwashed” dei While She Sleeps), provano comunque come debba suonare un certo tipo di metalcore anche nel 2020. La opener “The End of All We Know” è un singolone che trancia le gambe da subito, ma il bello è che “Fracture” non conosce cedimenti. E soprattutto, si chiude con “A Depth That No One Dares”, la perfetta quadratura del cerchio che sublima un lavoro in cui anche sforzandosi, è impossibile trovare difetti.

Crossfaith – Species
A cadenza regolare, i giapponesi Crossfaith danno alle stampe EP carichi di nuove chicche che andranno ad aggiungersi (speriamo molto presto) alle setlist live di Kenta Koie e soci (sì, perché se non avete mai visto un concerto dei Crossfaith, dovete recuperare appena possibile). A cavallo come sempre tra Linkin Park e Prodigy, la band del Sol Levante non fa eccezione con questo “Species”, composto da cinque pezzi uno più tamarro e catchy dell’altro (sfido chiunque a togliersi dalla testa i refrain di “Digital Parasite” o “Endorphin”).

Caligula’s Horse – Rise Radiant
Dopo “In Contact”, lavoro che circa tre anni fa ha portato i Caligula’s Horse sulla bocca di tutti gli appassionati di progressive metal di stampo moderno, oltre ad un discreto successo commerciale, sarebbe stato difficile per la formazione australiana dire qualcosa di diverso e di più. “Rise Radiant” infatti non supera in bellezza e complessità il full-length precedente, e pur volando altissimo (prendete “Slow Violence” e “Salt”, tanto per), si attesta su un livello molto simile a “In Contact”, ma senza andare oltre. Per il momento, se così si può dire, possiamo anche accontentarci.

Palaye Royale – The Bastards
I Palaye Royale sono arrivati per la prima volta alle mie orecchie con la colonna sonora di “American Satan”, una pellicola che è pressoché impossibile da reperire in Italia, ma che consiglio a giovani (e non) appassionati di roba nuova pesante e dintorni. Anche se Sebastian Danzig e soci sono originari di Las Vegas, il loro piglio è piuttosto British (tanto da assomigliare a tratti a una versione molto sporca degli Arctic Monkeys), e a forza di ritornelli assassini e di un pop rock tanto furbetto quanto ricco di suggestioni (dal metalcore all’elettronica), i PR si faranno strada nel vostro cuore ma soprattutto nel vostro cervello (esemplare la contagiosità di “Massacre, The New American Dream”, Hang On To Yourself” o “Fucking With My Head”).

The Wise Man’s Fear – Valley of Kings
The Wise Man’s Fear amano farsi definire “fantasycore”, un termine che ben si addice alla proposta di questi sei ragazzi provenienti dall’Indiana, appassionati consumatori e narratori di saghe di eroi leggendari. L’etichetta però che maggiormente si appiccica ai Nostri è quella di melodic deathcore, con un approccio decisamente fresco al genere e per niente timoroso di servirsi dell’elettronica (vedi “The Cave”), oltre a vantare un ottimo equilibrio tra clean e unclean vocals. Per farla breve, “Valley of Kings” è un disco che non può lasciarvi indifferenti se apprezzate almeno una delle caratteristiche elencate sopra. Fantasy incluso.

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