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Interviste

Malbianco, dalle Galline Elettriche all’Uroboro

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È prevista per questa primavera l’uscita del nuovo disco della band di Ariano Irpino, i Malbianco: il disco si chiamerà Dillo Bene e, al momento, è stato anticipato dai singoli Uroboro e Ritorno a Cartagena. Quest’ultimo uscito il 16 luglio dell’anno scorso, mentre Uroboro il 21 novembre.

Entrambi i singoli compiono una leggera virata dal sound rock più puramente “verdeniano” del precedente album Galline Elettriche, senza ovviamente perdere né grinta e tenacia né snaturandosi liricamente. Uroboro ad esempio è largamente influenzata dagli scritti di Musashi Miyamoto e dalla sua vita, ed il testo riflette chiaramente questa ispirazione. Ciononostante il tema del singolo è, percepibile dal titolo, l’essere intrappolati in un loop senza via d’uscita e la conseguente ciclicità; il concetto verrà probabilmente ripreso nel disco, riflesso musicale del durissimo primo lockdown. Anche i videoclip dei singoli mostrano un universo in ripetizione, il primo attraverso costanti reverse ed il secondo in modo più esplicito.

In attesa dell’uscita di Dillo Bene consiglio di recuperare sia Galline Elettriche che i due nuovi singoli, rock italiano allo stato puro e artisticamente interessantissimi.

…ed eventualmente nuove uscite a sorpresa prima dell’album 😉

Il 21 novembre è uscito il vostro ultimo singolo, Uroboro, il cui titolo rimanda allo storico simbolo dai molteplici significati, tra cui l’eterno ritorno, l’immortalità e l’infinito. Il simbolo appare chiaramente nel videoclip (in cui si percepisce chiaramente una ciclicità) mentre nel testo è leggermente celato. Come si manifesta l’Uroboro nella vostra canzone?
Cerchiamo sempre di essere un po’ criptici per dare spazio di manovra all’orecchio e alla mente dell’ascoltatore. Dietro il “nostro” Uroboro sono celati svariati significati, sostanzialmente è una canzone d’amore ma anche una condanna di loop senza una via di uscita. Intrinseca nel testo è senza dubbio anche il senso di  smisurata ambizione, che spesso ti porta via tutto anche la vita stessa.

A proposito del testo, Uroboro è ricca di passaggi liricamente molto belli e suggestivi. Personalmente mi sono proprio fermato su alcune frasi che ho apprezzato, pertanto vi chiedo: c’è stata, durante la scrittura del testo, una frase che sentite come rappresentativa del significato tutto del brano? A cui siete “affezionati” magari?
Quasi tutto il testo è la rappresentazione e la descrizione di un periodo vissuto al massimo delle forze da Carlo (autore del testo, voce e chitarra della band) influenzato spesse volte dalla cultura samurai giapponese nello specifico dalla vita di Musashi Miyamoto. Se dovessimo scegliere opteremo per questi 3 versi:

– “Sugli addii nevica sempre polvere”
– “Sotto il sole invisibile diverrò”
– “Le ambizioni sono viscere nel cuore, strisciano come serpi meravigliose”

Il singolo precedente, Ritorno a Cartagena, è accompagnato da un video stravagante: continui reverse, la prepotente presenza di origami e barchette di carta, e infine la “scena post credit” dove la barchetta di inizio video viene recuperata. Come è nata l’idea? È in qualche modo collegato ai brani futuri o è un altro esempio di ciclicità come Uroboro?
Per il video di Ritorno a Cartagena volevamo qualcosa di particolare, luminoso e di impatto. Ci siamo affidati nelle mani delle  Capibara Lab, un collettivo tutto al femminile di video-maker. Dopo aver buttato giù qualche idea, tutti eravamo propensi ad un video in reverse, da li in poi testa bassa e duro lavoro per stare nei tempi dell’uscita. E come potete vedere il risultato è stato formidabile. Il post credit è una scena molto speciale per noi e non possiamo rivelare questo super segreto, possiamo dire però che in quella scena c’è un celato riferimento a Jumanji.

I due singoli anticipano il vostro prossimo disco, in uscita quest’anno. Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo album? Ci saranno altri singoli intermedi o dovremo attendere un po’ in silenzio?
Su questo stiamo valutando, ad ogni modo l’album uscirà sicuramente in primavera e sarà intitolato “Dillo Bene”. É un EP molto particolare per noi, soprattutto perché quasi interamente scritto durante i periodi del primo e psicologicamente devastate lockdown. Sarà un susseguirsi di 6 tracce (due di queste le conoscete già) molto intime e personali. Per quanto riguarda il sound li abbiamo virato un po’, siamo voluti essere “istintivi” e senza troppi fronzoli.

L’album precedente, Galline Elettriche, è uscito in pieno lockdown nel 2020. Cosa vorreste portare di Galline Elettriche nel vostro prossimo album? Che cosa, invece, vorreste fare in modo diverso?
Odiamo essere influenzati, e sicuramente sarebbe peggio auto-influenzarsi. Abbiamo un approccio alla nostra musica molto eterogeneo, istintivo e a tratti meticoloso. Di “Galline Elettriche” porterei la tenacia ed sgrosserei il sound, come in fondo abbiamo già fatto, sicuramente è già udibile un cambiamento negli ultimi due singoli usciti.

Avete partecipato alla 34esima edizione di Sanremo Rock. Come è stato? Come ha influenzato la vostra carriera da quel momento?
È stata una brutta esperienza, un manifestazione mal organizzata  e con gente di dubbia competenza musicale e artistica. Ovviamente l’esperienza di tornare sul palco è stata molto più che piacevole ed entusiasmante. Per il resto lasciamo queste manifestazioni a chi ha voglia di competere e non chi ha esigenza di fare arte.

Volete dire qualcosa ai vostri ascoltatori?
In vero no, però però però vogliamo loro tanto bene soprattutto alla cricca di affezionati che ci segue da tempo immemore.

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