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THC #160: Monuments, Northlane, Ocean Grove

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Monuments – In Stasis
Trovare e coltivare nel tempo un talento come quello di Andy Cizek è stata la cosa migliore che potesse capitare ai Monuments, specie dopo la sequela di cambi in line-up che hanno costellato la vita della band. Il vocalist è estremamente versatile (se la cava senza paura tra growl, screaming e clean vocals), ed è il valore aggiunto che qualsiasi formazione tecnicamente già ineccepibile vorrebbe avere. Detto questo, l’amalgama di perfezionismo fiore all’occhiello dei Nostri brilla come non mai in “In Stasis”, un’opera progcore perfettamente bilanciata e piena di soluzioni memorabili (“Lavos”, “Cardinal Red”, “False Providence”, per non parlare della chiusura epica di “The Cimmerian”).

Northlane – Obsidian
La china che hanno preso i Northlane è ormai quella conclamata nel precedente “Alien” (2019). Per gli australiani infatti, la complessità e i virtuosismi passano in secondo piano rispetto all’elettronica “danzereccia” (oserei quasi dire techno, ascoltando “Echo Chamber”) e alla costante ricerca del gancio perfetto (vedi “Clarity”, che aggiunge al tutto una buona dose di violenza, oppure “Clockwork” o “Xen”), senza purtroppo raggiungere i livelli di bilanciamento tra le varie parti del passato. Non c’è dubbio che preso a piccole dosi “Obsidian” sia un disco divertente, ma rimane poco coeso e molto prolisso, considerati gli oltre 50 minuti di running time.

Ocean Grove – Up In the Air Forever
Il terzo full length del trio di Melbourne è l’ideale per calarsi in pieno mood estivo. Pur non dicendo nulla di nuovo, gli Ocean Grove hanno il dono di portare il sole e la brezza del mare in qualsiasi stagione, e trascinarci indietro di qualche anno, quando il nu metal era la next big thing (prendete “Flava” e “Cali Sun”), aggiungendo un tocco personale e qualche influenza che non ti aspetti, tipo quando si spingono un po’ troppo in là facendo il verso ai Backstreet Boys (“HMU”) o quando tastano terreni Brit-rock (“Silver Lining”).

Short Stack – Maybe There’s No Heaven
Dopo essersi fatti un certo nome in madrepatria (l’Australia, tanto per cambiare), gli Short Stack hanno deciso di prendersi una pausa che sembrava molto definitiva, almeno fino alla pubblicazione di “Maybe There’s No Heaven”. Con il loro quinto disco in carriera, il primo dopo sei lunghi anni di stop per l’appunto, i ragazzi dimostrano di avere ancora molta fame e cavalcano l’onda del revival pop punk con la loro proposta vitaminica, ricca di melodie killer, ritornelli catchy, e tanta elettronica giovane (“Burn You Down”, “Sunshine”, “Live4”).

Mudblood – Exist Or Fade?
A seguito di qualche anno turbolento, i nostrani Mudblood hanno finalmente dato alle stampe il primo album in carriera, “Exist Or Fade”. L’alternative groove metal del combo si dipana in dodici brani che spingono chi ascolta a porsi qualche domanda sul nostro posto nel mondo, sui principi che lo regolano e controllano i nostri comportamenti, o se non altro, a scapocciare al ritmo della proposta dei Nostri, che non rivoluzionerà nulla, ma offre un intrattenimento di buon livello (vedi “Rain of Pain” o la title track).

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