Dischi
The Heavy Countdown #146: Lingua Ignota, Gost, All Good Things
Lingua Ignota – Sinner Get Ready
Ricordo ancora molto bene quanto mi avesse sconvolto “Caligula” (2019). Kristin Hayter ha il dono di usare l’arte (sia visiva, che musicale) in modo da risultare incisiva e cangiante sotto qualsiasi forma si presenti, e se la fatica precedente era una delle uscite più “pesanti” pubblicate un paio di anni fa, “Sinner Get Ready” si rivela un lavoro all’apparenza più effimero, a cui sta molto bene la stramba etichetta di liturgical noise. Ma attenzione, perché anche “Sinner Get Ready” è tutt’altro che un disco leggero. La voce teatrale dell’artista, unita alle lyrics dissacranti, a sfondo religioso (prendete solo “Many Hands” oppure “I Who Bend the Tall Grasses”), confermano la Hayter al vertice di un movimento artistico sempre più rilevante in certe sacche dell’underground.
Gost – Rites Of Love And Reverence
Le atmosfere angoscianti e ipnotiche, i synth strombazzanti, sono ormai i trademark dei Gost (quelli senz’acca), arrivati oggi al sesto album in carriera. “Rites Of Love And Reverence”, incentrato liberamente sul tema della stregoneria, è l’ennesima opera dark synthwave ben riuscita della formazione statunitense, sempre incline alle fascinazioni ottantiane (tanto che spesso il paragone con gli INXS versione dark non è del tutto azzardato), senza dimenticare il sottobosco black metal dal quale i Nostri provengono e a cui strizzano di continuo l’occhio (“Blessed”, “Embrace the Blade”).
All Good Things – A Hope In Hell
Avete bisogno della carica giusta per iniziare la giornata? Bene, basta ascoltare “A Hope In Hell”, il nuovo disco degli All Good Things, in uscita il prossimo 20 agosto. Un lavoro costruito e studiato fin nei minimi dettagli, cosa che non stupisce dato che il combo ha alle spalle una certa esperienza ed esposizione globale (tra serie TV, wrestling, non sono di certo nuovi alla vita sotto i riflettori). Per riprendere il titolo di uno dei vecchi full length della band, “Battle rock” è la definizione che meglio calza la proposta degli All Good Things, che per l’occasione chiamano in causa anche Craig Mabbitt degli Escape the Fate e gli Hollywood Undead per dare ancora più energia a “A Hope In Hell” (ascoltate “The Comeback” e “Hold On” per farvi un’idea).
Moodring – Showmetherealyou
Per chi come me ha una trentina di anni (e qualcosa di più), un EP tipo quello dei Moodring non può che far scendere la proverbiale lacrimuccia nostalgica. La formazione originaria della Florida miscela sapientemente alternative, shoegaze, rimembranze nu metal, tanto che fin dalle prime note, il nome che viene subito in mente è uno soltanto (Deftones). Solo di rado le rarefatte eco malinconiche vengono sopraffatte da un’anima più pesante (“Young Love”, “Empty Me Out”), in un insieme che a detta della band stessa, rappresenta un quadro piuttosto accurato delle inquietudini adolescenziali.
Paradise Now – We Never Die
Per il trio gallese dei Paradise Now, “We Never Die” potrebbe essere un ottimo trampolino di lancio. Il debutto discografico del giovane combo composto dai fratelli Taylor e dall’amico d’infanzia Nathan Beaton, infatti, ha proprio tutto per catturare l’attenzione degli ascoltatori, specie dei più giovani (o tra coloro che per fare un esempio calzante, amano gli Asking Alexandria ultima maniera): tra alt-rock, melodic metalcore, abbondanti excursus pop ed elettronici (“Haunt Myself”, “I Hope It Never Ends”, “Young Guns”) di carne al fuoco ce n’è parecchia, starà ai Paradise Now dimostrare con il tempo che oltre al fumo invitante, c’è anche un buon arrosto.