Interviste
Mancha, il giovane rapper bolognese ci descrive il piacere di stare soli, ascoltarsi e scoprire la ricchezza racchiusa dentro di noi
Leonardo Parmeggiani, aka Mancha, classe 1999. Cresce in provincia di Bologna e forma la sua cultura musicale con un viaggio a 360 gradi che tocca le pietre miliari di tutti i generi musicali del secolo scorso, jazz, hip hop e soul, coniugandole con le sonorità contemporanee. Suona, produce e canta, in modo delicato ma sempre ben deciso e muscolare.
Mancha è staccato, lineare, identificativo e con un sacco di luoghi da farci scoprire.
Solo Quando Voglio è un viaggio per Leonardo Parmeggiani, aka Mancha, che muove dal funk e dal rhythm & blues per raccontare la sua personale necessità di distaccarsi ogni tanto da ciò che lo circonda e prendersi cura di sé. Capita che a volte le persone e tutto quanto ruota intorno a noi diventi pesante da sopportare ogni giorno e da lì il desiderio di isolarsi.
Ho ascoltato i tuoi brani e mi ha affascinato molto questa scelta curiosa di accostare un sound dalle sonorità funky, blues, jazz con i testi e il cantato rap. Partiamo proprio dal testo di Solo Quando Voglio, il tuo ultimo singolo. Da quali esperienza viene fuori?
Nella composizione dei miei pezzi il mio approccio generale è quello di iniziare a comporre la parte musicale, cerco di capire in che direzione voglio andare e poi mi faccio trasportare dalla musica per scrivere il testo. Per quanto riguarda questo brano, mi ero appena trasferito a Milano da Bologna insieme al mio migliore amico e fotografo e come spesso accadeva la sera quando rientravamo a casa, ci mettevamo in camera, lui a lavorare alle sue foto e io alla mia musica, io avevo il beat in testa che mi ritornava continuamente dalla mattina e ho cominciato a cantarci sopra questo ritornello; da li ha preso forma la melodia e ho deciso di pensare meglio a che forma poteva prendere il resto del testo. Questo brano parla si di solitudine, ma di una solitudine volontaria frutto di una certa autoanalisi, un esame di quello che stava diventando la mia vita.
Tu sei sicuro che la solitudine sia volontaria? Mi sono sempre chiesto se quei momenti di solitudine che tutti ogni tanto desiderano sono frutto di un desiderio o del fatto che ci si stanca della gente e quindi, tutto sommato, sono decisi dagli altri. Non so se ho reso.
Si si, hai reso. Io penso che i miei momenti me li scelgo davvero io, perché non sono frutto di un malessere interiore ma di una reale volontà di prendermi del tempo per me stesso e le mie cose. Soprattutto in quest’ultimo anno ho sentito tanta attenzione e tante aspettative su di me e quindi ho sentito la necessità di staccare. La solitudine di cui parlo non è del tempo perso al cellulare perché si è soli, ma del tempo investito in maniera costruttiva sulla propria persona.
Quindi immagino che su questa tua necessità abbia influito molto il salto di qualità che ha fatto il tuo percorso negli ultimi mesi.
Certamente! Ad un certo punto passi dal fare musica perché ti piace farlo ad un dover cacciare fuori quanta più roba possibile perché qualcuno ha messo gli occhi su di te e vuole tirarti fuori tutto e subito. Poi io lavoro anche nel ristorante dei miei genitori e stando sempre in mezzo alla gente, ad un certo punto sentivo la voglia forte di starmene per i fatti miei e ritrovare un certo equilibrio.
Tutto perfettamente chiaro e assolutamente condivisibile. Tornando a noi. Io ho voluto cominciare la nostra chiacchierata perché mi sembrava troppo scontato partire subito dalla parte musicale. Il sound che hai scelto è sicuramente la vera novità che stai portando nel mondo del rap italiano ormai così monotono. L’ascolto dei tuoi brani mi ha un po’ ricordato lo stile di Jason Mraz, che io adoro. Va da se che quindi adoro anche la tua musica.
Ti ringrazio davvero e trovo il tuo accostamento davvero giusto. Anche se ti devo dire che non è a lui che mi ispiro. Al momento l’artista che più rispecchia la mia idea di musica e quello a cui aspiro arrivare sono Anderson Paak e Mac Miller.
Per quanto riguarda la musica io mi sono sempre sentito un fuori luogo, accostato ai miei coetanei. Ricordo che quando avevo 10-11 anni ho cominciato ad ascoltare un sacco di musica e da quel momento, ogni volta che mi confrontavo con i miei amici, io ero sempre quello che ascoltava qualcosa di diverso o di strano. Sono partito appassionandomi al rock e all’hard-rock, passando tutta la mia adolescenza con pietre miliari come AC-DC, Metallica. Doors e simili. Poi sono passato ai grandi del soul e della musica black. Ho sempre avuto la voglia di suonare la musica che mi piaceva, ho studiato chitarra classica, chitarra elettrica, basso, clarinetto (che non mi piaceva molto ma che ha influito molto su quello che faccio adesso). La mia cultura musicale si è formata da sola cercando in continuazione cose nuove prima nei classici del passato e poi nella musica contemporanea.
Questa crescita professionale di cui abbiamo parlato è cominciata prima del periodo COVID?
Si decisamente prima.
Quindi sicuramente i tuoi piani attuali sono molto diversi da quelli che magari ti eri prefissato.
Ahimè si! C’erano molte cose che sarebbero dovute uscire molto prima e molta della musica che abbiamo in programma per i prossimi mesi era pronta già da un po’. Già all’inizio non è stato facile trovare qualcuno che mi aiutasse a farla uscire, poi è arrivato il COVID. Adesso sembra che tutto abbia preso la giusta piega e che si sia ingranata la giusta via, quindi adesso spero che la musica esca più in fretta perché non sto più nella pelle.
Il mio attuale manager è stato fondamentale per questo percorso perché ha creduto in me anche prima di essere il mio manager. Lui mi ha dato i giusti consigli, mi ha frenato quando i tempi non erano maturi e mi è stato sempre vicino. La trafila è stata lunga ma il percorso è stato tutto sommato semplice.
Guardiamola in modo ottimista, forse questo allungamento dei tempi dovuto a cause di forza maggiore ha concesso al tuo progetto abbastanza articolato di maturare al punto giusto e di essere conosciuto a fondo senza essere svenduto prematuramente e frettolosamente.
Molto probabilmente in un periodo normale sarebbe stato fagocitato nel nulla. Chi lo sa! Io spero sinceramente che ci sia sempre più apertura degli orizzonti musicali.
Forse hai ragione nel dire che ci vuole un po’ di tempo per capire a pieno la musica che faccio. Questa cosa mi spaventa e mi gratifica al tempo stesso. Spero che la gente si prenda il giusto tempo per apprezzare quello che faccio.
Hai già avuto modo di affrontare l’emozione di un live?
Come Mancha purtroppo no. Però prima si, ho sempre suonato in varie band sia come strumentista che come voce e con questi progetti precedenti ho suonato tantissimo, imbucandomi ovunque fosse possibile esibirmi a Bologna e dintorni. Niente di enorme ma ho avuto le mie soddisfazioni.
Pensando al momento che stai vivendo, scegli tre parole che definiscano cos’è per te la Musica.
Evasione dalla routine.
Quali sono i tre album che più ti hanno ispirato e che mai potrebbero mancare nella tua collezione?
Sam Cooke – Night Beat
Mac Miller – Circles
Doors – L.A. Woman