Interviste

Karakaz – il punk al tempo di X Factor, nichilismo con un pizzico di speranza

Published

on

Karakaz, così crudele e amaro, è figlio di nessuno, un’anima vagante abbandonata. Così viene descritto il progetto di Michele Corvino, il giovane frontman, nonchè mente, anima e allucinazioni alla base del progetto più atipico presentatosi all’ultima edizione di X Factor.

Karakaz è un punk moderno, diverso da quello delle origini e per questo credibile e cucito addosso al suo ideatore. Distorsioni, contorsioni, contusioni, monotonia, cemento, amore, un mix unico che ha scovolto il palinsesto di una trasmissione in continuo rinnovamento, necessario per non soccombere.

Michele Corvino non ha vinto con la sua band ma di sicuro è arrivato fin dove nemmeno lui immaginava, e questo è già un risultato non da poco. Ora è pronto anche per i live, 3 per il momento quelli annunciati. A dare il via al tour, il concerto del 7 aprile alla Santeria Toscana 31 di Milano, proseguendo poi al Monk di Roma il 9 aprile e concludendo infine con lo show londinese al Signature Brew del 13 aprile. I biglietti per le due date italiane saranno disponibili sui circuiti Ticketmaster e Ticketone, mentre quelli per la data di Londra su Gotobeat

L’annuncio del tour del progetto fondato dal poliedrico Michele Corvino e affiancato da Luigi Pianezzola (synth e basso), Massimo De Liberi (Chitarre) e Sebastiano Cavagna (Batteria) arriva in seguito al successo dell’inedito Useless, che anticipa le pubblicazioni in arrivo nel 2022. 

Ciao Michele, innanzitutto come va? È stato traumatico ritornare alla vita vera dopo la trasmissione?
Direi che va tutto bene, ci siamo riambientati subito, tutto sommato. Per noi, in realtà, era più shockante partecipare che uscire, quindi siamo rimasti sempre con i piedi per terra, e ogni puntata in più per noi andava già bene.

Si può dire che ormai sia la X Factor come trasmissione, che il suo pubblico siano notevolmente evoluti. Il concetto di trasmissione mainstream non preclude più la partecipazione di rappresentanti di generi più di nicchia.
Assolutamente d’accordo con te. Prima forse la partecipazione a questo tipo di programmi veniva anche vista male per chi faceva il mio genere di musica. Io penso che si debbano sfruttare tutti i canali e i mezzi che si hanno a disposizione nella vita e se ti arriva un’occasione così importante e così grande sarebbe da stupidi non approfittarne. Non ho mai pensato di rifiutarlo, avevo qualche perplessità all’inizio perché giustamente quando non conosci un ambiente cosi vasto come quello della televisione, credo sia lecito farsi delle domande. Alla fine tutto è andato meglio di come pensassi e posso affermare con certezza che è stata un’esperienza per lo più positiva.

Il progetto Karakaz è totalmente una tua idea, ho letto dalle tue note biografiche. Personalmente ti faccio i miei complimenti, perché lo trovo molto complesso, sia dal punto di vista musicale che concettuale. I testi sono ermetici e non banali e tu sei davvero credibile in quello che fai e dici e non è una cosa da poco, considerando il genere musicale e la tua età.
Beh intanto ti ringrazio tanto per i complimenti che sono bellissimi, ti ringrazio davvero. Immagino che sicuramente non posso essere io a dirti se sono complesso o meno rispetto ai miei testi, dato che esprimono che sento. Non riesco a parlare di me in questo senso o a spiegare quello che faccio come se fosse studiato. Preferisco che siano gli altri a vederci quello che vogliono in base anche alla loro interpretazione. In fondo anche se le parole che uso possono avere un significato oggettivo per me, arrivano in maniera del tutto soggettiva a chi le ascolta. Quello che mi interessa sempre è che le persone che mi ascoltano si rivedano nei suoni e nelle parole perché alla fine scrivo quello che vivo anche se magari non si capisce a cosa mi riferisco o addirittura non si capisce quello che scrivo. Ti do sicuramente ragione sul fatto che sono molto ermetico, però è il mio sogno da bambino fare musica, ho sempre fatto musica nella vita. È stato il mio cardine principale ed è ancora oggi il mio unico appiglio alla vita, quindi ci metto tutto quello che ho dentro a prescindere se piaccia o meno. A me interessa relativamente o per lo meno non è il motivo per cui faccio musica.

Personalmente ho sempre riscontrato due macrogruppi di artisti: chi fa arte principalemte per liberarsi e chi per trasmettere un messaggio. Tu in quale ti ci rivedi di più?
Se proprio mi dovessi inquadrare, credo che mi metterei di più nel secondo, fermo restando che sicuramente le due cose spesso si muovono di pari passo. Poi ovvio che bisogno considerare anche che esistono anche quelli che lo fanno solo per soldi e categorie affini. Io spero sempre di poter trasmettere qualcosa con quello che creo.

Il genere di musica che fai con i Karakaz, quando nacque, era connotato da un forte senso di rottura e di autodistruzione. Però, anche quello che mi hai detto poco fa, mi sembra che sia tendenzialmente un approccio positivo e meno nichilista.
Si, in effetti molti rappresentati di questo genere di rock hanno dimostrato una spiccata tendenza all’autodistruzione. Adesso le cose e il mondo sono cambiati, certo l’autoannientamento c’è ancora nelle nuove generazioni, anche perché credo che, mettendomici dentro con i miei coetanei, le ultime generazioni siano tra le più tristi della storia, obiettivamente non perché vogliamo essere tristi ma semplicemente perché il mondo in cui viviamo e in cui siamo nati, in cui stiamo crescendo non è un mondo colorato. È abbastanza grigio. Per fortuna, però, ci sono delle persone che riescono ancora a vedere alcuni colori e cercano di trasmetterli a qualcuno. L’importante è che nella nostra evoluzione ci siano tanti artisti che provino a far vivere delle emozioni nuove e non facciano dimenticare che alla fine la vita esiste a prescindere da quanto tu possa odiarla ed essere triste. Devi solo imparare un po’ ad amarla.

Il tuo percorso nell’arte, ho letto, non parte subito con la musica. O per lo meno la musica non è stata il tuo unico esperimento artistico.
Si, è vero. Ho iniziato a dipingere quando ero piccolino. Ho fatto anche scuola d’arte quando ero piccolo, sculture e tutto ciò che mi capitava di fare. Ho fatto anche fashion design per un anno. Insomma l’arte mi interessa in tutte le sue forme quindi cerco di esplorarla il più possibile. La musica, però, è rimasta sempre tutti i giorni della mia vita a prescindere dalle altre cose che facevo.

Ti è mai successo, in questi anni, di rinnegarla?
Si! l’ho rinnegata 3 anni e mezzo fa. Mi sono detto “adesso basta” perché i miei, per quanto mi abbiano sempre aiutato e supportato in tutto e siano stati loro ad iscrivermi a lezione di batteria, dicevano giustamente che dovevo prendere un po’ in mano la mia vita e non vivere di tutti questi sogni da bambino. Ho cercato, quindi, di studiare altre cose e provare altre strade. Alla fine, però, rimaneva sempre quello il mio pallino; adesso sto facendo quello che amo e spero di farlo per più tempo possibile.

Quando sei entrato a Xfactor ti eri detto o la va o la spacca? O la va e poi vediamo?
No in realtà era “ok adesso inizio qualcosa di nuovo”. In quel momento avevo già deciso che avrei vissuto di musica, o meglio avevo capito che la musica doveva continuare a far parte della mia vita a qualsiasi costo. Poi se vivrò di questo o meno lo deciderà la vita di volta in volta.

Come hai deciso che gli altri membri della band fossero quelli giusti per i Karakaz?
È stato un po’ casuale all’inizio perché il chitarrista, Massimo, lo conosco da 2 anni e mezzo ed è stata la prima persona con cui ho suonato quando sono arrivato a Milano. Poi c’è Gigi che suona tutto, è un genietto e ha un modo di approcciarsi alla vita che è anche molto simile al mio e mi piace veramente tanto. Infine c’è Sebastiano che non è un batterista ma una macchina da guerra, sono veramente 3 persone straordinarie a mio parere, sono diventati miei grandi amici, siamo una famiglia e io attualmente non mi vedrei a suonare con nessun altro se non con loro.

Non me l’aspettavo. Dall’intesa che avete dimostrato in trasmissione, davate l’idea di conoscervi da una vita.
Invece è davvero molto poco, saranno 3-4 mesi. E tra l’altro non avevamo mai suonato Useless prima della trasmissione. Io non l’avevo neanche mai suonata live; è una storia assurda e quando ne parlo mi fa sorridere.

Quest’anno molti dei concorrenti della fase finale di X Factor sono già a lavoro con album e tour. Devo dire che è stata un’ottima annata.
Beh si forse anche perché gli artisti che hanno partecipato quest’anno sono artisti che magari hanno già un team dietro che crede in loro, e non soltanto ragazzi che non sapevano cosa fare. A volte è successo che vincesse della gente che fosse poi del tutto inesperta e impreparata ad affrontare tutto il dopo senza un team alla base e senza alcuna preparazione nella gestione di tutte le varie situazioni. Neanche io lo so bene ancora, io faccio musica poi il resto lo lascio agli altri. Quest’anno, però, credo che ci fossero persone più consapevoli di quello che stavano facendo.

Tra l’altro voi avete già annunciato tre date di cui una estera, a Londra. Com’è nata questa data?
È un piccolo locale londinese, non stiamo parlando di grandezze esorbitanti. È piccolino però è anche un locale abbastanza leggendario dove suonano solo quelli che piacciono ai proprietari. È stata una cosa figa arrivare li perché da piccolino ho sempre sognato di poter suonare a Londra.

Il genere che fai è decisamente londinese.
Si c’è molta influenza della Londra degli anni 70/80. È la musica che ho ascoltato nella mia vita, quindi arrivare li dall’Abruzzo, da una piccola cittadina passando per Milano senza nulla nel mezzo è un bel passo, sono veramente contento.

Nei mesi che vi hanno visto affrontare tutto il processo della vostra selezione a X Factor, si è assistito all’ascesa planetaria degli ex concorrenti più celebri di sempre, i Måneskin. Pensi che la cosa possa aver influenzato la vostra partecipazione o, comunque essendo voi una band, possa aver creato delle aspettative più alte rispetto a cosa può succedere nel prossimo futuro?
Mmm… ho capito cosa vuoi dire. Sicuramente non ha influenzato la mia partecipazione. Obiettivamente i Måneskin attualmente sono sotto gli occhi di tutti quanti, non si può non conoscere quello che è successo, però obiettivamente non credo che abbiano influenzato molto il mio modo di vedere le cose fuori dopo il programma, o magari l’hanno fatto ma non me ne accorgo.

Hai detto che ti sarebbe sempre piaciuto suonare a Londra e lo farai, ma c’è una location che è nei tuoi sogni?
Ti dirò un locale che mi viene in mente in questo momento e che è un sogno un po’ strano, però è un sogno che ho tanto tempo: suonare al Bataclan, è un teatro che mi ha sempre affascinato tantissimo per il modo in cui è costruito e per la sua storia nel mondo della musica, ovviamente non per la brutta storia legata agli attentati.

Immagino che stai già lavorando ad un album.
Si sto scrivendo tantissimo, soprattutto in italiano e mi sta piacendo molto.

La nostra rivista si chiama MusicAttitude, quale pensi sia la tua music attitude?
Oddio bella domanda… vivi? in generale vivi quello che puoi vivere che tanto moriamo tutti.

Questo è decisamente molto punk!
Esatto!

KARAKAZ – TOUR 2022 

7 APRILE 2022 – SANTERIA TOSCANA 31 – MILANO 
Ticket: €16 + ddp 

9 APRILE 2022 – MONK – ROMA 
Ticket: €16 + ddp 

13 APRILE 2022 – SIGNATURE BREW – LONDRA 
Ticket: £10 + ddp 

Biglietti acquistabili qui:
 https://karakaz.tix.to/livetour

Info su www.bpmconcerti.com e www.tridentmusic.it 

Exit mobile version