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THC #161: Ibaraki, Greyhaven, Rammstein

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Ibaraki – Rashomon
Già conoscevamo le invidiabili doti da chitarrista di Matthew Heafy, e in questo ambizioso progetto solista, il leader dei Trivium non solo fa mostra della sua arte principale, ma mette anche l’accento sull’incredibile lavoro alla voce che ha intrapreso in questi ultimi anni. “Rashomon” (co-prodotto da uno degli ospiti dell’album, cioè Ihsahn, e si sente) è la creatura ribelle di Heafy, quella più cupa, più pesante e soprattutto più sperimentale (infatti si spazia con libertà assoluta tra black metal, world e folk music, heavy contemporaneo, progressive e melodie catchy), il cui distillato è senza ombra di dubbio l’elaborata “Ronin” (featuring nientepopodimeno che Gerard Way e il sopracitato Ihsahn).

Greyhaven – This Bright And Beautiful World
Per chi deve ancora riprendersi dallo shock dello scioglimento degli Every Time I Die, consigliamo caldamente l’ascolto di “This Bright And Beautiful World” dei Greyhaven. Già nei nostri radar dal 2018 (il precedente “Empty Black” è arrivato dritto dritto di prepotenza alle nostre orecchie all’epoca), i Nostri continuano a diffondere il verbo degli ormai furono-ETID con un tocco personale che induce spesso e volentieri la cervelloticità schizzata a piegarsi docile alla melodia (“All Candy”, “More and More Hands”, “The Quiet Shakes”), in un trip che ci spariamo molto volentieri anche questa volta.

Rammstein – Zeit
Un panzer che si muove solenne e maestoso, lento e inesorabile, proprio come il tempo che passa. “Zeit” (che per l’appunto vuol dire “tempo” in tedesco), l’ottavo sigillo in casa Rammstein, è esattamente questo, un lavoro pachidermico e oppressivo, che demolisce tutto ciò che incontra lungo il suo cammino. Nel complesso è difficile isolare un singolo episodio in un’opera di una compattezza oserei dire metallurgica (anche se “Zick Zack” e “Angst”, per motivi diversi, sono tra i pezzi meglio riusciti), ma proprio per questo motivo, si pone come una perfetta fotografia dell’attuale status della band teutonica.

HEALTH – DISCO4:: PART II
È da qualche tempo che il trio losangelino composto da Jake Duszsik, John Famiglietti e Benjamin Jared Miller ci ha abituato a dischi difficilmente incasellabili in un’unica nicchia. Anche la seconda parte del “DISCO4” non fa di certo eccezione, e tra noise, elettronica, rock, metal, hip hop e pop il viaggio sonoro dei Nostri diventa particolarmente interessante anche (ma non solo) per un’altra caratteristica tipica degli Health, ovvero le comparsate di lusso (e qui si parla di gente del calibro di Nine Inch Nails e Lamb Of God, passando per Poppy e The Body).

Terror – Pain Into Power
Il dono della sintesi è uno dei pregi maggiori dei californiani Terror, da sempre. Zero cerimonie, rapidi e indolori, in soli diciotto minuti di running time Vogel e soci arrivano dritti al punto con il loro hardcore metallizzato “straight to your face” (ovvio) da veri veterani del genere. Niente di nuovo sotto il sole, ma è una scarica di adrenalina infallibile tutte le sante volte, in grado di rimettere in piedi anche i casi più disperati (ascoltate “Can’t Help But Hate, con il contributo di George “Corpsegrinder” Fisher, oppure “Can’t Let It Go”).

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