Interviste
MOBRICI: il ritorno sui palchi, alla vita e all’amore
Questo primo d’aprile nessuno scherzo per Matteo Mobrici: l’ex Canova torna sui palchi con il suo Anche le scimmie vanno in tour ed inaugura la stagione primaverile/estiva con un nuovo brano in collaborazione con il collega Fulminacci: una cover di Stavo pensando a te di Fabri Fibra, ripensata ovviamente in chiave indie pop e pregna di una proverbiale malinconia che in questo genere è di casa.
Mobrici segna così la ripartenza della sua carriera dopo la rottura con i Canova nel 2020 e due anni di pandemia: un nuovo inizio, un nuovo progetto, un nuovo disco e un nuovo tour.
Quest’ultimo parte il primo aprile e terminerà venerdì 13 maggio a Brescia alla Latteria Molloy, per un totale di quindici date; più una data extra sul palco del primo maggio a Roma.
Nell’intervista si parla del tour, del ritorno sulle scene post-canova e di pandemia.
Quest’anno primo d’aprile pazzesco, esce la tua cover di Stavo pensando a te con Fulminacci e comincia il Anche le scimmie vanno in tour. Come hai vissuto e stai vivendo questo mese? Da quant’è che non suonavi live?
Guarda, non suonavo live da due anni, l’ultimo concerto doveva essere nel settembre 2019. Poco prima del lockdown diciamo. Avevo deciso in ogni caso di non fare niente in questi due anni, nemmeno d’estate, perché mi sembrava una situazione un po’ triste per fare concerti. Mi ci sono buttato appena si è vista un po’ di luce. Sono partito il primo d’aprile e sono stato uno dei primissimi a partire in tour, infatti ti dirò, mi aspettavo un pubblico un po’ più distanziato, imparanoiato, mascherato, invece mi hanno molto stupito. Ho sentito molto più coinvolgimento di due anni fa. Probabilmente questi anni hanno fatto la loro parte, però ottimo segnale. Devo dire bello.
È il tuo primo live da solista?
Sì, esatto. Se vogliamo chiamarlo così. Poi in realtà dal mio punto di vista non è che sia cambiato molto: canto allo stesso modo, scrivo allo stesso modo, più o meno suono allo stesso modo… non è che ci sia stato un cambio così radicale. È molto simile a prima e per me è la prosecuzione di un percorso che ho iniziato a 16 anni scrivendo canzoni.
So anche che hai suonato sul palco del primo maggio. Nel 2019 ci avevi suonato con i Canova, questa volta da solista. Com’è stata l’esperienza?
Tecnicamente molto strano perché non sono riuscito ad andare alle prove nei giorni precedenti perché avrei dovuto annullare dei concerti che avevo in quei giorni. Quindi per non fare le prove ho scelto di andare con chitarra e voce, senza un attimo di prove. Rischioso su quel palco, però bellissimo. Su quel palco secondo me non contano particolarmente l’esposizione e le performance di ognuno, è più una cosa collettiva. Corale. Il concerto di ognuno è una goccia in una cosa molto più grande. È tutto molto bello. Oltretutto è un evento gratuito e popolare, questo mi interessa parecchio, e poi è un giorno di festa, c’è un bel clima. Ci andavo da ragazzino, mi ricordo che scendevo da Milano per andare a sentire le varie esibizioni, suonarci è tutto un altro impatto.
Nel 2020 i Canova si sciolgono e nel 2021 inizia la tua carriera da solista. Ora, a maggio 2022, alle ultime date del tuo tour da solista, cosa senti di esserti portato dietro da Canova a MOBRICI? E cosa senti di aver lasciato indietro?
Innanzitutto, ho lasciato indietro la mia adolescenza. Il mio percorso con i Canova è durato una decina d’anni, tra gavetta e non, quindi ho lasciato indietro tutta una parte di vita bella importante, l’amatorialità, i primi passi nel mondo della musica. Questa è la bellezza di fare musica con i tuoi amici, quella cosa non ha prezzo. E soprattutto è una condivisione anche fuori dal palco e dallo studio di registrazione, è un po’ come il discorso delle coppie alla fine, è un percorso che fai con delle persone con un unico obbiettivo. Quella forse è la cosa che mi manca di più. Però ti dico, è una cosa che ho vissuto talmente tanto e talmente intensamente che non ho rimpianti. L’ho vissuta bene. Non ho sassolini nella scarpa.
Artisticamente parlando, come hai passato la pandemia? Che impatto ha avuto sulla tua carriera?
La pandemia mi ha restituito forse un po’ di umiltà. In un certo senso. Se ci fai caso tutti i ruoli della società sono caduti e si sono rialzati quelli “fondamentali”, la parte organizzativo-sanitaria e politica. Sono tornato a vivere una vita come quella che vivevo dieci anni fa. Quasi nell’anonimato. C’erano cose più importanti a cui pensare, c’era molta preoccupazione in generale. Se vogliamo trovare col senno di poi un punto positivo è questo. Dal punto di vista artistico, a parte momenti di annullamento totale per mancanza di “vita”, ho scritto molto e avrei potuto aggiungere ciò che ho scritto nel disco ma per scelta ho buttato le canzoni più specifiche sull’argomento. È una fase finita (speriamo, ovviamente) e non ho mai avuto voglia di riviverla in concerti, interviste o comunque avere canzoni legate a quel momento. Ho volontariamente eliminato quei pezzi. Se vuoi, un po’ di “negazionismo”, chiamiamolo così. L’ho vissuto un po’ come un trauma.
Se dovessi descrivere il tour con una parola, quale sarebbe?
Direi amore. Mi sento veramente fortunato a vivere una cosa così. Dopo questi due anni avevo voglia di vivere un po’ la vita, incontrare persone, è stato veramente bellissimo. Sento un sentimento super positivo, è per questo che ti dico amore. Lo vedo come un momento di scambio di cui si sentiva la mancanza.
Vuoi dire qualcosa ai tuoi fan?
Quando riusciamo ad incontrarci, che sono situazioni magari dopo i concerti dove si riesce a scambiare due parole, sono momenti di scambio vero. Genuino. Oltre alle foto vabbè, le firme e quant’altro, ci sono state due proposte di matrimonio sul palco. Mi piace che mi si dia anche questo tipo di responsabilità. Mi piace questa cosa collettiva che si crea. Voglio bene a queste persone che capiscono quello che stiamo facendo. Non mi sento così distante da loro.