Interviste

Balthazar, Marteen Devoldere ci parla del senso di colpa che ti assale dopo esserti fidato del cuore nel nuovo singolo You won’t come around

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I Balthazar sono tornati con You won’t come around, il nuovo singolo che anticipa l’uscita di Sand, a fine febbraio 2021. La band belga presenta un disco con una strana creature in copertina, con due grandi occhi neri e inquieti, seduta in una sala d’attesa: l’immagine perfetta del sentirsi inquieti, del dover restare fermi anche quando preferiremmo muoverci. E l’inquietudine è il cardine stesso di Sand, il nuovo disco. You won’t come around è una canzone che parla “del senso di colpa che ti assale dopo esserti fidato ciecamente del tuo cuore egoista ed esserti lanciato in un nuovo amore”, nelle parole di Marteen Devoldere, e proprio da lui ci siamo fatti raccontare qualcosa sul singolo e sull’album in arrivo.

Prima di tutto: You won’t come around è il singolo che anticipa il nuovo album: puoi dirci qualcosa in più?
E’ la risposta a una canzone di un’ex, Wild love di Sylvie Kreusch. Sembrava un modo molto bello per far dialogare queste canzoni, come due lettere d’amore esibizioniste.

E come ti senti a far uscire nuova musica in un momento così strano?
Mi fa sentire bene, almeno qualcosa sta succedendo e non ho più la sensazione di essere stato messo in pausa. Sarebbe meglio se potessimo suonare dal vivo, ma per ora siamo felici, almeno di questo.

La tua canzone parla di senso di colpa: del senso di colpa che senti quando inizia un nuovo amore, seguendo il tuo cuore egoista. Credo che l’amore sia egoista, ma di un egoismo strano. E’ sia egoista e del tutto disinteressato. Credi sia possibile?
Si, hai ragione. E’ come l’altruismo. Dai qualcosa, ma ti piace la sensazione che ti torna indietro. Non so se disinteressato sia la parola giusta, perché la cosa migliore è quando due esseri viventi si incontrano.

Solo per curiosità: che animale è quello in copertina? E’ una specie di tricheco alieno? Ci puoi dire qualcosa in più sull’artwork?
E’ una creatura nata dall’immaginazione di un’artista olandese, Marieke van Breevoort. Abbiamo trovato l’immagine su internet e ce ne siamo subito innamorato. Prima è divertente, poi è interessante. Esprimeva perfettamente il sentimento di insofferenza imbarazzante, dover aspettare in una sala d’attesa, temi che ricorrono spesso nel disco.

Avete sperimentato parecchio, per Sand, con batteria e bass synthetizers: vi ha aiutato a sentirvi liberi in un momento come questo?
Onestamente è stata una necessità: non potevamo registrate il disco dal vivo con la band come avevamo pianificato di fare per via del lockdown. Abbiamo dovuto essere creativi e trovare altre soluzioni, ed è stato divertente in un certo senso. E’ come se il Coronavirus fosse diventato il sesto musicista nel disco (ride).

C’è un tema in questo album. Inquietudine, agitazione. E’ come se aveste bisogno di far uscire questa musica. Ho ragione?
Si. Da quando abbiamo iniziato tutto ciò che vogliamo è continuare a creare. Non sono una persona molto amabile quando ho il blocco dello scrittore, non so cosa fare di me stesso. A vole penso che soffrirei della stessa inquietudine anche se avessi scelto un cammino diverso. E’ difficile da dire se è l’inquietudine che crea la musica, o se la scelta di diventare un artista crei l’inquietudine…

 

photo credits ©Alexander D’Hiet

 

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