Interviste
Amore Vieni, Amore Vuoi è una collezione di vecchie immagini di vita
FORTE, progetto solista di Lorenzo Forte, è un cantautore originario della provincia di Copertino, in provincia di Lecce. Classe ’88, inizia a suonare la vecchia chitarra accantonata dal padre all’età di tredici anni. Scopre una passione per la musica, la quale l’ha portato ad esibirsi negli anni dell’adolescenza nei locali della provincia leccese. Accompagnato dalle sue vecchie band, dai 20 ai 30 anni riesce ad aggiudicarsi molti contest riguardanti band emergenti e apre i concerti a numerosi artisti di punta della scena nazionale.
Il suo percorso musicale lo vede anche nelle vesti d’autore, finché decide di dedicarsi alla realizzazione del suo primo disco solista. Il 27 novembre 2020 pubblica “Amore doni, amore vuoi”, un disco che trasporta l’ascoltare in un viaggio che affronta lo scorrere del tempo e le difficoltà di mantenere salde le proprie sicurezze e relazioni in un mondo di certezze relative. Il sound vintage della vecchia musica d’autore italiana fa da sfondo a testi intimi ed emozionanti, in cui FORTE dà spazio a momenti di riflessione e emozioni sincere.
In occasione dell’uscita del suo primo album da solista, abbiamo fatto quattro chiacchiere con FORTE, ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao Lorenzo, “Amore doni, amore vuoi”, il tuo primo album da solista è da qualche settimana uscito. Quali sono le tue prime sensazioni? Che significato ha per te il titolo del disco?
Ciao! Sono nove canzoni a cui sono molto legato e credo abbiano un filo conduttore tra loro, sia a livello stilistico che tematico. “Amore doni, amore vuoi” è la frase in cui, secondo me, è racchiuso tutto il significato del disco, tutti amiamo dare ma anche ricevere e se uno dei due aspetti viene a mancare in automatico si genera dolore. E il dolore si sa, fa stare male ma spesso è anche molto costruttivo.
Cosa vuoi raccontarci con questo album?
Semplicemente alcuni spaccati di vita. È un insieme di esperienze positive e negative, di vittorie e sconfitte, di realtà ma anche di astrattismo. Un panorama di vecchie immagini di vita vissuta e immaginata.
In un periodo musicale in cui le collaborazioni tra diversi artisti sono all’ordine del giorno, come mai hai scelto di pubblicare un album senza featuring?
Sinceramente non ci ho nemmeno mai pensato, credo siano cose da fare in un secondo momento e non nel primo disco. In futuro sicuramente mi piacerebbe!
L’uscita del disco è stata anticipata dall’uscita del singolo Anni, forse il brano più intimo e personale dell’intero progetto. In quale periodo della tua vita è stata scritta questa canzone?
Durante un periodo in cui stavo traslocando, avevo tutta la strumentazione smontata e mi divertivo a strimpellare un arpeggio che poi è diventato quello di Anni. Mi trovavo solo in questa casa piena di ricordi, che appartenevano a qualcun altro.
Come nascono i tuoi brani? Qual è il tuo processo creativo? In particolare, qual è stato il brano più difficile da realizzare in termini di scrittura e arrangiamento?
Parto sempre da una successione di accordi accompagnati da una melodia vocale. Poi scrivo i testi che si vanno ad appoggiare su note già decise. Il brano più difficile sia a livello di scrittura che di arrangiamento è stato sicuramente Fulmini.
Ascoltando il disco ti senti trasportato in un percorso, composto da melodie e arrangiamenti dal sapore anglosassone, mischiati a un sound vintage che riprende il vecchio cantautorato italiano. Quali sono stati gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato per la realizzazione di questo disco?
In parallelo a tutto la musica d’autore italiana, gli artisti che mi hanno influenzato maggiormente per la realizzazione di questo disco sono sicuramente stati Andy Shauf, i Tame Impala e i Bright Eyes.
Spesso nel disco ti confronti e parli con un interlocutore, reale o immaginario, ma che non ci è dato sapere l’identità. L’utilizzo di questo espediente narrativo è sicuramente interessante. Da cosa nasce questa scelta?
Personalmente non è mai stata una scelta, ma piuttosto un qualcosa che mi viene in automatico fare. Credo che capiti a molti autori italiani e credo in automatico di esserne stato influenzato.
Per concludere, sarei curioso di sapere con quale grande nome del passato ti sarebbe piaciuto collaborare se fossi vissuto negli anni ‘80?
Sicuramente con il Lucio Battisti di Una giornata uggiosa!
di Stefano Rizzetto
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