Interviste
In Arte Agnese – Frenami è una sfida al mondo
In arte Agnese, dopo i singoli Lady G e Coca cola e Youporn, ha presentato Frenami il 12 novembre: un pezzo che parla di una storia finita male, certo, ma in modo diverso dal solito. Niente tristezze e cuori infranti, solo una sfida al mondo: “fermami, se ci riesci”.
Agnese Conforti, vero nome di In arte Agnese, è una cantautrice di origini toscane classe 1994 che ha scritto la sua prima canzone alle elementari, aiutata da una batteria di pentole. Dopo le pentole sono arrivati il pianoforte e la chitarra, Sanremo Giovani nel 2016 e il trasferimento a Torino, città di nascita di In arte Agnese.
Hai chiamato la canzone “Frenami”, in realtà è una sfida, è più un “fermami, se ci riesci”. Ho notato che ultimamente le canzoni che parlano della fine di un amore scritte da cantautrici sono molto più battagliere, se mi passi il termine, di quelle dei loro colleghi uomini. C’è più voglia di reagire e meno di accettare passivamente ed essere tristi come da manuale. Che ne pensi?
Credo che prima o poi tutti debbano avere a che fare con la fine di una storia, che sia d’amore, che sia di amicizia, che sia semplicemente durata un giorno. Ed proprio quando ti ritrovi alla fine di qualcosa che ti viene da pensare al “dopo”. La cosa bella è che la risposta alla domanda puoi deciderla tu stessa. “Frenami”, scritta insieme ad Amatori Carboni e Calvetti, rappresenta il bisogno di parlare di una storia finita male, senza necessariamente un risvolto negativo. “Frenami” nasce da un urlo di vittoria con se stessi. Anche se adoro Bridget Jones, ho deciso di non voler mai più essere come lei. Non ho più intenzione di definire la mia persona in funzione di qualcun altro o qualcos’altro. Credo che i tempi siano maturi per affermare che io e le mie colleghe, ad oggi, possiamo finalmente prenderci ciò che ci spetta da sempre, ossia far vedere chi siamo, senza bisogno di dover sempre cercare di ricoprire il ruolo di genere che la società ci obbliga ad indossare. Anche se c’è ancora molta strada da fare, penso che siano stati fatti dei progressi su questo versante e questo si rispecchia indubbiamente nei testi.
“Musica non binaria per treni deraglianti” è una tua definizione della tua musica, e la trovo davvero bella. Mi dici di più? E la scelta di colori della copertina del singolo è casuale?
Nella vita può succedere di perdere sé stessi e successivamente ritrovarsi cambiati profondamente, quasi irriconoscibili. All’improvviso l’etichetta che ci portavamo dietro da tempo, e con cui ci presentavamo agli altri, non ha più valore. La mia musica è rivolta a tutti gli esseri umani che necessariamente mutano e si modificano incessantemente. La musica è questo, un flusso, uno scorrere continuo di energia ed è per questo che non ha binari, non si può etichettare perché chi l’ascolta. È un treno che deraglia nella direzione opposta di sé stesso. La copertina del singolo non è casuale: il blu e il rosa sono classicamente i colori che fin da piccoli vengono associati rispettivamente ai maschi e alle femmine. Ho scelto il blu e il rosa proprio per andare contro gli stereotipi e i ruoli di genere che troppo spesso ci troviamo a dover rispecchiare. Dobbiamo urlare al mondo che un ragazzo deve poter piangere e sentirsi fragile quando vuole e che una ragazza deve poter mostrare la sua potenza, forza e tenacia anche nelle situazioni in cui, socialmente, le è richiesto di stare un passo indietro.
A sei anni hai scritto una canzone che si chiamava “Brivido d’amore” suonando le pentole. Le pentole sono abbastanza consuete, ma una bambina di sei anni che scrive un pezzo e lo chiama “Brivido d’amore” mica tanto. Mi spieghi cos’avevi visto, da dove ti è uscita?
Ebbene sì, la mia prima canzone si chiamava “Brivido D’amore”, è nata per caso. Alla domanda della maestra su cosa fosse per noi bambini l’amore, io, che me lo spiegavo solo come un “brivido”, decisi di scrivere una canzone a riguardo, accompagnandomi con pentole e padelle. Un dono da custodire e coltivare con l’impegno e la costanza, quello dell’amore per la scrittura e la musica. Decisi anche di prendere lezioni sia di canto che di chitarra e pianoforte. Mentre le mie amiche uscivano, io andavo a lezione, dopo la scuola. Spesso mi sentivo, però, arrabbiata ed esclusa, ma con me stessa perché quell’amore era più forte della me adolescente ribelle.
Domanda tecnica: come promuovi la tua musica in epoca pandemica? E se potessi suonare ovunque dove ti piacerebbe andare?
Questo è un chiaro momento di difficoltà per tutti e per il mondo della musica in particolare. La musica non può e non deve fermarsi, e gli artisti con essa. Ovviamente non vedo l’ora di poter salire sul palco e percepire le vibes del pubblico, l’adrenalina, le luci di scena che si proiettano sulla sala, il suono degli strumenti e la gratificazione personale dei sorrisi sulla faccia delle persone che si sono divertite ed emozionate. Uno dei miei grandi sogni è quello di suonare nella patria di una dei miei più grandi modelli per quanto riguarda la musica: Londra, città natale di Amy Winehouse.
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