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Intervista a Carlomaria, l’autore dell’EP Feel The Love

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Carlomaria ha pubblicato, in una prima metà del 2020 caratterizzata dal mondo fermato da un lockdown, il suo nuovo EP “Feel The Love”. Il disco arriva a solo un anno dal precedente “Things I Need To Know”, release pubblicate in un arco di tempo brevissimo ma dalla lunga gestazione: molte delle canzoni infatti sono state scritte durante un viaggio in Australia da ventenne, fatto anche per realizzare il sogno di incontrare il suo idolo musicale John Butler.

Classe 1993 e ispirato anche da un’altra opera, quell'”Into The Wild” reso memorabile anche da un’intera colonna sonora incisa da Eddie Vedder dei Pearl Jam, Carlomaria ha impiegato più di un lustro per far diventare realtà quelle che inizialmente erano solo degli spunti. Un EP, “Feel The Love”, la cui title track è stata pubblicata come singolo proprio nei primi giorni di luglio. Occasione per conoscere meglio un artista che ha già avuto modo di emergere nel panorama nazionale grazie ad alcuni live negli ultimi anni.

Feel The Love è un EP che è nato durante la tua esperienza on the road. Quali sono state le ispirazioni, fatti personali o aneddoti, che ti hanno portato a stendere questa opera?
Il primo fattore scatenante è stato sicuramente la prima notte nel deserto australiano quando mi sono trovato di fronte al cielo più mozzafiato della mia vita e da li è nata “Australian Sky”. “Feel the love”, e “Be there” raccontano di una relazione stroncata sul nascere a causa anche di questa mia partenza per e “Words left unsaid” parla delle lettere che ho scritto e spedito a questa persona da una parte all’altra del globo. “Goodbye” è nata dopo essermene andato da Sydney abbandonando delle comodità che in realtà non mi permettevano di crescere e vivere al massimo questa mia esperienza.
Infine “Things I need to know” è una sorta di riflessione riguardo all’anno che mi lasciavo alle spalle per iniziare una nuova avventura in Alaska che mi avrebbe portato a raggiungere il Magic Bus.

Hai indicato Into The Wild come una delle opere che è stata per te un input artistico, al punto di farne un tour un paio di anni fa. Cosa ricordi di quell’esperienza?
In realtà non è stato un tour incentrato su di me ma una serata dove una band di Milano omaggiava le opere di Eddie Vedder. Io ho avuto la fortuna e il piacere di esserne ospite da metà 2018 raccontando del mio viaggio, mostrando qualche video girato durante l’arrivo al Magic bus e cantando alcuni miei brani. Sono grato ai ragazzi della band e a tutto lo staff perché mi hanno regalato l’opportunità di esibirmi e raccontarmi su alcuni dei più importanti palchi della scena underground italiana e di farmi conoscere a un pubblico numerosissimo.
Il ricordo più bello credo sia la primissima data al Parco della musica di Padova davanti a oltre 2000 persone.

Il tuo viaggio lo hai fatto a vent’anni, ma i due EP nati da quell’esperienza sono stati pubblicati successivamente, tra il 2019 e il 2020. Come mai questa scelta?
Prima del mio viaggio non cantavo ne scrivevo per cui ho passato i due anni successivi al mio ritorno per studiare canto, fare un po’ di gavetta nei locali della zona con progetti cover e nel frattempo preprodurre tutto ciò che avevo scritto durante il mio viaggio aiutato da amici musicisti.
Nel 2016 ho pubblicato una live session di 3 brani e nello stesso anno ho conosciuto il produttore Jean Charles Carbone assieme al quale sono entrato in studio a fine anno per registrare 6 brani, ci abbiamo lavorato per tutto il 2017. Da lì diciamo che ho a lungo aspettato il “momento giusto”. Momento che però non arrivava mai e quando mi sono reso conto di aver praticamente scritto un nuovo album durante questa attesa mi sono detto che era arrivato il momento di lasciare andare quello che avevo registrato.

Tra i collaboratori delle tue opere vi è Marco Fasolo, noto per essere tra le menti dei Jennifer Gentle. Come è stato lavorare con un artista con il quale, sulla carta, hai pochi punti di collegamento?  
Marco è stata una piacevole sorpresa. Non lo conoscevo ma prima d’iniziare a lavorare al mio disco, Jean Charles Carbone stava lavorando con lui in studio e mi ha assicurato che sarebbe stata la persona giusta con la quale lavorare nonostante i nostri generi musicali non avessero appunto molti punti in comune. Lavorare con lui è stato molto divertente oltre che musicalmente motivante.
Ha capito esattamente quali erano le emozioni che volevo portare in musica e grazie ai suoi riff di chitarra elettrica e alle sue slide guitar ha creato dei mondi in perfetta simbiosi con ciò che volevo trasmettere.

Nel tuo viaggio in Australia racconti di aver incontrato difficoltà con la lingua a causa della frequentazione di molti italiani. Come è stato incontrare molti connazionali dall’altra parte del mondo? E’ stato in parte una delusione? 
Al contrario, inizialmente mi sono sentito fortunato perché la vedevo come una realtà nella quale rifugiarmi quando ero in difficoltà. La verità invece era che rappresentava un blocco enorme e solo quando sono riuscito a staccarmene ho veramente iniziato a vivere la mia vera esperienza australiana.

Perché la scelta del tuo nome di battesimo e non un nome d’arte? E perché ti esibisci come solista e non come parte di una band?
Ho cercato un nome d’arte per almeno due anni fino a quando, conversando con un ragazzo inglese, mi sono reso conto di quanto la pronuncia inglese di “Carlomaria” suonasse bene, e pensai: se esistono cantanti con dei nomi italiani che cantano in inglese come Paolo Nutini o Jack Savoretti perché io non posso chiamarmi “Carlomaria”. Penso non ci fosse nome che mi potesse rappresentare meglio.
In realtà ho sempre scritto e arrangiato pensando alle mie canzoni suonate da una band con la quale infatti suono ogni qual volta gli spazi e il budget della serata lo permettono. Fosse per me suonerei sempre e solo con la band!

Quanto dovremo aspettare per il tuo prossimo tour? Farai delle date in un contesto COVID-19 o aspetti scenari più tranquilli?
Purtroppo questa estate ho in programma solamente una data al “Sapori food truck market” di Santa Maria di Sala (VE) il 24 luglio dove dividerò il palco con i Sonohra ma non ho cercato altre date un po’ perché la situazione così anomala lo rende particolarmente difficile, un po’ perché da settembre inizierò a lavorare al mio primo album che spero di supportare nel 2021 con il maggior numero possibile di concerti.

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