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Interviste

Chiamamifaro, un progetto nato tra i banchi di scuola e che già raccoglie milioni di streams. Londra è l’ultimo singolo

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Dopo l’esordio di Pasta Rossa, brano che supera il mezzo milione di stream complessivi ed è protagonista delle principali playlist per tutta l’estate (Indie Italia, New Music Friday, Scuola Indie e Top Viral 50) e di DOMENICA, che ne ricalca le orme, accompagnandoci dal 3 novembre a oggi, e dopo oltre un milione di streams complessivi, ecco LONDRA, il nuovo singolo di chiamamifaro (UMA Records) uscito il 29 gennaio 2021.
Con questo nuovo singolo, chiamamifaro annuncia il suo ingresso nel roster di Magellano Concerti.

Angelica e Alessandro si conoscono tre anni fa nei corridoi del liceo e, appena dopo la maturità, danno vita a chiamamifaro.

Angelica canta, difficilmente si separa da Alessandro. Quando non suona balla e fa yoga, in quanto la sua passione ancora prima della musica è stata per tanti anni la ginnastica ritmica. Si ostina a piantare cactus che muoiono dopo una media di due settimane. Alessandro gioca a tennis e sogna di essere il prossimo premio Pulitzer per la narrativa, ma a differenza di Angelica ha accettato la sconfitta e si è rassegnato in entrambi i campi.

È uscito Londra, il vostro terzo singolo, lo scorso mese. In soli tre singoli si può notare un notevole percorso di presa di coscienza della vostra identità artistica.

Si, credo di si, e credo che questo terzo singolo non possa che accrescere ancora di più questa sensazione. E’ un brano molto cazzuto, sia per l’arrangiamento che per la produzione, molto elettronica e un po’ graffiata. Sono molto curiosa di capire quali saranno le reazioni, se piacerà o meno.

 

Ma che è successo fra il primo e il secondo? Perchè nel primo singolo eri ancora una bambina, cioè io ti immaginavo con il diario in mano a disegnare cuorini, mentre l’ascoltavo. Nel secondo era già come…sai quando sei alla fine dell’università e ti accorgi che non fai più le cazzate con gli amici delle superiori, la fase in cui non ti interessano più le cose infantili ma già le rimpiangi del tutto?

Esatto, è un po’ quello il senso. Sicuramente non sono ancora alla fine dell’università, mi manca un bel po’, ma è sicuramente una canzone molto introspettiva da scrivere, Domenica, quindi forse può essere quello il motivo. E’ arrivata da una mia esigenza, da un mio non stare bene, nel senso che ho sempre avuto qualche difficoltà nel fatto di essere entrata nel mondo degli adulti senza neanche essermi accorta quanto fosse bello non esserci ancora dentro.

 

Ricordaci quanti anni hai, scusa?

Ne ho 19.

 

Ah, ecco. Basta, sto zitto.

(ride) Però si, Domenica mi ha aiutato tanto ad affrontare bene la vita, e quindi ci sono molto affezionata.

 

E adesso in che fase stai?

Adesso sono nella fase in cui voglio ballare come una pazza con le casse a palla e basta, e sbattermene di tutto, e credo che anche Londra sia un po’ così. Nonostante la storia che racconto sia abbastanza sofferta, parlo di come sia difficile lasciare una persona a cui vuoi lo stesso molto bene: di solito si pensa che chi soffre sia solo il lasciato ma no, col cacchio, lasciare una persona fa male, soprattutto se vuoi loro bene e non vuoi farli soffrire. E quindi questa è la storia, ma è una canzone da ascoltare a palla.

 

Quindi mi sembra di capire che quella che ha lasciato sei tu.

Si (ride).

 

Quindi vuoi tipo farti la ragione?

Si, per metabolizzare quella cosa li, che comunque vai a perdere una persona a cui in qualunque caso tieni. Poi è divertente perché Londra è stata creata tutta a Londra, non è un nome dato a caso: ho vissuto in Inghilterra due anni, anche se in un paesino lontano da Londra, però mi ricordo che ho scritto Londra a ottobre 2019, seduta in un bar con una tazza di caffè americano gigante. Li sono nate le parole, qualche giorno dopo è arrivato Alessandro, il chitarrista, perché andavamo a vedere il concerto di John Mayer insieme, e nella nostra stanza del B&B scassatissimo abbiamo scritto anche la musica.

 

Alessandro è soltanto amico di progetto musicale.

Si, non c’è altro.

 

E com’è scrivere musica in questo periodo?

Difficile, se posso. Nel senso che soprattutto nei primi mesi di lockdown è stato davvero tosto: non c’era niente che avessi voglia di scrivere, poi io sono di Bergamo e qui la situazione è stata abbastanza tosta. Non c’era proprio un bel clima che aiutasse a far scorrere le idee. Però devo dire che anche la quarantena mi è servita a maturare delle riflessioni, che poi sono confluite in canzoni che spero un giorno potranno essere all’interno di un album. Quindi direi che a posteriori è servita, ma li per li è stato molto difficile.

 

Anche perché immagino che i ragazzi giovani come voi, che stanno scrivendo in una fase come questa, si stanno formando in un modo un po’ particolare perché comunque, se si escludono i contatori delle piattaforme streaming che vi dicono quanta gente ascolta i vostri brani, non avete nessun contatto fisico con il pubblico e non toccate con mano quello che la vostra musica crea.

Si, è abbastanza surreale.

 

Riuscite a percepire che state facendo qualcosa che non sia solo comporre musica nella vostra cameretta?

Si e no: si perché anche se non li puoi vedere i numeri e i messaggi che ti manda la gente ti fanno capire che qualcosa di reale c’è, dall’altra parte è surreale, non ti fa metabolizzare veramente quello che fai. Ho tuttora il terrore di svegliarmi la mattina e scoprire che avevo sognato tutto. Spero, credo, che si possa tornare a un po’ di normalità.

 

Hai detto che hai iniziato a scrivere già prima del lockdown, quindi deduco che anche Domenica e Passerò siano antecedenti a questo periodo. Ti ricordi cosa ti immaginavi mentre le scrivevi? Perchè se le stavi scrivendo magari avevi immaginato già qualcosa di un po’ più professionale e dicevi “cazzo, speriamo che nel 2020 vada a suonare al Druso, o all’Alcatraz!”

In realtà in quel periodo non pensavo a niente, ho cominciato a scrivere diversi anni fa, più o meno quattro, ma all’inizio scrivevo solo in inglese, mi auto convincevo che fosse la cosa giusta per me ma in realtà avevo solo paura perché scrivere in inglese è più facile che in italiano. Mentre ero in Inghilterra Alessandro mi ha spronato per non dire quasi obbligato a provare a scrivere in italiano, e grazie a Dio che l’ha fatto perché ho trovato il mio mondo. Quindi ora ho questo percorso di scrittura in italiano quasi all’inizio del quale sono state scritte queste canzoni. In realtà forse non pensavo neanche a pubblicarle o alle etichette, è stato un esperimento personale e un esercizio perché ho sempre cercato di migliorarmi, e lo faccio tuttora. Cerco sempre di scrivere il più possibile per avere sempre più materiale. Alla fine del 2019 inizio 2020 è iniziato.

 

Quindi non sei una di quelle che ci hanno provato milioni di volte prima di essere cagata da qualcuno.

No, certo che l’ho fatto! Nel senso che io e Alessandro producevamo pezzi in maniera super amatoriale, cose terribili che infatti nessuno ha mai cagato e col senno di poi dico meno male! (ride). Lo facevamo con tanta dedizione ma poca consapevolezza, era più un facciamo roba che un “oddio abbiamo bisogno di un etichetta”. Poi nel tempo siamo migliorati, nel senso che abbiamo lavorato tanto, siamo arrivati gli strumenti per fare le cose decentemente e il resto è venuto da sé dopo aver mandato un numero di provini davvero agghiacciante alle etichette.

 

E invece com’è stato lavorare con Zanotti? In che momento avete incrociato le strade?

L’abbiamo incrociato ad un festival, nella provincia di Bergamo, ce lo siamo trovato davanti. Che culo, davvero. Alessandro mi ci ha praticamente spinto addosso e alla fine abbiamo attaccato bottone e visto i concerti di quella sera insieme, poi gli ho timidamente mandato i primi pezzi che avevamo, ancora abbastanza rudimentali. Riccardo se li è ascoltati un po’ e ha detto “sai cosa, se volete lavoriamoci”: da li ha iniziato a lavorare alla produzione dei nostri brani grazie anche a Marco Ravelli e Giorgio Beventi, e lavorare con Riccardo è una scuola in tutti i sensi. Ci ha impegnati a livello professionale, c’è sempre qualcosa da imparare con lui, e oltre che un grande professionista è diventato anche un buon amico.

 

Insomma, a volte nella vita si ha un po’ di culo.

Ci vuole la botta di culo (ride).

Posso chiedere se e quanto ti ha aiutato in Domenica?

Riccardo ha lavorato alla parte di produzione del brano, quindi se ha uno zampino un po’ suo è sicuramente per quello. Lavora ad arrangiamento e produzione, mentre la scrittura dei pezzi rimane nostra.

 

Quindi è più una rifinitura.

Esatto. E’ bello perché arriviamo con un pezzo voce e chitarra e ci cuciamo sopra un vestito insieme, che è la parte più divertente.

 

Pensi che quando arriverai ai live rimarrete un duo o ci sarà una band?

Ci sarà sicuramente una band, c’è già una band: ci stiamo scaldando e non vediamo l’ora che succeda qualcosa. Siamo in cinque sul palco.

 

Come te lo immagini il tuo primo live?

Oddio, non lo so (ride). Mi va bene anche in un bar, ti giuro! Sono felice con poco. In realtà non lo so. Quest’estate abbiamo fatto un live in acustico all’Idroscalo di Milano in apertura agli Eugenio in via di Gioia che, anche se non è stato con tutta la band, è stato fighissimo davvero. Quindici minuti di gloria e di estasi totale.

 

Chiudiamo con due domande che faccio a tutti, lasciamo il meglio alla fine: pensando a questi giorni, questo momento, tre parole per definire cos’è la musica nella tua vita. Sole cuore amore l’hanno già detto tantissimi, non è più divertente.

(ride) Ma non voglio dare delle risposte banali! Aspetta…direi…No, aspetta. Oddio, che difficoltà questa!

Allora…introspezione, libertà e…che ci mettiamo dentro…impegno.

 

Invece, pensando al tuo percorso, i tre album da isola deserta, quelli che inconsciamente hanno formato ciò che stai facendo adesso.

Oh, bellissima! Ok, allora…direi sicuramente Fabrizio De Andrè e PFM In concerto, poi ci mettiamo dentro Heard it in a past life di Maggie Rogers, non è molto conosciuto e mi piace tantissimo, e poi ultimo album…direi che ci potremmo mettere Cleopatra dei The Lumineers. Direi che sono i tre album del cuore.

 

Instagramhttps://www.instagram.com/chiamamifaro/

CREDITO FOTO: Laura Stramacchia (Profilo IG: https://www.instagram.com/lastram/)

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