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Tori Amos – Ocean to Ocean

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“Scrivi dal luogo in cui ti trovi. Sei in ginocchio, nel lutto e nella tristezza, devi partire da lì”. Questa volta le Muse hanno parlato così a Tori Amos e lei, come sempre, le ha seguite, da un oceano all’altro, imparando a muoversi come acqua, tra le maglie strettissime di uno dei peggiori periodi della sua (e della nostra) vita. La morte della madre Mary, poi la pandemia, trascorsa in Cornovaglia – dove vive, scrive e incide i suoi lavori – con il primo lockdown e l’uscita del libro “Resistance”; le elezioni americane e l’assalto al Campidoglio a Washington DC; il secondo lockdown e l’ep “Christmastide”; il terzo lockdown e la crisi, silenziosa, nera, profonda. “Ero in un luogo di sconforto, un luogo buio, il mio piccolo inferno privato”, ha raccontato la cantautrice del North Carolina. Una paralisi emotiva, dalla quale è evasa immergendosi a fondo, prima, nella consapevolezza di quel dolore e, poi, nella feroce, ancestrale bellezza della costa della Cornovaglia, mettendosi all’ascolto di quella madre terra, dei suoi suoni, delle sue leggende e viaggiando lontano sulle frequenze del suo elemento più potente: l’acqua. È nato così “Ocean to Ocean”, il sedicesimo studio album di una carriera ormai quasi trentennale, che con la cruda delicatezza e profondità di vedute, a cui Tori ci ha abituati sin dall’esordio del ’92, “Little Earthquakes”, parla di lutto, perdita, rinnovamento e rinascita.

A tre anni da un disco allegoricamente politico e incredibilmente premonitore come “Native Invader” (un concept su come la minaccia, l’invasore, l’elemento distruttivo dal quale cerchiamo in tutti i modi di proteggerci, sia così spesso già tra di noi o dentro di noi), Amos stava lavorando ad un nuovo album “politico”, ma non era quella la forza che doveva servire per riemergere dall’onda anomala di energia negativa che la stava schiacciando sul fondo, non era uno spazio divisivo quello nel quale desiderava muoversi per trovare parole e suoni forieri di un nuovo orizzonte, quindi, via, cestinato! C’è un imprescindibile gesto di onestà intellettuale alla base di “Ocean to Ocean”, un lavoro scritto e registrato nel 2021, che gode di una compattezza e di una freschezza, non sempre presenti nelle ultime uscite dell’artista di origini Cherokee (da parte di madre), almeno in quelle seguite a “Scarlet’s Walk”, album pubblicato nel 2002, a ridosso dell’attentato alle Torri Gemelle, e del quale qui, non a caso, si sente qualche eco, accanto a momenti che riportano alle atmosfere di “Little Earthquakes” e “To Venus And Back”.

D’altro canto, una delle novità, anzi, dei ritorni, che segnano in maniera più decisiva i connotati di quest’album è quello di Matt Chamberlain (Morrisey, Pearl Jam, Fiona Apple, Joe Cocker, Elton John, David Bowie, Peter Gabriel e molti altri) alla batteria e percussioni e Jon Evans (Chris Cornell, Linda Perry, Sarah McLachlan) al basso. Un’anticipazione di questa “reunion” l’avevamo già avuta con l’eccellente ep “Christmastide”, ma era dal 2009 che Tori non incideva un full length con la sua band e, a livello musicale, la parte più ispirata di “Ocean to Ocean”, album dagli arrangiamenti sontuosi, organici, con un focus speciale sul tessuto ritmico di ogni pezzo, ma soprattutto suonato da un power trio potenziato dalle mille tastiere della Amos (Wurlitzer, Rhodes, Hammond B3, Yamaha CP80 e l’immancabile Bösendorfer), nasce proprio da qui. Anche il titolo fa riferimento al modus operandi, con cui sono cresciute le 11 canzoni del disco, ossia viaggiando dai tasti bianchi e neri di T, bloccata in Cornovaglia, attraverso l’Atlantico, fino a Pacifico e alla batteria di Matt Chamberlain, chiuso a casa in California, per poi arrivare a Cape Cod, Massachusetts, tra le corde del bassone di Jon Evans e ritorno in Cornovaglia, tra le mani di Tori e Mark Hawley (chitarrista, sound engineer e marito della Nostra) per le finiture.

L’opening track, “Addition of Light Divided”, con il tipico tasso di ermetismo testuale, sembra accennare a questa salvifica unione di forze (Rum punch in my hand/We melt with Kali’s dance/Hearing voices/We could join forces) e nell’arrangiamento arioso, viaggiante, aperto, traduce in suoni la scintilla (o forse la goccia), da cui questo album ha preso le mosse, ossia il bisogno di spezzare la catena di dolore e lasciare entrare la luce, la stessa di cui, alla fine, è carica la musica di questo lavoro. Negli 11 brani che lo compongono si trova la Tori Amos più classica, assolutamente unica quando spinge sulla combo piano e voce (“Swim to New York State”, “Flower Burn to Gold”, “How Glass Is Made”), ma anche nuove sfumature, aggiunte a una palette sonora inconfondibile e a una scrittura come sempre finemente cesellata, giunta qui, però, a una sintesi più accessibile e immediata. Una chicca: gli intro di “Devil’s Bane”, di “Spies”, secondo singolo e divertissement, dal bridge vagamente beatlesiano, dedicato alla figlia Tash, terrorizzata dai pipistrelli ospiti di casa Amos nelle notti d’estate, e quello d’archi di “Swim to New York State”, un po’ a ricordare lo spazio silenzioso attraverso il quale questa musica si è fatta strada.

Soprattutto la musica in “Ocean to Ocean” è al servizio del concept, meno stringente di altri nel repertorio della Amos e partito da riflessioni sicuramente più personali, ma non per questo meno universali. Anzi, prendiamo “Speaking With Trees”, secondo pezzo in tracklist e primo singolo ad anticipare l’album. La canzone parla del rapporto di Tori con la perdita della madre (I’ve been hiding your ashes/Under the tree house/[…]/You will be safe here/Safe in the tree house/They will protect you/Of this/I am sure) e di come l’abbraccio con la natura le abbia restituito in parte il ricordo di quel rapporto, ma l’idea dietro al brano nasce anche dal libro di Suzanne Simard “Finding the Mother Tree: Discovering the Wisdom of the Forest”, un saggio sul modo in cui gli alberi sarebbero in grado di comunicare tra di loro a livello globale attraverso una rete sotterranea. E così “Speaking With Trees”, brano personalissimo, dedicato alla madre, come “Flowers Burn to Gold”, si fa anche manifesto del concept di questo disco, un inno al bisogno e alla potenzialità di tutti gli esseri viventi di rimanere connessi, sintonizzare le frequenze e comunicare, in modo organico e profondo, anche quando fisicamente o mentalmente reclusi, segregati, confinati.

In questo suo sedicesimo studio album Tori Amos non rinuncia ai pezzi impegnati o, meglio, quelli in cui si può cogliere un impegno più direttamente collegato all’attualità. Questa volta, però, non c’è alcun j’accuse, nessun dito puntato, ci sono questioni, domande, prese di coscienza, sguardi rivolti al futuro. Se “Devil’s Bane”, accenna all’ipocrisia, alle bugie e alla corruzione che avvelenano il nostro mondo, “Ocean to Ocean”, title track e sicuramente tra i pezzi più interessanti dell’album, è una potente invocazione alla regina del mare (Stay with me until we/Unravel this fishing net/Stay with me, stay with me/Faith, where have you gone?/Gone nature’s sons/Faith, will you return?/Return nature’s sons/To ocean to ocean/To ocean to ocean). Altro brano fondamentale del disco è “Metal Water Wood” – la traccia da cui tutto ha preso le mosse, tra le migliori dell’intero album, insieme alla title track e “29 Years” (bellissima con quelle atmosfere alla Morcheeba di “Big Calm”) – un viaggio verso nuovi orizzonti, raccontato attraverso una composita, ma assolutamente intrigante, giustapposizione di registri (e qui sì che ci si sente anche un po’ di Kate Bush, artista a cui, forse indebitamente, Tori Amos è sempre stata accostata). Take my shattered dreams/Wash them away out with the tide/[…]/“Be like Water”/You tell me, “Be like Water”/Pull that horizon down/Pull that, pull that horizon down/Line that horizon up/Like the captain does with his instruments, canta Tori, di nuovo al timone della sua nave e pronta a salpare verso un nuovo orizzonte, quello dei live – il 24 febbraio 2022 sarà a Milano – “di quel voltaggio, simile alla sensazione che si prova nel sentire abbattersi le maree sulla costa, ma che da sola non sarei mai in grado di raggiungere”.

Tori Amos farà tappa in Italia per un’unica data il 24 febbraio 2022 al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Il concerto è organizzato da Live Nation.

Radio Monte Carlo è la radio partner ufficiale del concerto

Info su www.livenation.it

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