Interviste
Over A Barrel, nato per divertimento e diventato un disco cattivissimo
Gli Over a barrel uniscono Luca Cocconi (Modern age slavery, Browbeat) e Imre Bigi (ex Dark lunacy) in una combo assassina fra hardcore e death metal. Il primo singolo, “No warnings no signs” è uscito con un video visualizer e il pezzo non ha niente da invidiare agli Slayer del periodo d’oro. “Self-inflicted wounds”, l’album di debutto, è in uscita a marzo e noi abbiamo avuto l’occasione di parlare con Luca Cocconi di musica, del disco, di quello che sta succedendo e di come un progetto possa trasformarsi da qualcosa nato per gioco a una cosa molto, molto seria. Sopratutto se funziona così bene.
Non c’è modo trovare informazioni su di voi, vi ho quasi odiati.
Guarda, con gli Over a barrel ci siamo formati da pochissimo. La persona con cui suono è un mio amico dalla nascita, e dal 1992 al 2000 abbiamo suonato in una band che si chiamava “Biotech”. Siamo amici da una vita, abitiamo nello stesso paese…quando ha mollato i Dark Lunacy, dopo un paio d’anni, mi ha detto “visto che sei nel giro, hai lo studio, componi e scrivi vorrei fare questo progetto un po’ death/grind, ma mi dovresti dare una mano tu per riarrangiare i pezzi, comporre un po’ di cose”, gli ho detto che andava bene, visto che mi piaceva anche l’idea. Ci siamo beccati, parlato dei vecchi tempi ed è nata questa cosa qui: è partita molto in sordina, poi abbiamo visto che i pezzi venivano bene, ci stava prendendo bene, e quando il disco era pronto ho chiamato la Barbara (Francone, Neecee agency) che mi aveva detto di farle sapere se avevo band bisognose di promozione in studio di registrazione, visto che il mio lavoro è quello. Ho proposto la cosa a Imer e da li è partito tutto. Quindi non hai trovato più di tanto perché è una cosa nuova, e non l’abbiamo pubblicizzata più di tanto.
Quindi a marzo, quando esce il disco, ci sarà una specie di esplosione nucleare.
Si, abbiamo anche il video in uscita a fine febbraio. E’ uscito il visualizer di “No warnings no signs”, uscirà un playthrough di chitarra di un altro pezzo e poi uscirà il video di “Distrusted victims”. Abbiamo chiamato un mio amico batterista che verrà a a fare il session, anche in fase live se capiterà.
Ti volevo chiedere, di “Distrusted victims”: il titolo mi incuriosisce, volevo sapere di cosa parla il pezzo.
Fai conto che non è un concept il disco, ma principalmente la tematica è un po’ il fatto che siamo un po’ vittime del sistema. L’idea è di cercare di far aprire gli occhi alle persone, perché i potenti te la stanno un po’ mettendo in quel posto. I potenti non significa la gente ricca, parliamo del bullo che se la rifà col ragazzino più timido, per esempio, e che gode delle tragedie altrui. Gode nel far stare male gli altri. Vogliamo essere dalla parte delle vittime, dire di stare attenti, non farsi sottomettere.
Sembra tipo “Vittime a cui non si crede”.
E’ in senso ironico: sai anche tu che quando qualcuno denuncia il 99% delle volte o non succede niente o passa sotto silenzio. Fa clamore quella settimana o due, e poi sparisce e nessuno se lo ricorda. E’ una cosa un po’ ironica: denunciamo la cosa perché deve essere denunciata ed è giusto che lo sia, ma poi capita che faccia rumore i primi giorni e passi inosservata dopo. Cerchiamo invece di farlo notare anche dopo, che non scompaia. Il concetto di base un po’ di tutto il disco è questo qui, e anche il nome della band: “Over a barrel” vuol dire “con le spalle al muro”, c’è anche un pezzo che si chiama “Dripping blood”, che porta il concetto all’estremo.
Quando uno ha le spalle al muro tende a reagire.
Si, ma il problema è che però molto spesso capita che la gente non lo faccia. Ti faccio un esempio: le persone vanno in piazza se vince l’Italia, il Milan o l’Inter e non ci va per far valere i propri diritti, come sul lavoro. Ti faccio un esempio recentissimo: io non ho visto Sanremo, ma ho notato una cosa che ha denunciato anche Red Ronnie: il teatro era pieno murato, mentre i locali sono chiusi e i pochi che riescono a tenere aperto hanno la capienza ridotta. Li dentro, con un evento mediatico così grosso, teatro Ariston imballato di gente, anche se con la mascherina. A un certo punto c’era gente che ballava: se fossi il gestore di un locale sarei giù di testa.
Nel 2020 uscii di testa perché il primo giorno di Sanremo inquadrarono un cartellone con scritto “La musica non si ferma mai”, e tutti i locali erano chiusi.
Ti prendono in giro, e queste cose te le buttano in faccia. La reazione della gente è stata: “grande, 50 milioni di ascolti!”. Chiaro, siamo in un paese molto particolare: ma viviamo qui e ce lo dobbiamo tenere. Ne salta fuori una quotidianamente.
Non mi ricordo dove l’ho letto, ma ho letto da qualche parte: “Se non sei furioso vuol dire che non stai facendo attenzione”.
Eh, ci sta. Magari c’è l’operaio che ha il suo lavoro e la ditta funziona e prendi lo stipendio. Parliamo della musica: ho un sacco di amici musicisti che campano di musica, e c’è gente che è messa alla fame, paga le tasse e la partita IVA. Io con lo studio ho sempre bene o male lavorato, ma anche li è difficile: se sono a casa e non lavoro, non guadagno, i soldi li uso per mangiare non per registrare un disco. Per non parlare dei fonici, tecnici: tutta quella gente non vede una lira da due anni. Se tieni ferma l’attrezzatura di un fonico per due anni finisce che si distrugge: devi farla revisionare e spendi un sacco di soldi senza averli guadagnati.
Ho letto che avete scritto durante il lockdown: eravate a distanza?
Io lavoro in studio, quindi ci siamo organizzati: lui mi mandava un po’ di idee, registravamo anche da casa col portatile, io riarrangiavo a casa, scrivevo le batterie, suonavo il basso. Ho anche uno studio più piccolo, a casa, quindi ci scambiavamo i file e alla fine lui ci metteva la voce: una volta che i pezzi sono stati tutti a posto abbiamo registrato da me, in studio. Era una cosa da fare nei ritagli di tempo. Quindi abbiamo composto in lockdown, appena hanno riaperto ci siamo trovati in studio.
Riassumendo: il progetto è iniziato per divertirvi e vi siete accorti che invece il progetto era figo e l’avete portato avanti.
Si, lo portiamo avanti bene! (ride) sperando che la situazione si apra! È partito per gioco e poi abbiamo visto che i pezzi ci piacevano, venivano bene, eravamo carichi quindi abbiamo deciso di fare le cose per bene.
E’ stata un po’ anche una reazione al lockdown, da parte vostra?
Si, certo! In quel periodo fra i lavori che dovevo fare, stavo finendo di arrangiare il disco dei The modern age slavery e in più facevo quello…quindi il lockdown non mi ha particolarmente annoiato. Ho fatto un mesetto, quello proprio pesante, in cui ho dovuto chiudere lo studio: avevo anche la sfiga che lavoro fuori provincia perché lo studio è a Parma ma io vivo a Reggio, quindi c’erano tutte le menate con l’autocertificazione. Chiaramente poi la gente non poteva venire, non si poteva muovere da altre regioni, e io ho molta gente che viene a registrare da altre regioni…era un periodo in cui aveva tutto prenotazioni da fuori! Veneto, Liguria, Toscana…mi ricordo una band che si chiama Innercode, di Firenze.
Voi uscite col disco a marzo, ma succederà anche altro o vedete che succede con la pandemia?
Programmare per poi non farne niente è un casino, ma l’idea è di poter fare qualche live, più avanti, quando e come si potrà…almeno il release party. Siamo partiti per gioco e per fare il disco: poi magari facciamo il live e ci becca bene, la voglia di suonare non ci manca. Sul disco abbiamo lavorato tanto, e vogliamo pubblicizzarlo bene e al top di quello che possiamo fare.
Ho visto il video di reaction su YouTube, sul canale GBHBL.
Si, ce l’ha fatto un tipo, penso americano. Gli ho mandato il video: aveva fatto un paio di belle reaction a due band che avevo registrato io e parlava molto bene della produzione, quindi gli ho scritto per ringraziarlo e mi ha detto che , se volevo, potevo mandargli qualcosa. Avevamo appena fatto la versione demo e gli ho mandato quello: non pensavo facesse la reaction, gli è anche piaciuta! È stato divertente.
Ma infatti mi sembrava preso, innamorato anche della parte strumentale.
Esatto! La parte strumentale è anche un po’ Slayer, io vengo da quella roba li. Lui ama molto gli Slayer: l’inizio del pezzo è tutto a palla, tutto a diritto.
Tutto tupa-tupa.
Esatto, gergo del musicista! Il tupa-tupa e tatatatata.
Ma lo sai che quando ho visto il video il tipo mi sembrava Burzum?
Eh beh, ci somiglia da Dio! Ma poi anche la parlata è fantastica.
C’è una domanda che faccio a tutti, e le risposte sono sempre divertenti: se tu potessi suonare dove vorresti, con chi vorresti e quando vorresti, cosa succederebbe?
Allora, dunque…facciamo le epoche. Se dovessi partire da piccolo direi i Metallica, suonare nei Metallica: ti svezzano, il primo amore. O successivamente c’è stato il periodo in cui ti direi Messhuggah e Fear Factory, e tuttora amo i Fear Factory, credo sia la band che ho visto di più, sette o otto volte. Adesso ti direi…non ho proprio una band preferita, ho tante band che mi piacciono…se devo citarti una band di quelle storiche ti direi i Pantera, anche per quello che mi hanno dato musicalmente. E i Machine Head, Sepultura…Suffocation, Mapalm Death…l’estremo mi piace un sacco, compreso il black metal. Recentemente sono andato a vedere i Marduk allo Slaughter a Milano.
Perchè per vedere un concerto decente tocca andare a Milano, perché non scendono più giù?
Semplicemente perché è geografia: passano tutti di li, quei pochi che passano in Italia. Prendono la città più grossa vicino al nord con le strutture e i posti giusti, ed è Milano. Altrimenti il tour dovrebbe scendere e tornare su, andando a sud finisce in mare. Anche andare a Roma è una grossa spesa. Comunque anche a Milano, negli anni, hanno svuotato i locali: tu conta che un posto tipo il Rolling Stone, dove io suonai nel 2004 con Rock Tv e dove ho visto il mondo, è diventato un Esselunga, lo Zimba ha chiuso, il Rainbow ha chiuso. Sono rimasti il Legend e lo Slaughter, tolto l’Alcatraz che fa gli eventi più importanti.
I Magazzini Generali?
I Magazzini Generali si, qualcosina, ma di metal…ha fatto i Jinjer, prima del Covid, ma ormai gli eventi sono allo Slaughter e al Legend. Poi chiaro, se vengono band metal più grosse vanno in posti più grossi, ma i concerti medi vanno la dentro. In Italia, quando fai 250 persone va grassa…ti parlo di tour estremi, ovviamente. Noi con i Modern age of slavery abbiamo fatto tour per anni coi Gorgoroth, i Vader, Violent creation…e col death metal, anche all’estero, quando fai 250, massimo 300 persone, va grassa.
Tu che ci lavori, con la musica, la scena musicale in Italia come sta?
Ah. guarda, faccio sempre questo esempio: abbiamo due grosse band metal, in Italia. Grosse al livello internazionale, intendo. Sono i Lacuna Coil e i Flashgod Apocalypse. Due band così dovrebbero essere l’orgoglio italiano: i Fleshgod, quando fanno 100 persone…ci abbiamo suoato con loro. I Lacuna Coil sono più quelli che danno loro addosso che quelli a cui piacciono, e questo ti fa capire un po’ com’è la situazione. Poi chiaro, campare non ci campa nessuno qui: anche loro non credo facciano i miliardi, se perdono dei tour anche loro stanno un po’ così, non sono i Metallica. Qui mancano anche etichette di un certo livello: prendi Austria e Francia, in Austria c’è un’etichetta come la Napalm Records, in Francia c’è la Season of mist, uno dei festival più grossi d’Europa, Hellfest, e band come i Gojira, o i Carach Angren. Prendiamo tanto in giro i francesi, ma a livello di metal sono anni luce avanti in tutto: pensa a una band come i Gojira che, dalla Francia, sono arrivati ad essere mainstream. Loro sono bravissimi, fanno concerti della madonna e ti rendi conto che ormai hanno fatto quello step: è quando vedi tutto quello che c’è dietro che capisci che la band ha fatto il salto. Al Metal Italia abbiamo suonato quando c’erano gli Arch Enemy, nel 2019: si vedeva la differenza fra una band come i Fleshgod, che spaccò un sacco comunque e con tutta la loro apparecchiata, e gli Arch Enemy che hanno tirato giù tutto il palco e ne hanno tirato giù uno nuovo. Nel backstage, nella parte dove mettono i furgoni, non c’era posto perché era tutto preso dalla roba degli Arch Enemy: strumenti, banner, case…avevano un bilico di roba col loro immensa. Capisci che è una band che guadagna, li vedi lo step: oltre ad essere bravi c’è uno step in più.
Quindi in Italia manca l’investimento sulle band.
Ci manca l’investimento, ci mancano le realtà: ci sono webzine e carta stampata, ma non ha un’utenza molto grande. Manca una casa discografica di un certo livello: pensa alla Polonia, ha realtà incredibili! Ci sono i Behemoth, i Decapitated, i Vader…ci ho suonato in Polonia, è un altro pianeta. c’è la cultura, la gente va al pub e invece di sentire Tiziano Ferro senti i Behemoth. In Italia ci sono musicisti della madonna, c’è gente bravissima! Michele Luppi è nei Whitesnake, per esempio: quando andiamo all’estero facciamo il culo. In Italia manca un po’ la cultura: mi ricordo nei primi anni 2000, quando era uscita Rock Tv, ci abbiamo fatto Database qualche volta e due serate di quelle itineranti. Era partita con buone speranze, ma è durata meno di 10 anni e poi morto tutto: non ci sono alternative, hanno provato a fare serate nei locali ma la gente ci andava se c’era il grosso nome. Gli anni ‘90 sono stati anni bellissimi a livello di band, per l’Italia, ma non di metal: c’è stato il rock italiano, ma niente metal. Noi arriviamo al massimo a quello: c’è stato un momento coi Linea 77, ma anche loro per arrivare al grande pubblico si sono un po’ persi. C’è gente come i Necrodeath, gli Extrema o i Raw power, gente che in America ha suonato davanti al mondo, qui fa poche persone. Non sono valorizzati. Magari vengono band dall’estero che fanno schifo, ma siccome vengono dall’estero la gente va a vederli, e hai band che spaccano molto di più, italiane, e non ci va nessuno. L’Italia è questo, è così. Poi da quando i social hanno preso piede è una guerra tra poveri, un continuo rosicare: è anche per quello che secondo me non andiamo da nessuna parte.
In tanti musicisti mi hanno detto che manca la rete, fra gli artisti.
L’arte in Italia, purtroppo…la gente va a vedere il calcio.
Non mi ricordo chi me l’ha detto, ma un musicista mi ha detto che l’arte non dovrebbe essere competizione e lo diventa perché ci sono pochissime risorse.
Esatto. Mors tua vita mea. Girano pochi soldi, lo stato non aiuta la cultura…siamo una delle nazioni che legge meno in Europa eppure abbiamo inventato tutto!
Ma campiamo su roba di centinaia di anni fa, non investiamo sulle cose nuove. A Firenze è fitto di mostre sul Rinascimento…che è bellissimo, ma poi?
Il problema è che mancano i soldi, i fondi…magari la voglia: magari uno si chiede perché deve investire su qualcosa che tanto non porta a nulla, ed è un discorso sbagliato ma purtroppo funziona così. Per il metal è uguale: c’è qual tetto che se riesci a superare ok, ma su 100 lo supera uno. Ora sono usciti i Maneskin e non mi piacciono, ma ben venga! Fai aprire la mente alla gente, finalmente c’è una band che suona rock: invece di dire che potrebbero essere la locomotiva per trainare qualcosa la gente gli da addosso, e rosica perché hanno vent’anni, magari fanno due soldi, sono in TV e ci vorrebbero essere loro. Poi si creano cose allucinanti, imbarazzanti: ma invece di stare li a offendervi a vicenda mettetevi a suonare, organizziamo concerti! Io ormai me ne sbatto pesantemente, facessi dischi che piacciono a tutti sarei miliardario. Ma non uscirebbero fuori gli Over a barrel.
Un sacco di ragazzini partono dai Maneskin e poi arrivano a band tipo Guns n’Roses, poi arrivano ad altro.
Vedi, serve: magari di star li ad ascoltare Baby K parti da loro e poi arrivi ad altre band. Se il lasciapassare sono loro lasciamoli passare. Ma poi sai in Italia quanti Maneskin ci sono? Sai quanta gente suona quella roba li? Sai che competizione esiste, anche solo in ogni regione? Il problema è che ne è uscito solo uno, di gruppi, e dopo quasi 20 anni.
È anche vero che le case discografiche cercano sempre la copia di quello che ha già fatto successo senza cercare qualcosa di nuovo o diverso.
Ormai la musica è consumo, usa e getta. Facci caso: prova a trovarmi una rockstar nuova, adesso. Un Kurt Cobain della situazione.
No, non mi viene in mente nessuno.
Vedi, hai capito? Ogni generazione ha avuto il suo Jimi Hendrix, adesso non ce l’hai più. E perché? Molto semplice: non hanno il tempo di diventarlo. Cristiano Godano ha spiegato che per fare un dico come Catartica avevano il tempo di farlo, stavano i studio dei mesi, guardavano ongi minimo suono e il budget della casa discografica. Adesso la casa discografica non ha soldi perché dischi non ne vede, non ti da il budget, devi fare tutto di fretta perché devi far uscire un disco l’anno e non hai tempo di prepararti e ormai i dischi che rimangono nella storia si fermano agli anni ‘90. anche i singoli durano un batter d’occhio: ne escono dieci in contemporanea e fra tre mesi devi farne un altro se vuoi restare su.
Torniamo a parlare del disco, che siamo partiti per la tangente: ho un amico che ascolta solo punk hardcore, gli ho fatto sentire il pezzo e lui, non so perché ha questo rifiuto a pelle del metal. Mi ha detto che gli è piaciuto.
L’influenza hardcore c’è, hardcore più moderno tipo Hatebreed. Anche il punk mi piaceva, poi chiaro: abitiamo a due metri dai Raw Power! No warning no sign ha una base hardcore, anche se poi le velocità sono più elevate, e noi ci definiamo una band death metal/hardcore.
C’è scritto anche HM2.
Ti spiego: è un pedale della Boss che, messo tutti a dieci, da quel suono tipico dello swedish alla Entombed. Quel suono marcio è dato da quel pedale li, che è diventato un’icona.
OVER A BARREL online:
https://www.instagram.com/overabarrelhm2/
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https://overabarrel.bandcamp.com/