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Interviste

Intervista ai Superfluuuo, un progetto audiovisivo costantemente fuori dal convenzionale

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Cortile, il nuovo video dei Superfluuuo, è uscito il 3 Luglio e già ha fatto parlare della creazione di un nuovo mondo e di viaggi visuali: la band è infatti un progetto audiovisivo totalmente DIY (Do it yourself) con un’attitudine psichedelica e il talento per creare da soli video e album in totale libertà.

Cortile esce dopo la pubblicazione del debut EP Super-ep, che ha svelato quello che molti hanno definito uno dei progetti emergenti più interessanti e innovativi del 2020 musicale.

Il video, creato da Giovanni Calaudi, membro della band, viene descritto così dalla band: “Una creatura infante dopo essersi riposata per nove mesi nello spazio cementificato della sua realtà, cade per sbaglio in un’increspatura colorata, la vita. Un percorso sul sentiero materno, un’avventura contorta dentro il suo stesso cordone ombelicale tra amicizie analfabete e background colorati. Un viaggio talmente bello da non accorgersi di non essere mai uscito, di essere sempre rimasto lì. L’esistenza non esiste se il punto d’arrivo è esattamente quello di partenza.”

Prima di tutto: siete una band che fa tutto da sola. La musica è ovviamente vostra, e nasce all’interno della band anche il video (che è psichedelico da morire e mi ha fatto venire in mente Jellow Submarine, il film dei Beatles) e tutti gli artwork. E’ una cosa che apprezzo tantissimo. Ergo, domanda: questo vi da un’infinita libertà di scelta, ma come decidete cosa fare, qual è il processo che seguite?
Questi pezzi in realtà sono nati tutti un pò per caso, si sono creati spontaneamente un percorso che si è poi concluso con una reciproca sinergia. L’immaginario musicale ha poi influenzato e determinato anche quello visivo, creando una combo che effettivamente risulta psichedelica senza, però, alcun tipo di premeditazione.

Seconda domanda, legata alla prima: credete che questo fare “tutto in casa”, oltre a darvi più libertà, vi renda la vita anche relativamente più complicata? Nel senso: delegare ad altri è sicuramente più facile, piuttosto che fare tutto da soli.
Fare musica è, comunque, una forma di libertà, crediamo che nel momento in cui coinvolgi nel tuo progetto altre realtà questa libertà può iniziare un pò a vacillare e ad influenzare il naturale processo creativo negativamente. Per rispondere alla tua domanda, no, non ci rende la vita più complicata, anzi forse inizierebbe ad essere complicato se accadesse il contrario.

Leggendo tutto il leggibile su di voi, l’impressione è che non conti tanto l’arrivo ma il viaggio che serve per andare da A a B. L’impressione è che non suoniate per arrivare da qualche parte, ma perché suonare vi fa da benzina per spostarvi, poi dove si arriva si vedrà. È molto Less than 0 di Brett Easton Ellis, quando i due protagonisti sono in macchina, in una strada che non va da nessuna parte, ma la cosa importante è essere per strada. Che ne pensate?
Siamo felici che questo lato sia stato capito, SUPERFLUUUO ci sarebbe anche se fossimo noi gli unici ad ascoltarlo, quello che ci interessa è farlo suonare, se funziona e viene apprezzato, tanto meglio. Per questo motivo i social e la nostra stessa immagine almeno per adesso passano in secondo piano, perché sono del tutto superflui (non a caso) all’immaginario attuale del progetto, che funziona e vive solo in funzione di se stesso.

Siete stati definiti lisergici e psichedelici, in Italia è una definizione che rimanda per metà all’Albero azzurro, con tutte quelle creaturine che uscivano da tutte le parti (e Dodo che era inquietante forte) e per metà alla musica inglese. Sembra che ci siamo dimenticati che negli anni ‘70 c’era parecchia psichedelia anche da noi, e che c’è tutt’ora. Come vi muovete nella scena italiana, come vi trovate?
Come dicevamo nella prima domanda, non abbiamo premeditato di collocarci all’interno di un genere specifico, in questo caso neanche a quello psichedelico, secondo noi questo è un aspetto che in fondo ciascuno di noi ha latente da qualche parte e che ogni tanto ha semplicemente bisogno di essere chiamato in causa.
All’interno della scena italiana ci rientriamo per forza dal momento in cui abbiamo deciso di cantare in italiano, nonostante questo non ne siamo grandi ascoltatori quindi non sappiamo dirti come ci troviamo.

Domanda che tocca a tutti: dove vorreste suonare, appena non ci saranno più restrizioni per farlo?
Davanti all’albero azzurro.

 

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