Interviste
Alice Robber, Addiction è un inno a credere in se stessi e a ballare tutta la notte
Come mi è capitato di dire già in altre occasioni, intervistare gli artisti è spesso l’occasione di parlare con una persona che non conosci ma con la quale si conversa come se si fosse amici da una vita. Dietro ad un artista e alla sua produzione si nascondono storie, vissuti ed emozioni che non ti aspetti e che a volte vanno scoperti per leggere nella giusta chiave quello che è l’apparenza di un lavoro legato all’arte.
Alice Robber, all’anagrafe Alice Pistoia, è sicuramente una di quelle persone che meritano di essere conosciute meglio, sia per la musica che ci fa conoscere, ma ancora di più per quella che nasconde al suo interno, come uno scrigno. Nella sua scrittura diretta e nelle sonorità indie-pop si intravedono rimandi alla brit music, definendo per l’ascoltatore un’atmosfera inconfondibile. Negli anni Alice si è esibita in noti locali della capitale inglese tra cui The Half Moon, O2 Academy Islington, mentre in Italia ha condiviso il palco con artisti come Fulminacci, Han, Fil bo Riva, Monkey Tempura, Meds, Cannella, Giovanni Truppi, Le Cose Importanti.
Ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lei in occasione dell’uscita del suo ultimo singolo Addiction, edito il 12 novembre per RADAR label & Management.
Addiction parla della dipendenza affettiva, del bisogno costante di trovare affermazioni negli altri per sentirsi abbastanza, all’altezza. Vivere con un’insicurezza costante che ti porta a dubitare di tutte le tue scelte, dei tuoi pensieri, della tua vita. Addiction vuole essere un’esortazione a trovare la propria strada, a credere nelle proprie idee, in noi stessi.
Un racconto a cuore aperto, con cui Alice rivela la sua esperienza e la trasforma in un’occasione per lanciare un messaggio di supporto a chi ha timore di mostrarsi per paura di non essere preso sul serio. Un messaggio rivolto particolarmente alle donne, a cui spesso viene detto immeritatamente di non essere all’altezza, di non essere coraggiose, spavalde, sicure di se.
Parliamo un po’ di Alice. Chi è e cosa ha fatto per arrivare fin qui?Ho visto che sei fra Roma e Londra.
Sono una ragazza di Roma, ma Londra è la mia seconda casa. A Londra ho vissuto per un po’ dopo essermi iscritta ad una masterclass di songwriting, da dove poi è iniziato tutto quello che sto facendo ora. Purtroppo sono dovuta rientrare un po’ per la situazione della Brexit e poi ovviamente per la pandemia che ha reso gli spostamenti impossibili. Ho sempre avuto la passione per l’inglese che studio da quando sono piccola, e vivere a Londra è sempre stato il mio sogno.
Immagino che anche per quanto riguarda i gusti musicali tu abbia sentito molto l’influenza d’oltremanica. Il tuo sound differisce molto da quelle che sono le tendenze italiane anche in ambito puramente elettronico, dove si tende a imitare più la scuola tedesca che quella inglese.
E’ vero, questo me lo dicono in molti, e mi fa felice. Cantando in inglese mi ispiro molto al mondo anglosassone, per me è molto importante.
Immagino che qui in Italia ti sia sentita spesso un pesce fuor d’acqua.
Tantissimo. Tantissimo. A volte mi sembra di non appartenere a questo paese, soprattutto nel genere che faccio. Cantando in inglese spesso non vengo presa in considerazione, mi chiedono perchè non canto in italiano. Ognuno può cantare in qualsiasi lingua, e non ho mai escluso l’italiano, ma scrivo in inglese perché mi viene in inglese. Poi non escludo di scrivere, un giorno, in italiano. O in spagnolo, o in portoghese, perché no. Purtroppo siamo ancora molto chiusi da questo punto di vista, mentre a Londra non è così: per loro era fighissimo che un’italiana cantasse in inglese. Per loro è un plus. Invece qui, è un difetto o una sorta di vizio.
Secondo me chi decide di cantare in inglese, o in un altra lingua, e si sente domandare da un giornalista “e allora quand’è che scrivi un pezzo in italiano” dovrebbe rispondere “e allora quand’è che smetti con ‘sta domanda?”
(ride) esatto! Proprio così. Come quando ti chiedono: che fai nella vita? La musicista. Si, ma che lavoro fai? E’ un po’ quello.
Il tuo brano mi ha incuriosito molto, perché parla di problemi di auto accettazione che uno si immaginerebbe su un genere di ragazza molto diverso da te. Ero proprio curioso di vedere chi si nascondesse dietro Alice Robber.
Addiction per me è stata proprio come una catarsi e mentre la scrivevo mi rendevo conto di me stessa e mi capitava di pensare “oddio, allora sono veramente così insicura di me?”. Ma la bellezza è una cosa che non va sempre di paripasso con la sicurezza in se stessi e con il concetto di piacersi.. In fondo che vuol dire essere bello?
Credo sia un bel messaggio per i ragazzi e le ragazze che ti seguono: magari uno si sente inadeguato, ti vede e pensa che tu non abbia problemi. E invece tu dimostri che tutti possono avere delle insicurezze e quanto sia importante affrontarle.
Io penso che un sacco di persone belle si sentono insicure forse quasi più di chi non lo è per i canoni comuni… non so, ho questa impressione. Ma in realtà è una cosa più interiore: quando non sei sicura di te stessa interiormente non conta l’aspetto esteriore e cerchierai sempre sicurezze negli altri. Ancora adesso per me complimenti del tipo “sei bella” non mi dicono nulla, ma ho ancora bisogno che qualcuno mi dica che quello che sto facendo lo sto facendo bene, per esserne certa. E allo stesso modo sentirmi dire che sto facendo male mentre io penso di essere nel giusto mi mette in crisi. Non avere la sicurezza di determinare se quello che si sta facendo è il nostro meglio è un problema grande perché poi tendi a dubitare di tutto, anche di quello che va bene. Bisogna lavorarci molto sopra per imparare a conoscersi e a fidarsi di se stessi.
Pensi che sia qualcosa che ti porti dentro fin da piccola?
Non saprei, ma credo che sia una cosa che nasce anche crescendo. In realtà io da piccola ero molto, molto sicura di me, non mi interessava il giudizio altrui e facevo di testa mia. Crescendo, con l’adolescenza e i primi problemi e le prime insicurezze, ho iniziato a chiudermi. Ma lavorando su se stessi si trova la propria strada e le risposte, perché alla fine sappiamo perfettamente cosa sia giusto per noi, bisogna solo trovare il coraggio di ammetterlo.
Non mi piace fare domande troppo private, ma sicuramente qualcosa nella tua vita è cambiato tra la pubblicazione di “7 PM” e “Addiction”. Permettimi di sdrammatizzare ma in “7 PM” dai l’impressione di essere davvero sotto per qualcosa o qualcuno.
(ride), si una sottona! Ero proprio una sottona. Ho iniziato a scrivere “7 PM” che ero a Roma, e stavo per partire per Londra, infatti dice “it’s 7PM and I’m leaving”. Era il giorno prima e avevo un’ansia madornale, perché tutto stava per cambiare. A 21 anni prendi così, e vai. Ero spaventatissima e felicissima al tempo stesso.
Ho iniziato a scriverla a Roma, poi arrivo a Londra: continuo questa canzone e nel frattempo a Londra incontro una persona molto importante per me, che poi si è rivelata essere una relazione un po’ tossica. In realtà alla fine l’ho superata stando anche a Londra. Mi sono detta “Oh, sei nella città dei tuoi sogni e ti fai buttare giù da una persona? No!”.
E questa è la parte migliore del messaggio che puoi dare alle ragazze e ai ragazzi della tua età, secondo me. Nel momento in cui ti rendi conto di quanto certe persone ti sottraggano forze e possibilità.
Si, avere amore per se stessi e dire “senti, sai che c’è? Ma chi me lo fa fare”. Però ci devi passare, poi lo sai. E’ esperienza.
E artisticamente, invece, dove sta andando Alice?
Verso una parte più felice. Molto più aperta alla vita e giocosa, più voglia di ballare, stare in mezzo alle persone e fare festa insieme. “Addiction” infatti è anche questo; la produzione è molto diversa dai brani di prima.
E’ molto più..arancione pastello.
(ride) mi piace si.
Mentre 7PM era più purple.
Esatto. E’ vero. Invece ora dentro di me c’è bisogno di dire basta con la tristezza e la malinconia, per quanto io sia una persona molto malinconica. Fa parte di me. Ma mi sono detta che posso continuare a scrivere testi intimi, perché parlo di me e delle mie esperienze, ma con una produzione che ti fa venir voglia di ballare e scrollarti di dosso le emozioni negative, prendersi gioco di se stessi e scherzare su quello che ci capita. Ci sta.
Come è stato accolto “Addiction”?
Devo dire bene. Mi hanno scritto un sacco di persone, è stato figo. Poi sai, non hai mai tutti i feedback da tutti, ma le persone che l’hanno ascoltato l’hanno apprezzato. Per me è molto importante.
Sabato scorso, 18 dicembre, hai preso ad un evento live con tanta bella gente a Roma. È una data singola o lo dobbiamo considerare l’inizio di un tour?
Si, è stato bellissimo e tutti gli altri artisti sono persone straordinarie. Sicuramente è la prima di molte altre date. Con il nuovo anno si spera arrivino tante belle novità.
La rivista si chiama MusicAttitude; qual è la tua attitude?
Ultimamente vivere il momento, divertirmi. Cosa che non ho fatto per molto tempo e ora sto ricominciando a fare. Anche nella musica, è tutto in simmetria: sto facendo brani dance e ho voglia di ballare tutti insieme. Vivere il momento e divertirmi.
E come diceva un mio amico: se la vita ti volta le spalle tu toccagli il culo.
Esatto. Mi piace. Mi sa che potrei anche usarla in una canzone.
CREDITI
Eseguito da: Alice Robber
Autori: Alice Pistoia, Leila Bahlouri, Federico Leo
Prodotto da: CORRENTE
Mix: Jesse Germano/ Jedi Sound, Roma
Mastering: Giovanni Versari
Foto: Kimberly Ross
SOCIAL
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