Interviste

Versailles, dopo XFactor presenta il suo singolo Lisa dagli occhi blu ray

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Versailles, fresco di X-Factor, ha presentato il suo nuovo singolo, “Lisa dagli occhi blu ray”, che precede l’uscita del suo nuovo EP.

«È nella natura dell’essere umano cercare una risposta alle proprie domande negli altri. La troppa solitudine avvilisce l’anima e la priva di lucidità e quando ci rendiamo conto che questa viene a mancare siamo naturalmente spinti a cercarla in qualcun altro. Il plot twist in questo caso sono io che da “cercatore” mi imbatto in Lisa, una ragazza apparentemente sicura di sé, ma che nel profondo combatte con la mia stessa inquietudine, quel sentimento che appartiene solo a chi, di fronte agli infiniti bivi che la vita ci propone, riesce a dare ascolto solo al cuore – ha detto Versailles sparlando del pezzo – Ma se nella matematica meno per meno dà più, nella vita reale e, più specificamente nella vita di coppia, il risultato di questa moltiplicazione a volte è un grande meno e quando questo accade comincia a piovere.»

Se l’EP è ancora top secret, il singolo (ovviamente) non lo è, quindi ne abbiamo approfittato e l’abbiamo usato come base per parlare di musica, X-Factor, solitudine e musica. E di jam in California.

Prima di tutto, la domanda che ti aspetti di sicuro: “Lisa dagli occhi blu ray” precede l’uscita del tuo EP. Ci puoi raccontare qualcosa in più sull’EP o è ancora top secret?

Tutto quello che riguarda l’EP è sotto stretto embargo come i file dell’area 51. No a parte gli scherzi, senza spoilerare troppo, l’EP è finalmente pronto dopo aver già vissuto mille fasi embrionali e cambiato forma infinite volte (causa il mio essere psicopatico) quindi verrà al mondo gia stanco poveretto, stanco ma incazzato.

Tu hai detto che “La troppa solitudine avvilisce l’anima e la priva di lucidità e quando ci rendiamo conto che questa viene a mancare siamo naturalmente spinti a cercarla in qualcun altro”. In inglese distinguono fra “loneliness”, la solitudine non cercata, e “solitude”, la solitudine cercata, quella che serve a ricaricarsi le pile e che alcuni amano. Tu la senti questa differenza, anche se nella nostra lingua non facciamo propriamente questo distinguo?

Mi ci è voluto del tempo per cominciare a distinguere questi due stati d’animo e a volte faccio ancora fatica a capire quando ho davvero bisogno di un momento per me.
Paradossalmente cercare di uscire di più, che sia per conoscere gente o per lavoro, mi sta aiutando a sviluppare questa consapevolezza, ma per tanto (forse troppo) tempo ho pensato che isolandomi avrei trovato una risposta a tutte le mie domande, che sarebbe arrivata l’ispirazione e con essa la serenità. Poi si sa, isolarsi è un circolo vizioso, ti convinci che ti serva per essere più produttivo, ma al contempo ne soffri e inizi a pensare che a nessuno frega di te quando in realtà sei tu che ti stai tagliando fuori e contemporaneamente inizia a mancarti anche la voglia di fare le cose in una certa maniera: è un cane che si morde la coda.

Altra domanda che ti aspettavi di sicuro: cosa vuol dire esibirsi a X-Factor? Che sensazione ti ha dato, e ti ha lasciato?

Sicuramente X-Factor è un’esperienza travolgente, sia in positivo che in negativo: in positivo perché ti permette di salire parecchio in alto qualunque sia il tuo livello di partenza, raggiungi un’esposizione mediatica altissima in pochissimo tempo, ed essendo questo uno degli obbiettivi di chi fa musica è sicuramente un punto a favore. D’altro canto questo aspetto a volte ti dà la sensazione di non avere pieno controllo su quella che è la comunicazione e la gestione del tuo profilo artistico. Credo però che sia un problema riguardante per lo più chi arriva li già con le idee e un progetto chiaro, e non per chi magari ci arriva da semplice interprete.

So che ami il grunge, e che Kurt Cobain è stato anche per te una figura importante. In Truman Show l’apertura ricorda l’inizio di Rape me dei Nirvana, da un certo punto di vista. Quanto sono importanti per te le influenze musicali che hai avuto crescendo, e quando impattano nella tua musica?

Le influenze musicali del mio percorso di crescita artistica fino a ora sono il Google Maps del mio cervello ogni volta che approccio alla scrittura di un brano.
È risaputo che chiunque si definisca artista parte da qualcosa di già esistente per creare la propria opera, ma la preziosità di quello che facciamo secondo me sta nel filtro che ognuno di noi applica alle proprie influenze e ispirazioni, il coefficiente di interiorizzazione e personalizzazione di queste. Una cosa che mi deprime di tanta musica che esce oggi è il cercare di raggiungere determinate sonorità solo perchè sono cool, l’utilizzo di un determinato linguaggio solo perchè lo fanno tutti e funziona: per me questa è solo un’appropriazione indebita di una cultura che non ti appartiene perchè non l’hai capita, non necessariamente perchè non hai assistito alle sue origini, ma perchè non ti tocca il cuore e la indossi come faresti con la prima cosa che trovi nell’armadio al mattino.

Se tu potessi suonare ovunque, con chiunque e in qualunque momento, cosa faresti?

I miei idoli sono tutti (o quasi) morti. Penso che dovremmo far tornare un po’ di gente dall’aldilà e fare una bella jam da qualche parte in California.

Ultima cosa: hai in mente dei live? Sai già come promuoverai il tuo EP?

Diciamo che se la situazione live non si stesse riprendendo (anche se con non poca fatica) probabilmente non farei uscire l’ EP. Credo che i concerti siano la linfa vitale della musica al pari della creatività e dell’ispirazione, e in particolare per un progetto musicale come il mio rappresentano gran parte del divertimento, pensa che palle se compri il mio disco e puoi urlare e saltare (OPS spoiler) solo in camera tua!

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