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Interviste

Isola Azzurra, Paolo Meola e Francesco Torre ci portano nel loro mondo

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Isola Azzurra nasce nel 2013 tra Londra e San Francisco, un incontro quasi casuale che arriva a  concretizzarsi in un rapporto professionale e d’amicizia. Isola Azzurra ci racconta da dove nasce il proprio sound e il percorso evolutivo che ha portato alla realizzazione del primo album.
Paolo Meola e Francesco Torre ci portano nel loro mondo, fatto di synthwave, emozioni malinconiche e scrittura intima che racconta uno stato d’animo di certo “blue”, ma rivolto al futuro e al mondo digitale.

Il vostro progetto sembra racchiudere una serie di concetti apparentemente in contrasto tra loro. Mi sembra di capire che abbiate un passato importante di ascolti su supporti ormai considerati fuori tempo massimo, ma allo stesso tempo avete deciso di uscire solo in formato digitale. Parlate di mancanza d’amore, ma nel contempo è proprio l’amore in tutte le sue sfaccettature il fil rouge del disco. Quanto vi rappresentano umanamente queste canzoni? Ci siete dentro al cento per cento o siete dei semplici cantori che raccontano ciò che vedono?
La contraddizione c’è sicuramente, a partire dal nome del progetto Isola Azzurra: un nome positivo e solare affiancato a brani malinconici rappresentati da visual in dark mood. In quest’ottica non è strano scrivere musica del passato distribuendo solo in digitale o parlare di amore attraverso il non-amore.
Questa contraddizione fa certamente parte di noi: i brani dell’album sono una risposta energica e vitale alle blue vibes che sentiamo dentro. Le storie che raccontiamo possono essere storie che abbiamo vissuto o rappresentazioni di emozioni che abbiamo esperito o che abbiamo sentito dagli altri, ma crediamo che siano emozioni universali di ieri e di oggi: l’incapacità del pesce palla di parlare alla stella marina di cui è innamorato è la stessa di cui parlava Catullo o prima ancora Saffo; il racconto di Skype riprende tutti gli amori a distanza – via VoIP nella nostra era, o epistolari nei secoli scorsi.

Avete mai avuto il timore che un progetto nato quasi dieci anni fa potesse risultare fuori tempo massimo oggi?
Sì, sicuramente il rischio c’era: fossimo usciti prima saremmo stati tra i primi a fare synthwave in Italia, mentre oggi è sicuramente un filone molto più sviluppato. La verità è però che non eravamo artisticamente e tecnicamente maturi e pronti per uscire pubblicamente su più larga scala rispetto ai primi esperimenti che abbiamo proposto. In Blue Vibes c’è la sintesi di questi anni di crescita e sviluppo del nostro gusto artistico. Oggi sentiamo di aver trovato il nostro sound e il nostro stile, o quantomeno di aver trovato la strada su cui vogliamo lavorare.
Inoltre, questo tempo di incubazione ci ha dato la fortuna di incontrare due professionisti e artisti come Marco Setti e Roberta Moretti, che hanno curato l’aspetto visuale del progetto: il loro apporto ha contribuito a sviluppare un’identità di Isola Azzurra a tuttotondo, che va oltre alla sfera musicale e prende vita in un universo visivo retro declinato nella pixel art: in questo universo non solo ci riconosciamo, ma troviamo nuove energie creative nello sviluppo del progetto.

Restando sul tema dell’attualità della vostra musica, pensate che la synthwave possa essere considerata una sorta di elisir di lunga vita per una canzone?
La synthwave sicuramente porta con sé sonorità che nella nostra memoria collettiva sono legate contemporaneeamente sia al passato (con la produzione musicale degli anni ’80) che al futuro (tutto il genere science-fiction futuristico, da Blade Runner a tutto il mondo cyberpunk).
Sicuramente scrivere un brano nell’ambito della synthwave/retrowave lo porta su un piano fuori dal tempo rispetto ad altri generi di oggi.

Avete citato Cher e i Rolling Stones parlando del concetto di post amore. Avete quindi anche un background classico al di là delle influenze legate in modo più palese alla vostra musica? Oppure ne parlate solo in termini di concetti espressi in Blue Vibes?
Sicuramente il nostro background di ascolto, e quindi quello da cui nasce la nostra produzione (e Blue Vibes nello specifico) ha uno spettro più ampio rispetto ai soli riferimenti retrowave moderni o alla new wave e al synth pop d’oltremanica. La scelta di muoverci su questo genere è stata la scelta di abbracciare lo stile che a nostro avviso meglio si prestava a passare questo mood, ma le influenze – come è naturale – arrivano da tutto quello che abbiamo ascoltato fin da giovani. Cher e i Rolling Stones, nei brani che abbiamo citato, esprimevano lo stesso mood, la stessa malinconia di fondo, per quanto su generi differenti: ma avremo potuto citare – per spostarci sul rock e il punk rock di quando eravamo adolescenti – I Miss You dei Blink182, 1979 degli Smashing Pumpkins, Glycerine dei Bush, Iris dei Goo Goo Dolls, Konstantine dei Something Corporate, Creep dei Radiohead. Sono sempre quelle stesse emozioni di malinconia e tristezza, quelle blue vibes che con Isola Azzurra abbiamo trasportato e rappresentato nella retrowave.

Si fa tanto parlare di NFT, ormai si vedono pubblicità e si leggono articoli un po’ ovunque. Per quanto riguarda la musica italiana, siete sicuramente tra i pionieri di un sistema che a breve cambierà il nostro modo di intendere la vendita di contenuti. Da chi di voi due è partita la fascinazione per l’argomento?
Avendo lavorato in ambiti affini, Paolo stava esplorando negli ultimi mesi il mondo smart contracts e NFT per cui, quando è arrivato il momento del lancio, questa integrazione ci è sembrata naturale. NFT però non va riferito solo alla vendita o alla distribuzione, ma proprio – e soprattutto – a una nuova dimensione per sviluppare il rapporto tra l’artista e il pubblico. Il modo in cui stiamo usando gli NFT non è solo per vendere o distribuire (che è un mestiere che lasciamo primariamente agli store digitali), ma per consentire al pubblico di “collezionare”.
NFT è una tecnologia per marcare univocamente un asset digitale, per cui il suo utilizzo va molto oltre la vendita: il modo in cui lo stiamo usando nel progetto Blue Vibes è duplice: da una parte diamo la possibilità di possedere la copia originale (il master NFT) – un pezzo unico, come se fosse la prima lacca del Vinile – dall’altra invece stiamo letteralmente regalando (i termini tecnici sono #nft #airdrop #givaway) copie marcate delle immagini prodotte per promuoere l’album.
È l’equivalente di regalare cartoline autografate o gadget ai fan che vanno a un concerto! Basta creare un wallet Metamask (https://metamask.io) e contattarci sui profili Facebook, Instagram o Twitter (@isolaazzurra820) per ricevere un nostro NFT gratuitamente dalla collezione su OpenSea: https://opensea.io/collection/blue-vibes . Perché escludere che tra 20 anni questi token non abbiano un buon valore tra i collezionisti? Tanto non costa nulla, è un giveaway!

In un’epoca storica come questa, in cui ogni settimana siamo bombardati da nuove uscite musicali senza soluzione di continuità, il rischio è quello di non riuscire ad emergere nel breve periodo, con il rischio di perdere entusiasmo e creatività. Come vi ponete nei confronti di tutto ciò?
Prima di tutto, scriviamo musica prima di tutto per trovare uno sfogo comunicativo alle nostre emozioni. A volte addirittura, ci accorgiamo di infilarci in situazioni ad alto rischio di farsi male, perché sappiamo che da quello può uscire musica… la spinta creativa per Isola Azzurra sono le emozioni che proviamo nella vita reale.
Ovviamente poi il riconoscimento di chi ascolta è di incentivo a proseguire e fare di più, e fare sempre meglio.
Ma come non ci siamo fermati in questi sette anni nel produrre Blue Vibes, non abbiamo bisogno di una folla che ci spinga per andare avanti in questo percorso. Come dice Dargen D’Amico, l’obiettivo è “Avere almeno un fan in Basilicata”, ma un paio tra Matera e Potenza dovremmo già averli!
Più che altro, per dare continuità al nostro lavoro, sarà necessario adeguarci a formati più brevi, EP da 3-5 brani, che è anche un approccio che risponde meglio al modo di fruire oggi la musica da parte degli ascoltatori, appunto bombardati da mille input!

La pandemia ha rappresentato una sorta di paradosso per la musica. Da una parte ne ha decretato la scomparsa dai luoghi pubblici e di aggregazione, ma allo stesso tempo ha permesso a migliaia di nuovi progetti di nascere e alle persone di continuare a sperare in un futuro diverso. Per voi ha rappresentato più un limite o un’opportunità?
Per noi è stata l’occasione di chiudere questa fase e cristallizzarla in un album. Senza la pandemia probabilmente non avremmo trovato il tempo e la spinta per tirare una riga e chiudere il progetto in un modo così articolato e completo. La stessa pandemia e la situazione di costrizione conseguente sono state sicuramente di ispirazione per alcuni brani, a partire dallo stesso Blue Vibes o da Non so perché.
La pandemia ha generato tanto dolore prima nei morti, e poi mettendo economicamente in ginocchio famiglie e generando nuovi poveri, in Italia e nel mondo. Proprio per questo, è importante che – per chi ha la fortuna di non essere in questa situazione – che diventi un’occasione di tirare una linea nelle nostre vite, decidere cosa vogliamo diventare e prendere in mano il nostro futuro. Per noi è stata l’opportunità per credere davvero in questo progetto, e siamo felici di averlo fatto.

Pandemia permettendo, avete pensato a come (e se) portare il vostro progetto on the road in futuro? Avete già parlato di un’ipotetica data zero?
Per la tipologia di progetto, è più facile che trovarci in qualche metaverso a organizzare un concerto virtuale, ma non vogliamo escluderlo a priori: la sfida sarebbe riuscire a riproporre anche il visual retrowave/vaporwave e la pixel art nel mondo reale. Fuori dal mondo reale, ci piacerebbe che Isola Azzurra diventasse la base un videogame (action o adventure), ma qui stiamo davvero fantasticando!

Attualmente state componendo nuova musica o vi state dedicando esclusivamente alla diffusione di Blue Vibes?
La diffusione di Blue Vibes ci sta ovviamente portando via un po’ di energie, ma stiamo già lavorando a nuovi brani. Rimarremo sempre sullo stile retrowave, ma con l’idea di rinnovarci e portare concetti musicali diversi da quelli che abbiamo portato avanti con questo album.

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