Interviste
Giovanni Amighetti – produttore e compositore dietro ad AHYME’, festival di musica e integrazione
Giovanni Amighetti è, insieme al musicista Bessou GnalyWoh, l’ideatore di AHYMÉ, un festival dedicato alla musica e all’integrazione sociale come mezzo per migliorare la qualità culturale della popolazione. A causa della pandemia, l’edizione 2020 del Festival si è svolta senza pubblico presso il Teatro Asioli di Correggio che ha ospitato a porte chiuse uno spettacolo di musica dal vivo, offrendo la possibilità a tecnici, maestranze e artisti di lavorare. Ahymé ha avuto dunque il ruolo di “laboratorio creativo” in un momento storico in cui artisti e addetti ai lavori sono stati costretti a fermarsi.
Ho avuto il piacere di poter intervistare il produttore e compositore Giovanni Amighetti che insieme a il compianto Daniele Durante e Francesca della Monaca ci hanno regalato una struggente e delicatissima versione di “AREMU” un brano tradizionale in griko salentino che affronta il tema della nostalgia per il proprio paese d’origine, la sofferenza della lontananza e l’emigrazione. Questo bellissimo progetto è raccontato da un docu-film dal titolo “Incontri Sul Palco” di Luca Fabbri, con le illustrazioni di Christian Galli.
Credo sia doveroso iniziare la nostra chiacchierata con un pensiero e un omaggio al genio di Daniele Durante.
Daniele è stata una persona molto importante per come riusciva sempre a connettere, coordinare e mettere a proprio agio persone provenienti da background molto differenti. Dispiace molto a livello umano ma credo che la sua energia positiva resterà a lungo tra chi lo ha conosciuto.
Aremu è un brano tradizionale in griko salentino, la vostra versione è particolarmente struggente quasi dolorosa, una scelta condivisa e posata o nata d’istinto?
Quella di Incontri sul palco è la versione nata a casa di Daniele. Poi a Correggio ho aggiunto all’ultimo il pianoforte acustico, dato che semplicemente lo avevo lì sotto le dita. Direi che questa è una versione nata istintivamente e si legava molto a quel momento.
Francesca Della Monaca è sicuramente uno dei simboli della tradizione folk salentina, ci sono altri progetti aperti che vi vedono insieme?
Adesso è ancora il momento di rimarginare le ferite. In futuro vedremo, abbiamo un progetto in buona parte già registrato insieme, ma da finire.
Ho visto il docu-film “Incontri sul palco” un bellissimo viaggio, musicale e non, che ci permette di conoscere molto della tradizione e dell’integrazione, come nasce questo progetto?
Nasce dall’idea che musicisti provenienti da diverse realtà culturali o geografiche possano creare musica nuova. Quindi interazione tra musicisti della Taranta, della musica classica, del rock progressive e anche del liscio romagnolo. L’unica eccezione è la cantante ivoriana Prudence, ospite della band di Pier Bernardi con me e Francesca della Monaca ospiti.
Franco Mussida è solo uno dei grandi musicisti che è salito sul palco, ma i nomi importanti sono stati tanti, pensando alla pandemia e, contemporaneamente, alla fortissima voglia di ricominciare a fare musica, quale clima si è respirato tra di voi?
A fine Novembre 2020 era tutto fermo. Quindi un clima davvero ottimo. Il poter fare assieme qualcosa di vitale e creativo mentre appunto tutto si era dovuto bloccare.
AHYMÉ è un festival che vuole dimostrare come la condivisione delle tradizioni e l’integrazione delle varie culture, contribuisca a migliorare la qualità artistica delle persone e del luogo dove vivono. Mi piacerebbe moto approfondire questo aspetto.
La concezione base dell’Ahymé festival – che ho creato con Bessou GnalyWoh e Chiara Allegri – è che musicisti diversi possano incontrarsi e creare qualcosa di nuovo. Di fatto, un linguaggio comune che viene realizzato in quel momento senza adagiarsi su qualcosa di nuovo e preesistente.
Ad esempio, se facessimo una serata di blues, pur chiamando musicisti da tutto il mondo, se questi comunque suoneranno blues avranno già una scala melodica e armonica a cui rifarsi. Sarà facile suonare qualcosa assieme adagiandosi tutti allo stesso stilema.
Se invece ognuno porta la propria storia e solo successivamente si cerca una sintesi può essere molto più stimolante con risultati a volte sorprendenti.
Serve però il voler mettersi in gioco, tanto ascolto, interplay e non solo adagiarsi sulla propria tecnica o capacità. Diviene vera e viva comunicazione tra i musicisti stessi.
Oltretutto, il festival ha dato modo di lavorare a chi, nel periodo pandemico, ha dovuto fermarsi ma voi avete voluto dimostrare che la musica e la cultura non si fermano. Quanto è stato difficile mettere in scena il festival a porte chiuse quando lo stesso festival è condivisione sociale?
Non dovendo tener conto delle problematiche relative il pubblico, dal punto di vista organizzativo puro è più facile.
Ma dal punto di vista emotivo è stato inizialmente molto più difficile, ci continuavamo a chiedere se avesse avuto davvero senso farlo mentre la situazione covid stava via via peggiorando.
Siamo stati per il sì e credo sia stata la scelta giusta, sia per l’entusiasmo dei musicisti stessi e dei tecnici, sia perché abbiamo un documento di quel periodo che comunque resterà nel documentario di Luca Fabbri sul canale di Esagono Dischi.
Mi ha colpito molto il progetto con Angela Benelli, la creazione della musica contemporanea direttamente sul palco, straordinario. Che emozioni attraversano l’animo di voi musicisti in quel momento?
Angela ha un background prettamente classico e legato alla musica scritta, con Morricone, Battiato, Branduardi e altri. Vedo che è sempre molto contenta quando la chiamo in situazioni nelle quali può esprimersi liberamente, dove la realizzazione è legata all’ascolto dell’altro/a ed all’interplay.
Per mio conto mi piace sfidare me stesso ed altri nel creare musica che viva quel momento. Risulta di fatto unica e irripetibile e molto più vitale della riproduzione di brani scritti ed arrangiati. E vediamo di fare questo tralasciando schemi preimpostati, che siano jazz o altro. Cerchiamo di stupire noi stessi per prima cosa.
Da uno di questi momenti nasce “Andantino con brio”, sul palco con voi anche Moreno Il Biondo, altro storico musicista. Tutto improvvisato ma tutto cosi terribilmente bello e perfetto, cosa si sprigiona dentro di voi per arrivare a improvvisare una forma musicale così alta?
Grazie, “Andantino con Brio” è nato sul momento quando ho chiesto a Moreno se volesse partecipare creando un brano in quel momento. Dato che il suo strumento è il clarinetto in do sono partito su quella scala per poi spaziare. Il fatto che il brano non sembri improvvisato viene probabilmente, oltre che dalla bravura dei musicisti e dalla capacità di ascolto reciproco ed interplay, dal fatto che comunque mentalmente mentre suonavamo tenevo a mente una struttura per il brano.
Che poi è quella dei concerti classici tipica, ovvero una prima parte A piuttosto andante, una parte B larga con spazio alle melodie, ed una C più frenetica ritmicamente.
Quanto fatto si può considerare improvvisazione ma io preferisco chiamarla “composizione estemporanea”, visto che spesso l’improvvisazione in altri generi è un solista che suona solo su una base armonica data.
Qui invece creiamo tutto totalmente sul momento.
Ed è la stessa tecnica che stiamo utilizzando per l’album “play@esagono” che uscirà ai primi di ottobre con Luca Nobis, Valerio “Combass” Bruno degli Après la Classe, Jeff Coffin della Dave Matthews Band, Petit Solo Djabate e Fiorenzo Tassinari.
Lei ha detto che la musica classica contemporanea, essendo scritta, abbia, a volte, limiti interpretativi che non riesce a superare. Sono davvero curiosa di saperne di più
È una sensazione che avevo avuto da giovane seguendo alcuni concerti di classica contemporanea. Da una parte c’era questa cosa buffa di scrivere spartiti strampalati nel tentativo di superare i limiti della scrittura musicale stessa, dall’altra cercando di scardinare le strutture armoniche. Qquesti compositori realizzavano comunque partiture di difficile interpretazione, il suonare risultava quindi calligrafico, scolastico.
Se appunto lavoriamo senza regole armoniche possiamo tranquillamente realizzare questa musica sul momento, ed in modo molto più vivo.
Da qui questa concezione che vedo sempre molto ben accetta dai musicisti con i quali collaboro e divertente per il pubblico.
Voglio ringraziare di cuore Giovanni Amighetti per il tempo che mi ha dedicato ricordando l’importanza di questo progetto e gli altri grandi nomi del panorama musicale italiano che si sono alternati sul palco: FRANCO MUSSIDA, ex chitarrista della PFM, compositore e arrangiatore, che ha portato sul palco due brani inediti; la violinista ANGELA BENELLI (Ennio Morricone); MORENO “IL BIONDO” CONFICCONI, volto noto nella musica da ballo e dell’eredità dei Casadei e membro degli Extraliscio; DANIELE DURANTE, direttore artistico del festival La Notte della Taranta nonché fondatore del Canzoniere Grecanico Salentino, che ha presentato il brano di protesta “No Tap” e “Solo Andata”su testo di Erri De Luca; FIORENZO TASSINARI, storico sassofonista dell’Orchestra Casadei; FRANCESCA DELLA MONACA; PIER BERNARDI con la giovane cantante ivoriana PRUDENCE e il compositore e direttore didattico del CPM Milano LUCA NOBIS.
Presenti nel docufilm anche le esibizioni di Ray Lema, simbolo portante della musica africana,i Mokoomba, Gabin Dabiré, Luigi Panico, la nuova promessa afropop Gasandji, il cantante camerunese Daniel Kollé, ilcantante ivoriano Boni Gnahoré e il progetto italo-scandinavo-cinese Shan Qi con Guo Yue, Wu Fei, Giovanni Amighetti e Helge A. Norbakken.