Interviste
The Leading Guy, un’artista che sa come far battere a tempo il tempo
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The Leading Guy torna a cantare in italiano con il suo nuovo singolo e lo fa con la preziosa partecipazione di Vinicio Capossela; “Solo Musica”, che anticipa il primo progetto discografico interamente in italiano di un’artista raro e vero, “è una dichiarazione d’amore alla musica – racconta The Leading Guy – quella che non ha bisogno di gridare per farsi sentire, quella che non si lascia influenzare da ciò che la circonda, quella che non si lascia masticare troppo in fretta. È una dichiarazione di speranza. È “solo musica”, quella di cui non potremmo fare a meno”. Dal canto suo, Vinicio è molto felice di partecipare al battesimo del primo disco, di questo giovane cantautore, prodotto dalla Concerto Music con la quale Capossela ha una lunga storia artistica- “Come membro di questa famiglia oltre che dare un piccolo contributo vocale di cui non c’era bisogno (Simone canta benissimo le sue cose), mi sento di partecipare con la vicinanza al battesimo di questo ottimo The Leading Guy” -.
Il brano “Solo Musica” è una bellissima dedica alla musica e ascoltarlo porta a comprendere quanto profondo e complesso è l’animo di un cantautore che, per la sua giovane età, è riuscito, con i due album precedenti, (“Memorandum” e “Twelve Letters”) a portare la sua musica in giro per l’Europa e a calcare i palchi con i nomi più prestigiosi del panorama musicale internazionale.
Che pezzo stratosferico! Uscito da pochissimi giorni “Solo Musica” il tuo nuovo singolo che vanta una prestigiosa e preziosa collaborazione come quella con Vinicio Capossela. Il secondo singolo in italiano ma, anche l’anticipazione di un nuovo progetto totalmente nella tua lingua madre. Tutto ciò mi rende curiosa di approfondire sia il tuo nuovo progetto che la collaborazione con Capossela.
Il progetto in italiano è nato, ahimè, dal troppo tempo libero che mi è stato lasciato quest’anno, come a molte persone e in particolare a molti artisti. Mi sono ritrovato alla ricerca di stimoli e di qualcosa da fare altrimenti uscivo fuori di testa. Dopo anni di vagabondaggio ho avuto il tempo di dedicarmi ad una cosa che, comunque, ho sempre voluto fare: scrivere in italiano. Ho iniziato a scrivere senza pensare che poi la cosa sarebbe uscita, faccio sempre così, vedo quello che viene e poi decido se mi piace o no, però ci ho preso gusto e mi sono ritrovato con dieci canzoni in mano e ho avuto la fortuna di poter produrre ancora, è un bel regalo perché non lo do per scontato, “Solo Musica” è la primissima canzone in italiano di questo disco, quindi ha un anno e mezzo. Quando ho finito di scriverla, e non è una cosa che dico ai giornalisti ma è pura verità, ho detto -cavolo sembra una canzone di Vinicio-. Passa un anno, registro il disco e mi dico perché non provare? Grazie alla Concerto Music, che tanti anni fa produsse per la prima volta Capossela e grazie a Taketo Gohara che è il produttore che abbiamo in comune io e Vinicio, lui l’ha ascoltata…e gli è pure piaciuta. E non era scontato. L’ha cantata. Una cosa molto bella e naturale perché sono scese in campo delle conoscenze che sono poi amicizie, da Taketo, il produttore, al fatto che io ora lavoro con i primi che hanno creduto in Vinicio. C’era molta poesia intorno a noi. Sicuramente non è il singolo come lo chiamano adesso le case discografiche ma è una scelta controcorrente, e io ne faccio tante così. Questo brano dice molto di me, di come sono adesso e poi se Vinicio Capossela dice di volerla cantare, forse vale la pena di farla sentire anche agli altri.
Da questa tua risposta nasce una mia curiosità: come sei adesso? Io che ti seguo dall’inizio, ho ritrovato un richiamo al tempo, un tema che ritrovo spesso nelle tue canzoni. Qual è il significato delle parole “il tempo batte tempo”? É una frase che mi è rimasta dentro.
È uscita strana, a volte scrivo una frase e poi devo capire cosa ho scritto, lo facevo in inglese e lo faccio in italiano, molto di pancia. Il significato vero è che qualsiasi cosa noi tentiamo di bloccare, il disagio passa sempre attraverso il tempo, come se fossimo fuori tempo. Quando le cose ti vanno male, o oggi o domani, o prima o poi si ritorna a battere a tempo.
Secondo te perché c’è un direttore d’orchestra che governa il tutto o siamo noi stessi che riusciamo a ritrovare la partitura giusta per battere a tempo?
Credo che lo facciamo noi e ci aiutano molto le persone intorno a noi, i riferimenti che abbiamo, le persone a cui vogliamo bene. Una parola anche molto importante è futuro, è la voglia di avere molta speranza nel futuro “basta un attimo ed è già futuro”, questa canzone e quella frase, insieme a Vinicio, ci ha dato molta emozione. Tornare a battere a tempo.
Bellissimo significato e molto particolare. Il brano recita “Solo musica senza un’anima” mentre, invece, è una canzone dedicata all’amore per la musica…
Si esatto, proprio perché la musica senza l’anima non è la mia. Questa canzone l’ho scritta e non parla, assolutamente di lockdown o di pandemia. É un discorso molto più ampio, il 90% di quello che sono costretti a fare gli artisti, spesso, non riguarda la musica. Riguarda i social, riguarda la fobia dei followers.
A me interessa la musica vera, quella fatta per durare.
Effettivamente la tendenza è quella di scrivere hit a tavolino, dopo tre giorni e già vecchia e il futuro sembra essere solo il presente. Avere artisti con la A maiuscola che scrivono musica con un’anima e fatta per durare vuol dire avere la musica quella vera. Questo tipo di approccio musicale, social etc. possono, secondo te, andare ad intaccare o rovinare quello che di bello c’è nel panorama musicale o saranno due binari paralleli che non si incontrano mai?
Io sono convinto che, già da qualche tempo siano un’unica cosa, la cosa più triste, come dicevi tu, non è scrivere la hit, anche negli anni ’80 venivano scritte a tavolino. La cosa più triste ancora, è chi magari apre una pagina Instagram, dà il nome ad un progetto musicale, poi dopo non c’è nulla, forse scrive una canzone e niente di più. È il contenitore che non sta funzionando, la colpa non è degli artisti ma dal fatto che vengono plasmati dall’idea che si ha, che questo è ciò che va fatto per diventare famosi. Vedo tantissime pagine di giovani che pubblicano foto selfie etc. ma non c’è traccia di canzoni né belle né brutte e questo è il problema. La mia paura più grande.
Mi ricollego, a tal proposito, ad una tua intervista passata dove hai dichiarato che il tuo primo pensiero non è diventare famoso ma che le tue canzoni possano volare lontano e la differenza è enorme. È questo quello che mi stai dicendo? Che si punta più all’immagine – Il mio brano non lo ricorderà nessuno ma io sarò famoso -.
Esatto è proprio questo il problema. Molte persone, anche alcune che conosco o che vedo sui social, hanno l’idea di farsi vedere a tutti i costi senza poi vendere il prodotto. Io conosco molti artisti di cui non ho sentito una canzone e questa cosa non mi torna. Io voglio che la mia canzone venga ascoltata e che piaccia, diventare famoso, non dico che non mi piacerebbe ma non è il mio obiettivo primario.
Quindi l’obiettivo primario rimane sempre la musica che ad oggi è diventata più matura e profonda. Cambiando lingua non hai perso nulla anche se l’inglese, hai dichiarato, ti viene più naturale come espressione e musicalità. Ascoltando quest’ultimo brano e anche il brano uscito nel 2020, riesci a trasmettere forti emozioni all’ascoltatore anche nella tua lingua madre. A parte questo anno e mezzo che mi hai raccontato, c’è stato qualcosa che ti ha fatto “switchare” lingua?
Si, te lo dico onestamente, a livello di vita mi ero accorto che con i primi due dischi, “Memorandum” che è stato una gavetta fantastica e che mi ha dato un tipo di credibilità e “Twelve Letters” che era un prodotto più maturo, più suonato, con molta più gente che ci ha lavorato e mi ha portato in giro in Italia e all’estero, mi sono accorto che ero arrivato a fine corsa e che se avessi scritto un altro disco in inglese non avrei trovato la forza per promuoverlo. Non mi ero annoiato, però, avevo fatto tutto quello che, a 23 anni, mi ero proposto di fare. Avevo realizzato tutti i miei sogni e adesso dovevo trovarne di altri. Scrivere in italiano è stata, veramente, una sfida. Non mi va mai di cantare, anche se fosse una sola parola, qualcosa che in cui non credo o che non sia uscita dalle mie emozioni. Sono tornato in carreggiata e mi sono ritrovato con un disco intero e mi sono detto- sai che non è male? – Ora ho più voglia che mai e ho ritrovato la gioia di vivere scrivendo questo disco.
Qualche anticipazione riguardo questi brani che usciranno? Ci sarà un filo conduttore? C’è stato qualcosa in particolare che ti ha ispirato? Visto che il primo brano che hai scritto è proprio questo nuovo singolo ci dobbiamo aspettare qualcosa che ci conduce verso questo argomento o c’è spazio per molto altro?
L’ho scritto in un momento che ero stanchissimo di fare musica, ero molto frustrato e sicuramente c’è dentro tanto amore per la musica quella vera, quella con cui sono cresciuto. Ci sono un paio di canzoni che parlano di me e di quello che la musica rappresenta per me. Ce ne sono anche un paio che parlano d’amore e farlo in italiano è davvero mettersi a nudo. Queste sono le due tematiche e poi parlo anche della mia città, Trieste, e della sua provincia.
Trieste è una città meravigliosa e, forse, anche un po’ fonte d’ispirazione. È così poetica. Te la sei portata questa poesia in Irlanda e viceversa? Perché anche l’Irlanda ha la sua. Sei riuscito a far incontrare questi due ambienti così diversi, oppure ci sono delle affinità che ti hanno permesso di incastrarle perfettamente?
La cosa che emerge nel disco è il vivere al confine, all’incrocio dei venti, come direbbe qualcuno…E questo è lo stesso tipo di isolamento che si vive in Irlanda, loro si sentono isolati e vogliono esserlo. E questo lo trovi nella mia musica, non è da chi vive nel centro della baraonda, esattamente come capita a me, a Trieste, che non è certo un centro come possono essere Bologna o Roma o Milano. Qui mi sento molto protetto.
Poco fa mi hai detto che hai esaudito tutti i tuoi sogni che credo siano stati i primi perché ce ne saranno altri nella tua carriera. Tu hai suonato a fianco di artisti che fanno un certo effetto quando si pronuncia il loro nome: Ben Harper, Jack Savoretti, Jake Bugg (che trovo geniale), Elisa etc. Cosa ti hanno lasciato e cosa hai lasciato a questi grandi nomi?
Spero davvero di aver lasciato qualcosa a loro, la cosa bella è che quasi tutti questi nomi che hai citato mi hanno scelto. È stato così per Savoretti, è stato così per Jake Bugg e sono volato in Inghilterra. Certo ho chiesto io di esserci ma ascoltando il mio disco è poi lui che ha scelto. Ma soprattutto Elisa che mi ha scelto. Ciò che mi son portato a casa, con ognuno è stato una cosa diversa, però quello che ho compreso da tutti è che non sei lì per caso e che non si rimane lì per caso. Se hai una carriera da vent’anni è perché hai saputo trovare il giusto equilibrio e perché sei una brava persona. Da Elisa ho imparato molto, anche come lei gestisce il rapporto con gli altri durante un tour, la cura per i dettagli, tutte cose che uno da fuori non vede ma rende il tutto bello proprio perché molto curato.
Hai nuovi sogni da realizzare? Eri demotivato e questo nuovo disco ti ha ridato quella forza artistica che porterà ad aspettative future.
Sogni ne ho, ne ho. Cantare in italiano sono i sogni che ripartono da zero perché è un mondo che non conosco, mi porta ad intrecciare rapporti diversi, ad avere un pubblico diverso. Il mio sogno è portare questo disco dal vivo e che qualche giovane di 19 anni capisca che si può fare anche questo tipo di musica senza avere paura di fallire. Questa è la cosa che mi piacerebbe di più. Per questo, il brano con Vinicio, è stata una scelta, fatta anche con un po’ di presunzione, ma che ci porta a sperare che un ragazzo di vent’anni lo ascolti e dica – allora si può fare -. Dica che non è costretto a fare delle marchette. Un brano e un album che spero possa servire a questi giovani.
Non credo tu la viva come una missione ma sicuramente è una parte del tuo sogno.
Si, perché di giovani mi scrivono in tanti e la sensazione più grande è stata quando ho fatto il tributo a De Andrè su Faber Nostrum e c’erano ragazzi tra i 19 e i 20 anni che non conoscevano De Andrè e lo hanno apprezzato proprio attraverso questo disco tributo e questo è stato davvero bello e mi hanno scritto in tanti, molti di questi suonano la chitarra acustica e amano il cantautorato ma hanno paura di non arrivare e questa è la paura peggiore che si possa avere.
Ci sono state quattro bellissime date, prevedi un tour invernale?
Queste quattro date sono state programmate per la pura vogli di fare concerti dopo più di un anno e infatti abbiamo scelto bellissime locations, c’era anche la voglia di vedere posti belli. Il vero e proprio tour sarà quello che seguirà l’uscita dell’album che dovrebbe avvenire in gennaio, direi che da febbraio dovrebbe partire il tour. In questi quattro appuntamenti hoportato delle cose in inglese e delle anteprime in italiano, sono state date molto belle.
Ti lascio con un’ultima domanda che esula dalla tua musica, anche se per un artista nulla esula dalla musica stessa. Abbiamo parlato del futuro che è già futuro, un altro bellissimo passaggio del nuovo singolo. Basta un attimo e siamo già nel futuro. Il presente che stiamo vivendo è particolare, è complicato: Covid, razzismo, Afghanistan. In realtà per la maggior parte di noi sono eventi nuovi ma che fanno parte dei corsi e ricorsi storici: Sono già accaduti in passato. Il futuro ci darà la possibilità di riprendere determinati valori (il Covid doveva renderci migliori…) più concreti e, speriamo, migliori?
È una domanda difficile ed io non sono un gran ottimista nei riguardi delle persone, sono d’accordissimo con te e lo aveva già detto Guccini in piena pandemia – la gente dimentica e non finirà migliore con questa faccenda – ed io sono pienamente d’accordo. Soprattutto perché mi reputo una persona buona ma non un buonista. Anche durante le prime manifestazioni di ottimismo, dell’andrà tutto bene, io rimanevo basito perché pensavo di sapere che dopo sei mesi la situazione sarebbe stata delirante e lo stiamo vedendo adesso com’è la situazione del tutti contro tutti. Per il ritorno ai valori è più difficile, hanno sempre avuto corsi e ricorsi storici ma negli ultimi dieci anni sono molto diversi, il vecchio secolo dei valori si è chiuso nel 2010. Il beato ‘900 è durato anche dopo la caduta del muro. Non voglio fare lo storico, però, intendo che non tornare ai valori di una volta su certe cose è un bene, perché bisogna verificare di quali valori si sta parlando, come potrebbe essere la condizione di uomini e donne trent’anni fa. C’è stata, sicuramente, un’evoluzione in positivo, forse riusciamo a notarla meno e la stiamo sparando un po’ a caso ma sono fiducioso che le condizioni migliorino per un gran numero di persone.
Quindi fiducioso ma non ottimista?
Esatto, pensare sempre male porta bene, sono un po’ così.
Ringrazio di cuore Simone che mi ha concesso un piccolo spazio del suo tempo per questa bellissima chiacchierata con un’artista così complesso e pieno di poesia.