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Valerie June – The Moon and Stars: Prescriptions for Dreamers

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Solo un pazzo testa la profondità dell’acqua con entrambi i piedi”, recita un proverbio africano – “Allora chiamami pazza”, risponde Valerie June. “Perché quando hai un sogno, devi crederci fino in fondo. Che si tratti di un piccolo sogno, come un bacio di una persona amata o uno molto più grande, un sogno di pace per l’umanità sull’onda del Reverendo King o di John Lennon o di tanti altri. Non importa quanto grande sia il tuo sogno: continua a credere e lascia pure che ti prendano per matto!”.

A quattro anni da The Order of Time, Valerie June torna con The Moon and Stars: Prescriptions for Dreamers, quattordici tracce, in cui la cantautrice di Jackson, Tennessee, da anni di stanza a New York, fa pace col passato e, trasformate le ferite in preziosi ricordi da portare con sé, prosegue il sogno e la sua riflessione sul tempo. Lo racconta già il titolo, nell’accostare l’infinita evoluzione delle stelle, all’elemento che, in questa progressione temporale senza fine, governa i nostri cicli e ricicli, ossia la Luna. Le stelle e la Luna, eternità e ciclicità, Karma e Samsara, si potrebbe pensare (da profani) continuando a scorrere il titolo con lo sguardo: Prescriptions for Dreamers. In effetti, The Moon and Stars è un lavoro intriso di mindfulness e misticismo. Scritto prima della pandemia e tenuto congelato in attesa del momento giusto per andare nel mondo, alla fine, risuona in modo profondo coi tempi che stiamo vivendo, nella sua accettazione del cambiamento, della perdita, dell’imperfezione e nello slancio vitale che ne costituisce l’essenza.

Sotto il profilo musicale, con questo lavoro Valerie June, che nell’ultimo anno ha condiviso vari momenti di meditazione sui suoi social, va alla ricerca di una pasta sonora più personale che mai, mantenendo però le radici ben piantate nella tradizione roots, soul, blues, folk e americana, che ne ha contraddistinto l’eccellente esordio del 2013 Pushin’ Against a Stone – prodotto da Dan Auerbach e arrivato dopo i due lavori da indipendente The Way Of the Weeping Willow del 2006 (da cui è tratta, rivisitata, la quarta traccia di quest’album, Colors) e Mountain of Rose Quartz del 2008 – ed espandendo la vena delicatamente psichedelica della “cosmic ethereal heart music” di The Order of Time.

Prodotto insieme a Jack Splash (Alicia Keys, Kendrick Lamar, John Legend e molti altri), “il mago”, per la prima volta al lavoro con Valerie June, The Moon and Stars sembra trasporre sul piano sonoro il duplice asse temporale all’interno del quale si sviluppa la sua trama lirica. C’è l’eterno ritorno della tradizione dal folk, al roots, fino all’R&B e al Memphis soul: è nella scelta di incidere tra il Fresh Young Minds di Los Angeles, l’Hit Factory Criteria di Miami e i leggendari Royal Studios di Nashville, dove June ha incontrato la regina del Memphis soul e stella della Stax Records, Carla Thomas, presente in African Proverb e Call Me A Fool; nonché nei poderosi arrangiamenti orchestrali che, tra fiati e archi (arrangiati da Lester Snell, altra leggenda di casa Stax, e ispirati a quelli di Tony Visconti per Bowie), danno profondità a pezzi come Stay, You And I, la già citata Call Me A Fool e Why the Bright Stars Glow. Ma c’è anche il tentativo di declinarla al presente e proiettarla nel futuro ibridandone i connotati, a volte anche con l’aggiunta di elementi elettronici negli arrangiamenti, come in Smile o Within You.

Un lavoro decisamente ambizioso, ma la sensazione è che, al di là del pregio dei brani più stratificati, siano i pezzi meno pomposi a funzionare meglio, lasciando emergere senza troppe sovrastrutture la voce e il cuore della cantautrice del Tennessee. Scrive come un poeta Valerie – che, non a caso, il 6 aprile uscirà con il suo primo libro di poesie e illustrazioni, Maps For the Modern World – impregnando di un misticismo di ascendenza buddista ogni brano dell’album. Le riflessioni, si diceva, riguardano l’accettazione della perdita, dell’impossibilità del controllo su ogni aspetto della vita, del cambiamento come costante, che riguarda ogni individuo nei cicli della vita, dell’esistenza concepita come sogno, il cui flusso viene diretto dalla coscienza, del superamento dell’individualità in favore di una comunione superiore tra gli individui e tutte le cose del creato, presupposto al raggiungimento della felicità.

In Stardust Scattering, uno dei brani più belli del disco, Valerie canta: “Non è divertente come coloro che sanno farci ridere/possano conoscere tale dolore?/Se vuoi toccare il sole/devi imparare a danzare attraverso la pioggia/Coloro che abbiamo perso/dimmi dove possono essere visti/una nota intera o un quarto/ora una nota di grazia nel mezzo/Felicemente la vita non è che sogno/la consapevolezza dirige la corrente/c’è un flusso in ogni cosa/guardo la polvere di stelle spargersi/Tutto ciò che siamo sempre stati/è infinite possibilità/le acque scorrono ancora così profonde/risvegliate dai mari dormienti/guardo la polvere di stelle spargersi”.

Mentre in Within You, altra canzone manifesto del disco, che prosegue la riflessione iniziata nell’album precedente con Astral Plane, dice: “Sappi che i pensieri della mente/plasmano tutto ciò che c’è/porta vita a ciò che vuoi/le illusioni sembrano così reali/Il corpo non può contenere/le formazioni della tua anima/l’unica verità da conoscere/è nel lasciare andare/E tutti si inginocchieranno/e ogni essere sarà incoronato/una ricerca di qualcosa di vero/una scoperta è dentro di te”.

E così anche in Home Inside: “So che c’è una casa dentro/finestra dell’anima/dove ogni sogno abita/ogni respiro è oro, un sentiero, luce, una giuda/giardino da coltivare, da mantenere sul lato soleggiato/qualcuno la chiama preghiera/qualcuno dice che non dovrebbe cessare/altri si siedono e respirano/altri cadono in ginocchio/io sarei matta a lasciargli avere un nome/la Terra è una scuola/brillare è la ragione per cui sei venuto”. È l’ultimo brano del disco, prima dell’etereo silenzio della luce stellare, Starlight Ethereal Silence, una sorta di post scriptum dell’album, realizzato aggiungendo tastiere, flauti e campane tibetane al cinguettio degli uccelli registrato da Valerie durante la quarantena nella casa di famiglia a Humboldt: “Ero nella natura, immersa in tutto ciò che ci circonda costantemente e ho lasciato che fossero loro i cantanti, perché, alla fine, sono i migliori”.

Più lungo, articolato e con un appeal musicale leggermente smussato rispetto ai due dischi precedenti, The Moon and Stars è un lavoro che segna comunque il passo nell’evoluzione artistica di Valerie June, confermandone il grande talento cantautorale. Proseguendo, come da programma, la sua ricerca espressiva, la cantautrice del Tennessee regala al mondo un album delicato, piacevole all’ascolto e fruibile su più livelli, ma la cui vera potenza di fuoco si trova in profondità. Un prezioso vademecum per sognatori incalliti.

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