Interviste

Not Good, il nuovo talento dell’hip hop italiano fa come gli pare

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Not Good, all’anagrafe Jari Melia, è stato dipinto come il nuovo talento dell’hip hop italiano e fa parte di Hateful, “palestra di talenti” di Emis Killa e del produttore Zanna. “Come ti pare”, il suo singolo uscito il 17 dicembre, è uno sfogo e, probabilmente, anche un modo per mettere insieme i pezzi di quello che si prova. Il pezzo è uscito a pochi mesi di distanza da “Erba nei jeans” ed è accompagnato da una chitarra che serve a dare ritmo a un pezzo cupo e disilluso.

Hai fatto uscire il tuo singolo venerdì 17. Non è che porta sfiga?
Uscire di venerdi 17 è un arduo compito ma qualcuno deve pur farlo.

Prima di entrare nel vivo del pezzo: sei parte di Hateful, gestione Emis Killa. Come è successo, e cosa significa per te?
È successo nel modo più genuino possibile. Coltivo questa passione del rap da anni, verso la fine del 2018 circa Emiliano e Zanna hanno notato un mio video su YouTube. Abbiamo iniziato a pianificare un po’ il mio percorso nel 2019 e da subito ho capito che sposavamo tutti e tre lo stesso approccio al lavoro, io non sono uno frettoloso, mi piace lavorare e godermi i risultati e così ho potuto prendermi il mio tempo per beneficiare dei consigli di entrambi.

Come ti pare” è stato definito come il tuo modo per esprimere il caos, e la rabbia, che hai dentro. Quando hai capito che potevi tradurre in parole quello che provavi?
Ah perché posso tradurre in parole quello che provo?

Ti chiami Not Good. Mi viene in mente un pezzo dei Bloc party che si chiama “We’re not good people”, e dice “non siamo brava gente, e questo è un avvertimento”. Il tuo nome è un avvertimento, una sfida? Che vuol dire per te?
Diciamo che mi serviva un nome per esprimere quello che vivevo, la società in cui facevo musica e più in generale le emozioni che provo, “Not Good” mi sembra molto azzeccato.
Alla fine, senza voler essere catastrofisti, ma se ti guardi intorno al giorno d’oggi è tutto molto “Not good” quindi perché no?

So che fai rap da quando eri un ragazzino, a 15 anni: di cosa parlavi allora, nei tuoi pezzi, ed è cambiato col tempo? Ti senti ancora collegato al te stesso ragazzino, al Muretto?
Ne ho 24 adesso, sono ancora un ragazzino! In generale nei miei testi c’è sempre stata una verve abbastanza intima quindi ho sempre parlato delle mie emozioni, di quello che vivevo, viene da se che quello che vivi a 15 anni e come lo vivi non è la stessa cosa di quando ne hai 24 piuttosto che 30. Il muretto resta un ricordo indelebile della mia vita, sarò sempre collegato a quell’attitudine.

Domanda tecnica: hai in programma qualche live? Potremo vederti dal vivo a breve (se tutto va bene con le restrizioni, il Covid, eccetera)?
Non mentirò, non mi sono ancora posto il problema francamente, vorrei avere più materiale prima.

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