Interviste
Folcast, l’equilibrio tra l’imprevedibilità e il razionale in un’anima black
“Tempestivamente” è il nuovo album di Folcast, prodotto da Tommaso Colliva, dopo un anno ricco di successi per l’artista romano, dopo il podio tra le Nuove Proposte del Festival di Sanremo 2021 il talentuoso cantautore ha collaborato con Roy Paci e i Selton, si è esibito su palchi importanti come quello del Concerto del Primo Maggio di Roma, è stato opening act di alcuni concerti di Daniele Silvestri, Max Gazzè e Carmen Consoli e si è esibito all’interno dei più importanti festival italiani per oltre 20 date estive.
Classe’92, diplomato al conservatorio e nato in una famiglia di musicisti, Folcast, al secolo Daniele Folcarelli, fonda il suo progetto artistico nel 2015 sulle basi dell’energia e del groove, creando una miscela tra vari generi: funk, R&B, soul, blues, pop e rock, con accenni al rap. “Scopriti”, il brano che Folcast ha portato sul palco dell’Ariston, è scritto e composto da lui stesso, collaborando con un pilastro come Tommaso Colliva. Il brano sanremese supera i 2 milioni e mezzo di ascolti su tutte le piattaforme digitali e vince il Premio SIAE Roma Videclip – Categorie Nuove Proposte Sanremo 2021.
Il suo nuovo singolo “COSA CI FACCIO QUI” feat. Davide Shorty è in rotazione in radio, un brano all’altezza delle aspettative dei due artisti e che rende perfettamente l’idea di quello che troveremo nell’album.
Partiamo dal titolo dell’album “Tempestivamente”, l’ho ascoltato e riascoltato e ho notato che il tema del tempo è decisamente ricorrente: il recuperare il tempo perduto, il tempo che non aspetta tempo etc. Quanto è importante per te il tempo?
Tutto gira intorno al tempo e io cerco sempre di capire come funziona. Non è che Daniele Folcarelli riesce a capire qualcosa di più e a spiegarlo, ci sono fior fior di scienziati o anche, più semplicemente, di registi con le loro serie tv e film o gli scrittori stessi che hanno provato a comprendere le più diverse possibilità o quante altre varianti ci possono essere. Io affronto il tempismo con cui vengono fatte determinate cose, o come io mi pongo verso determinate cose o con il tempismo con cui ho a che fare. Anche l’angolazione è un’azione e una scelta più o meno consapevole. Detto ciò, in “tempestivamente” che è anche il brano che da il titolo all’album, non è che vado a riassumere tutto, però, il succo è che per quanto possiamo stare scervellarci nella ricerca del momento giusto, il momento giusto è adesso. Quindi conviene agire adesso.
Era il momento giusto o è capitato all’improvviso Sanremo l’anno scorso?
Il momento era assolutamente giusto, non esiste un momento sbagliato per fare Sanremo o, comunque, una cosa così fica. Per me è stato molto importante ma anche improvviso, quindi c’è stato anche questo fattore. A me piacciono le cose che capitano all’improvviso perché mi spiazzano e gioco molto con l’imprevedibilità di come, poi, possano cambiare le cose. Sanremo non era programmata e quando è arrivato l’ho accolto con tutta la positività del mondo.
Ho letto che nulla di questo album è stato studiato a tavolino, questa imprevedibilità è dentro di te?
Si, credo di si anche se sono un tipo abbastanza razionale nelle cose, ci penso molto e mi perdo un sacco nei pensieri e questo fa si che riesca anche a scrivere e a concepire e a creare cose che non ci sono, come delle canzoni. Mi piace, però, quando cambiano i programmi all’ultimo, mi piace arrivare all’ultimo. Non mi piace fare tardi ma arrivare all’ultimo, però puntuale. Odio le attese troppo lunghe, specialmente, quando si tratta di qualcosa che mi riguarda direttamente. Quindi, direi, che l’imprevedibilità fa parte di me, mi piace cambiare i piani ma mi ritengo una persona abbastanza equilibrata. Tutto quello che c’è nel disco non è stato scritto a tavolino, senza un secondo fine, ma un’urgenza di scrivere di determinate situazioni o di determinate tematiche.Oltretutto hai partecipato ad un’edizione sanremese che rimarrà nella storia causa pandemia. Tutta la musica live ha iniziato a fermarsi e tutti sappiamo quale è la situazione attuale. Questo disco è figlio di questa pandemia o sei riuscito a liberarti da questo fardello compositivo?Il fardello della pandemia ce lo stiamo ancora portando dietro, ci siamo ancora dentro. Come dici tu, gli spazi live ne stanno risentendo molto, alcuni di questi non esistono più e non riapriranno. Credo sia importante continuare a seguire le campagne che sensibilizzano chi di dovere sull’argomento. Faccio riferimento a “La Musica Che Gira” e a “Bauli In Piazza”. Quindi sicuramente l’ho sentita ma è anche vero che stavo lavorando a questi prima di Sanremo con Tommaso, poi c’è stata la parentesi più che piacevole di Sanremo che ci ha portato a concentrarci su “Scopriti”, le canzoni, però erano quelle e poi ne abbiamo aggiunte altre. È un disco figlio della pandemia ma lo avrei comunque concepito.
Come nasce la collaborazione con Tommaso Colliva?
Sono entrato in contatto con lui grazie a Davide D’Aquino, il mio manager, e la collaborazione nasce principalmente in studio. Abbiamo contattato Tommaso e lui si è dimostrato disponibile, era fine febbraio ed era il periodo dove si iniziava a parlare in modo grave della pandemia. Sono andato a Milano, in treno con la mia chitarra, sono arrivato in studio e gli ho fatto ascoltare le mie canzoni, alcune sono presenti nell’album, Tommaso è rimasto piacevolmente colpito e ha deciso di collaborare con me e le cose sono andate molto bene. Siamo felici tutti e due di questa collaborazione, lui mi da tanto, ogni volta che vado in studio da lui imparo qualcosa. Mi nutro della sua curiosità verso l’intero mondo musicale dalla tecnologia, agli strumenti allo studio. Anche lui sperimenta ogni volta cose nuove e con lui il rapporto va benissimo e sono molto contento di come stanno le cose. È una grande possibilità poter lavorare con lui.
In questo disco ci sono diverse collaborazioni: Roy Paci, Davide Shorty, Rodrigo D’Erasmo. Eravate già a mici o lo siete diventati collaborando musicalmente?
Ora siamo assolutamente amici. Il tutto è nato attraverso la musica, l’amicizia che adesso ci lega è nata grazie al rapporto musicale e all’amore che noi abbiamo per la musica. Il punto è che, almeno credo, ti leghi con persone con le quali hai qualcosa in comune. Fare musica non vuol dire per forza avere qualcosa in comune con tutti quelli che fanno musica ma vuol dire avere punti d’incontro per tematiche, stile e gusti. IO stimavo questi artisti già da prima di lavorare con loro e di conoscerli di persona. Il nostro incontro è stata la conferma di quello che mi arrivava grazie alla loro musica e questo mi ha fatto molto, molto piacere. Questo vuol dire che spesso, quello che si produce e si tira fuori in musica, corrisponde al valore della persona stessa. È questo può essere solo positivo. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa, sono diversi tra loro ma tutti sono molto coraggiosi in quello che fanno, sono molto particolari in quel che fanno ma riescono sempre a far arrivare i loro messaggi.
Nella tua musica c’è un bellissimo melange di stili musicali: il funky, il R&B, il soul, il blues etc. Ti hanno definito indie ma mi è parso di leggere che questa collocazione non la ami molto giusto?
Non nasco molto vicino a quell’ambiente, non mi fa impazzire. Più che musicalmente è proprio nell’immaginario che non mi ci trovo anche se alcune volte è stato piacevole nell’ascolto.
Non trovi che nell’ultimo periodo, in Italia, tutto ciò che è cantautorato anche figo viene etichettato come indie quando è lontano anni luce da quel genere sia musicalmente che come significato originario?
Di indie ho il fatto che tutto quello che facciamo è totalmente indipendente, non siamo legati a nulla di veramente grande. Ho iniziato da indipendente, facevo questo e questo avrei fatto a prescindere se fossi arrivato o meno. Io sono indipendente in quel senso ma non ho mai cercato di fare della musica indie.
Io ci sento della black, del soul…
A me piace quel genere, io, e spesso con Davide con il quale ne parlo spesso, faccio riferimento a quel mondo. Ascolto assolutamente di tutto ma ascolto, sicuramente, tutto ciò che viene dalla black music e dal funk. Facevo anche grunge e garage ma ho tratto beneficio da un gruppo funk e rap nel quale suonavo la chitarra. Faccio sempre riferimento a quel mondo li. Solo che adesso con indie, come tu dici, racchiudi un po’ tutto. Ci sono artisti indie che, secondo me, fanno rap, però toccano tematiche e lo fanno in un modo e in un immaginario che è indie per chi va a definire questo. Etichettare non è mai facile.
Parlavamo di scuola romana, ma quanta Roma c’è nella tua musica?
C’è tanta black music però c’è anche tanta Roma cercando di far convivere questi due aspetti.
Che poi dipende è una Roma giallo/ o bianca/azzurra? [ride]
In questo senso, sono abbastanza esposto e sono anche triste e arrabbiato per come è andata l’ultima partita. Decisamente giallo/rossa. È la Roma.
Meno male altrimenti addio intervista se fossi stato bianco/azzurro
No, no non potrei mai assolutamente. Giallo /Rosso e il calcio è l’unico sport che seguo davvero e che mi piace molto, forse perché ci ho giocato e tutt’ora mi faccio qualche partita di calcetto. Tornando alla musica, di Roma ce n’è tanta e forse c’è anche un po’ del romanista, quella consapevolezza di sapere che non c’è niente da fare e che siamo destinati ad essere dei cazzo di perdenti. Ogni tanto c’è anche quella visione nella mia musica, non voglio fare il super eroe, il messaggio è sempre più che positivo. Io nutro moltissima speranza. Ogni tanto, però, mi butto giù, mi lascio prendere da questa cosa che ni dice che non sono capace, di lasciar stare, di non fare nulla. Tipo una sindrome che mi prende. In realtà faccio comunque, perché, come dicevamo prima, il momento è adesso. Non dobbiamo piangerci troppo addosso. Roma non puoi non metterla nella musica, non puoi non respirarla, non puoi non guardarla, a prescindere dal fatto che vivo un pochino fuori dalla città.
Cosa vuol dire per te creare musica?
Dare sfogo e liberarmi. Molto spesso è proprio uno sfogo. Che sia felice, arrabbiato o triste c’è sempre una cosa da sfogare. Con la musica ho la mia valvola di sfogo.
E questa valvola di sfogo la portiamo anche live, covid permettendo?
Ad aprile parte il mio tour che toccherà diversi club. Per ora le date sono confermate.
Da aprile 2022, Folcast presenterà il nuovo disco dal vivo con il “Live Club Tour” nei principali club italiani. Queste le prime date:
01 aprile, Smav – SANTA MARIA A VICO (CE)
02 aprile, Mercato Nuovo – TARANTO
14 aprile, Locomotiv – BOLOGNA
15 aprile, New Age – RONCADE (TV)
16 aprile, Spazio 211 – TORINO
27 aprile, Magnolia – MILANO
28 aprile, Dejavu – SANT’EGIDIO DELLA VIBRATA (TE)
29 aprile, Largo Venue – ROMA
30 aprile, Sala Vanni – FIRENZE
Il tour è prodotto e organizzato da OTR. Le prevendite sono disponibili su www.ticketone.it.