Interviste
Daiana Lou: “Siamo orientati verso nuovi orizzonti”
Il film originale Netflix 4 Metà, distribuito in 190 paesi, è da settimane tra i più visti al mondo della nota piattaforma digitale. La colonna sonora è stata composta dai Daiana Lou, che in questa lunga chiacchierata ci parlano tanto del loro percorso musicale passato, quanto delle nuove vie e delle evoluzioni che la loro musica è in procinto di prendere. Una visione a 360 gradi di un gruppo nato come duo, ma che oggi si trasforma in qualcosa di più grande, aggiungendo elementi alla propria line up, ma rimanendo fedele a se stesso e alla propria filosofia musicale.
Quanto la realizzazione della colonna sonora è considerabile come un’esperienza a sé rispetto al vostro percorso musicale?
La differenza principale è aver lavorato per la prima volta con immagini e storie di altri. Sicuramente ciò che abbiamo portato del nostro mondo nella colonna sonora è la tensione emotiva che cerchiamo sempre di mantenere in tutte le nostre composizioni, che siano ballate o canzoni più rock. Alessio Maria Federici ci ha contattati proprio per questo. Sapeva che gli avremmo consegnato una colonna sonora con una forte emotività, la stessa con cui lui voleva raccontare la storia di 4 Metà.
L’eterogeneità è un aspetto che caratterizza molto la vostra produzione: quale anima tra le varie sfumature è quella che sentite più vostra?
In genere siamo legati a tutta la nostra produzione. Quello che ci sentiamo di dire è che il lato alternative rock è quello più preminente al momento. Abbiamo iniziato a lavorare come band recentemente, allargando la formazione, e finalmente possiamo esprimere a 360 gradi un mondo sonoro alternative che ci rispecchia a tutti gli effetti.
Pensando a voi è impossibile non fare riferimento al busking: è qualcosa di cui sentite ancora il bisogno o le evoluzioni vi stanno spingendo verso nuovi orizzonti?
Al momento siamo orientati verso nuovi orizzonti, soprattutto perché siamo molto presi dall’ultimare al meglio la produzione del nuovo album a cui stiamo lavorando con Cesare Petricich. Il busking fa parte di noi e probabilmente non lo abbandoneremo mai, soprattutto perché ogni volta che abbiamo poggiato la custodia della chitarra in strada, ci sono successe cose meravigliose. Ci ha insegnato a sintetizzare ciò che abbiamo da dire con la musica e questo è stato determinante per la creazione sia della colonna sonora che del nuovo album.
Quanto considerate formativo il vostro vissuto da buskers e quanto consigliereste una strada come questa a chi vuole vivere facendo musica?
Oltre ad averci insegnato la sintesi per arrivare al cuore delle persone senza troppe sovrastrutture durante i live, il busking ci ha formati come esseri umani. Quando suoni in strada ti può succedere di tutto: risse tra senzatetto mentre suoni, gente ubriaca che ti infila la lingua in un orecchio (sì, è successo), weirdos che provano a rubarti i soldi, insomma di tutto! Oggi sappiamo come ovviare ad ogni imprevisto e sappiamo trovare sempre il modo di uscire da una situazione che a prima vista possa sembrare impossibile da risolvere. Consigliamo il busking a quei musicisti che hanno voglia di mettersi alla prova e a cui piace il contatto diretto con le persone. Non ci sentiamo di consigliarlo a tutti. Negli anni abbiamo incontrato musicisti talentuosissimi che dopo aver provato a fare busking la prima volta, ci hanno detto che non lo avrebbero fatto mai più.
Dove sta andando la musica e secondo voi qual è il modo per potercela fare oggi? Considerata la necessità di dover “apparire” e non finire in un mare magum di uscite che spesso rischiano di finire dimenticate.
Parallelamente, sta andando sia verso consumatori distratti che ascoltano i loro artisti preferiti dagli speaker dell’iphone, sia verso quel pubblico che si è stufato del solito pacchetto di plastica sfornato dalle majors e vuole sentire roba nuda e cruda: lo-fi dove si respira il sudore in sala prove. Questa seconda direzione ci da molta fiducia per il futuro e per le nuove generazioni di aspiranti musicisti. Erroneamente, oggi si pensa che per potercela fare devi vincere un talent o andare forte sui social e che, invece, intraprendere la strada più tortuosa (come abbiamo fatto noi) significhi non riuscire a “sfondare”. Sulla nostra pelle abbiamo sperimentato che “potercela fare” significa essere felici di ciò che si è, riuscire ad avere qualcosa da dire e vivere un tenore di vita che ti permetta di vivere sereno senza rinunciare a nulla. Finire nel dimenticatoio è un rischio che possiamo correre tutti in vari ambiti della vita. Noi, per esempio, siamo finiti nel dimenticatoio del mercato italiano dopo l’autoeliminazione da X-Factor, ma in realtà stavamo esistendo eccome! Non ne abbiamo mai sofferto, anzi, abbiamo preso la palla al balzo per costruirci il progetto che sta vedendo la luce ora.
Da dove prendete spunto per la sperimentazione sonora?
In genere cerchiamo di prendere spunto da ogni cosa che ascoltiamo o vediamo. Che si tratti di musica di altri artisti che stimiamo o di eventi politici e sociali su cui abbiamo da dire la nostra. Lo spunto più grande attualmente sono la nostra inclinazione musicale e le nostre idee sulla società che in qualche modo combaciano. Abbiamo una visione della vita e di ciò che ci sta succedendo intorno che corrisponde perfettamente al genere musicale a cui sentiamo di appartenere e questo, dopo anni di ricerca sonora, ci sta stimolando tantissimo. Nell’ultimo anno entrambi scriviamo i nostri pensieri su taccuini che portiamo sempre con noi e quando li rileggiamo, nasce spontaneamente un riff o una melodia da cui poi costruiamo il brano.
Avete anticipato alcune novità per il futuro. Potete dirci qualcosa di più a riguardo?
Una novità è che stiamo scrivendo in italiano da un po’ e ci stiamo divertendo molto. Uscirà un album co-prodotto con Cesare Petricich dei Negrita, che come filo conduttore esprime il nostro disagio nella società digitale in cui stiamo vivendo (soprattutto nella dimensione post apocalittica in cui siamo stati catapultati dal Covid). Parallelamente al progetto in italiano, stiamo buttando un occhio anche al mercato internazionale: buona parte dei brani prodotti con Cesare è in inglese, frutto della realtà multiculturale in cui viviamo a Berlino e che siamo sicuri possa trovare posto nel mercato europeo e, perchè no, internazionale. Un’altra news pazzesca di cui ancora non possiamo rivelare i dettagli è che a giugno suoneremo su uno dei palchi più ambiti dalle band rock d’Europa.