Interviste

Kabo, l’amore e la violenza nel mondo provinciale di Coleotteri

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Il rapper milanese Kabo inaugura il suo 2022 con il nuovo singolo Coleotteri. Distribuito da Stage One Music e con la firma del producer romano DJ Fastcut, il brano è una grottesca ballata di amore e di violenza nel microverso della provincia lombarda; il tutto immerso in un’atmosfera musicale che prende le parti migliori dell’old school nostrano e le mischia a diverse e ben definite influenze estere, creando una scenografia perfetta dove vediamo i due protagonisti muoversi nel mondo statico e demoralizzato della provincia.

Ispirato a fatti realmente accaduti, il primo singolo dell’anno di Kabo è crudo, vero, tragico e profondo. Ci mostra un mondo senza salvezza, dove l’atto più puro che è l’amore convive e spesso risulta in violenza (in questo caso l’eroina), ma soprattutto evidenzia il pericoloso dualismo della vita fuori città, dalla calma alla morte, nel bene e nel male.

Un pezzo di livello e di una profondità ipnotica, difficilmente non colpisce quando ascoltato. Consigliato, in attesa del disco!

È uscito il tuo primo brano del 2022, Coleotteri. Un pezzo profondo ed impattante, uno story telling crudamente reale. Cosa racconta questa storia? Chi sono i personaggi?
Vi ringrazio per aver ascoltato, capito ed apprezzato il brano. Questa storia racconta la faccia cruda, statica e mortalmente noiosa, della provincia in cui vivo da sempre. Si tratta di una coppia di ragazzi legati tra loro da un doppio filo, quello dell’amore e quello della violenza (rappresentata dall’eroina). Il brano (d’ispirazione un po’ “Baustelliana” come tematica e immagini) racconta la potenza distruttiva di un amore tossico e la ricerca sfrenata di una libertà che passa attraverso morte e rinascita. Ci tengo a sottolineare che tutto ciò che scrivo è tratto da situazioni assolutamente reali.

Il testo parla di provincia e della vita al suo interno. Qual è il tuo rapporto con la quotidianità provinciale? Che ruolo assume nella tua musica?
Posso rispondere con una autocitazione o risulterei troppo presuntuoso? <<La provincia ha la forma della mia ombra e qui si muore dentro, ci traghetteranno verso l’altra sponda>>. È un verso contenuto in un pezzo che uscirà prossimamente, ma credo racchiuda molto bene ciò che penso di casa mia. Io ho un rapporto tutto sommato buono con il posto in cui vivo. Lo sento dentro da sempre, con la morte e la vita che si porta dietro. La provincia è da sempre una pericolosa arma a doppio taglio. Ha grandi spazi aperti, dove puoi perderti molto facilmente ma dove puoi anche prendere grandi boccate d’aria fresca. Ha il privilegio della calma e del silenzio, all’interno dei quali puoi soffocare da solo nella noia e nelle dipendenze, ma dove puoi anche ascoltarti profondamente e ritrovare te stesso. Il luogo in cui vivo e sono cresciuto, la provincia ad ovest di Milano, riveste un ruolo scenografico in relazione a quello che scrivo e produco. È onnipresente, anche quando non se ne parla in maniera dichiarata, è un marchio di fabbrica.

Il beat è quasi vintage, al limite del lo-fi, etereo, ed è affidato alla produzione di DJ Fastcut. Come vi siete conosciuti? Lavorerete di nuovo insieme in futuro?
Siamo venuti in contatto per la prima volta nel 2018, quando scrissi “Metropolitana Blu” su una sua produzione messa a disposizione di tutti. Pochi mesi fa io lo ricontattai per chiedergli se ci fosse la possibilità di distribuire quel vecchio brano sui digital stores, ma convenimmo assieme che sarebbe stato più interessante e costruttivo creare qualcosa di nuovo, da qui l’origine di “Coleotteri”. Attualmente con lui non ho progetti in cantiere, ma mi auguro di poter lavorare nuovamente insieme, è sempre un grande piacere.

Il tuo modo di rappare è molto caratteristico contestualizzato negli anni venti del 2000, anche questo come il beat è per certi versi (e lo dico nel modo più positivo possibile) “vintage”. Quali sono state le tue fonti d’ispirazione più grandi durante la tua produzione?
Ho sempre avuto un modo di interpretare il rap, molto eclettico e variegato. Mi piace spaziare dal rap old school, a groove più moderni e sofisticati che richiedono un approccio lirico/tecnico/melodico molto diverso e sicuramente più attuale. Riascoltando la mia produzione artistica degli ultimi 10 anni, mi rendo conto che si possono trovare molti stili differenti e distanti tra loro. Dalla ballata italiana anni ’60, alle soglie della trap moderna, passando dal rap di NY (come “Coleotteri”), arrivando fino ai groove più morbidi tipici della West. Questa varietà, da sempre croce e delizia della mia produzione, deriva dal fatto che sono cresciuto influenzato da molti mondi musicali distanti tra loro. Il rap italiano degli anni ’90 e ‘00, il cantautorato classico italiano e straniero, il raggae, lo ska, il rock degli anni ‘60/’70. Mi piacciono tante cose e tutte mi divertono da matti, potenzialmente vorrei fare tutto (avendone le capacità). La musica è sperimentazione continua, è rischio. Se hai paura di sbagliare non puoi permetterti di avere una crescita personale e quindi di raggiungere nuovi orizzonti di comunicazione. Devi provarci e rischiare di fallire, funziona come nella vita. Anzi, è la vita.

 Tra 2020 e 2021 sei stato tutto sommato parecchio produttivo: un EP, quattro singoli, senza contare le diverse collaborazioni. Come hai vissuto artisticamente il periodo di lockdown di questi due anni?
Ho vissuto questo periodo leggendo molto, guardando molti film e strimpellando la chitarra. Ho l’abitudine di prendere la penna in mano solo successivamente ad un periodo “buio”, non riesco a scrivere mentre sto male. Ho la necessità di superare quel momento, metabolizzarlo, digerirlo, farlo mio e, una volta riacquistato l’equilibrio, buttarlo finalmente su carta.

Stai già lavorando al disco di debutto? Dovremo aspettarci qualche sorpresa a riguardo quest’anno?
Io e Davide (alone.nowhere) stiamo lavorando ai brani che ci porteranno ad avere un lavoro discografico finito entro Giugno 2022. Quindi sì, direi che ci si può decisamente aspettare qualche sorpresa nell’arco di quest’anno. Mi auguro caldamente che si riescano a suonare i pezzi nuovi, non solo a produrli. Si stanno lentamente liberando di noi creativi.

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Crediti foto: Stefania Carbonara
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