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The Heavy Countdown #154: Devil Sold His Soul, Converge, Silent Planet

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Devil Sold His Soul – Loss
Con colpevolissimo ritardo (“Loss” è uscito lo scorso aprile) recupero il quarto album dopo nove anni di silenzio di una band per la quale il tempo sembra essersi congelato all’epoca d’oro dello screamo/emocore. Ma a differenza di molti combo che hanno fatto la fortuna di quel genere, ai Devil Sold His Soul non interessa essere a tutti i costi radiofonici (anche se “Beyond Reach” e tante altre soluzioni riescono a smentirmi, risultando terribilmente catchy), piuttosto il focus è sulla musica (e le lyrics) e le emozioni che ne scaturiscono (ne è la prova la durata del full-lenght e dei singoli pezzi). “Loss” potrebbe benissimo essere considerato un concept sulla perdita, un viaggio disperato attraverso il dolore per arrivare alla catarsi della presa di coscienza finale, incline al metalcore puro e alle suggestioni post-(metal e rock) che a volte ricordano i Deafheaven (segnaliamo in particolar modo la parte centrale del lavoro, e ancor di più “Tateishi” e “The Narcissist”).

Converge – Bloodmoon: I
Attenzione: per chi non lo sapesse, “Bloodmoon: I” non è un disco dei Converge, o meglio, è opera di un collettivo di cui fanno parte per l’appunto Bannon e soci, ma anche Chelsea Wolfe, Ben Chisholm (braccio destro della Wolfe da anni) e Stephen Brodsky (Cave-In, ma anche ex Converge). Dire che l’influenza dell’una o degli altri abbia la meglio non avrebbe molto senso, poiché “Bloodmoon: I” è una soluzione chimicamente perfetta (“Coil”), in cui tutti le componenti brillano allo stesso modo (che sia la title track, oppure “Viscera of Men”, o “Tongues Playing Dead”). Ma ammettiamolo, l’anima gothic folk di Chelsea Wolfe è il vero collante dell’opera (esemplare il dark blues di “Scorpion’s Sting”).

Silent Planet – Iridescent
Sono tante le formazioni che dopo questi (quasi) due anni assurdi danno vita a lavori violenti, potenti, super incazzati. Come se non bastasse, Garrett Russell, il vocalist dei Silent Planet, ha passato un brutto momento personale (del quale parla approfonditamente nel singolo “Terminal”). Da tutto questo, nasce “Iridescent”, un album di metalcore contemporaneo ultravitaminizzato e diretto (“Trilogy”), che però non fa nulla per nascondere un amore sfacciatissimo per refrain e ganci melodici azzeccati (“Translate the Night”, “Second Sun”, “The Sound of Sleep”).

Volumes – Happier?
Per i Volumes gli ultimi quattro anni sono stati piuttosto turbolenti, ma sorvolando su polemiche ed avvicendamenti vari, “Happier?” segna il ritorno in line-up dello storico vocalist Michael Barr, che ha portato un minimo di equilibrio in più, specie dopo l’esperimento poco riuscito di “Different Animals” (2017). Il quarto full-length della formazione californiana sembra riprendere le fila del passato più remoto dei Nostri (i Volumes infatti, nonostante la poca stabilità, sono tra le band più longeve del progcore) grazie a pezzi tipo “Malevolent”, anche se il lato “tamarro” è ancora vivo (“Bend”) insieme a una smaccata vena melodica contemporanea (“Lets Me Down”, o la title track).

Sion – self titled
Jared Dines è cresciuto. Dopo i video divertenti su YouTube (che peraltro, continua a registrare), o meglio, grazie al suo canale che con gli anni è diventato una vera e propria potenza, il Nostro è riuscito a dare alle stampe, insieme all’amico di vecchia data Howard Jones, questo “Sion”, interamente autoprodotto e finanziato dai due. Posto che la presenza di Jones in qualsiasi disco è la proverbiale ciliegina sulla torta, e che Dines, nonostante le sue doti da comico, è un musicista completo, il frutto di questa “partnership” è un’opera metalcore molto gradevole (ascoltate “Drown” o “More Than Just Myself”), ma che alla lunga, si perde a girare un po’ troppo su stessa finendo per ripetere all’infinito la stessa formula.

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