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The Heavy Countdown #135: Within the Ruins, Killer Be Killed, Plini

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Within the Ruins – Black Heart
Se non vi spaventa il rischio di una leggerissima emicrania e avete la mente molto, ma molto aperta, questo è il disco che fa per voi. L’impressione che ci sia qualcosa di diverso rispetto al precedente “Halfway Human” (2017) non si limita all’ingresso in line-up di un nuovo unclean vocalist, ma si percepisce già dalla opener “Domination”, per poi concretizzarsi in una certezza man mano che si procede nell’ascolto dell’opera. La capacità esecutiva mostruosa dei Within the Ruins (ascoltate la strumentale “Eighty Sixed”), e la carica calibrata ma frenetica dei riff che paiono spesso e volentieri la colonna sonora di un videogioco 8 bit, provano che i Nostri non sono solo una delle tante band progressive deathcore/metalcore là fuori. “Deathcore meets virtuoso ft. Nintendo”, per gli amanti delle sintesi estreme e ad effetto.

Palm Reader – Sleepless
I Palm Reader hanno fatto il salto di qualità. Rispetto al già ottimo “Braille” (2018), “Sleepless” è un album articolato, complesso, che non ha la presunzione di arrivare a tutti. Ed è proprio questa la sua bellezza intrinseca, tutta da eviscerare, fino al crescendo della conclusiva e sentita “Both Ends of the Rope”. Post-hardcore macchiato di metalcore con aperture melodiche che non ti aspetti e accelerazioni altrettanto improvvise, arricchite da un maggiore uso dei synth (“Hold/Release”), e da un certo amore per la ricercatezza e determinate sonorità, non unicamente post- (“Willow” esordisce con una batteria jazz, prima di trasformarsi in quello che i PR sanno fare meglio).

https://www.youtube.com/watch?v=6wf-StRlTeE

Killer Be Killed – Reluctant Hero
Anche se l’etichetta di supergruppo sta stretta pure ai diretti interessati, i Killer Be Killed (ovvero Greg Puciato, Max Cavalera, Troy Sanders dei Mastodon e il batterista dei Converge Ben Koller) potrebbero benissimo apparire sul dizionario a corredo di questa definizione. E cosa poteva mai venire fuori da un mix del genere? “Reluctant Hero” è la sintesi perfetta che distilla in un unico posto le diverse estrazioni dei singoli componenti del combo, buttando nel calderone heavy classico, sludge, alternative metal, aggressioni frontali e sperimentazione (prendete “Filthy Vagabond” e “Dead Limbs” per esempio).

October Ends – Zodiac
Metalcore contemporaneo molto curato, divertente e giovane, che non disdegna il cantato clean e un moderato utilizzo dell’elettronica e dei drop (“Iridescent” e “Rogues”), oltre alla presenza pressoché costante di corettoni facili facili e ultra catchy (“Resilience”) e una smaccata influenza linkinparkiana (“Bury Me Under”). Gli October Ends intrattengono ma non impegnano, cosa che di questi tempi è sempre e comunque gradita e apprezzata.

Plini – Impulse Voices
Plini non ha paura di nulla. Del funk, della world music, del jazz (manco prima e manco a dirlo), neanche dell’elettronica (“Perfume”) e delle suite lunghissime (“The Glass Bead Game”). Ma neppure di ripetersi all’infinito. Il chitarrista australiano torna a far risuonare le sue sei (e più) corde in “Impulse Voices”, portando ancora una volta alle orecchie del mondo il suo incredibile talento, nato nelle fucine sempre più ferventi del progressive metal contemporaneo. Quanto alla ripetitività, tipica di molti altri nomi simili a Plini, è un piccolo peccato veniale che si po’ perdonare al più bravo di tutti.

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