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Interviste

Fast Animals and Slow Kids: pronti a tornare a Bologna per il tour estivo

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Salve a tutti, noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia”. Mancava a tutti sentire questa frase ad un concerto. E i FASK ci accontentano regalandoci altre diciotto date per la fase estiva dell’È GIÁ DOMANI ORA TOUR 2022, reduci dal successo clamoroso della prima parte del tour in primavera. Il gruppo di Perugia ha cominciato ad Arezzo il 24 giugno e concluderà a Perugia il 17 settembre.

Questo tour, a differenza dell’incredibile esperienza acustica dello scorso anno, torna a piena potenza nel segno del rock, a volume altissimo e a carica massima. Lo dimostra già l’ultima uscita dei FASK, Vita Sperduta, primo singolo del 2022 e anthem di questo nuovo frizzante tour, da cantare a squarciagola in apertura ad ogni concerto.

Il gruppo suonerà il 6 luglio al Bonsai Garden a Bologna, tornando nella città conquistata nel tempo e che li ha visti crescere ed evolversi per dieci anni di storia. Non mancate!

Il 24 giugno comincia la fase estiva del È GIÁ DOMANI ORA TOUR 2022. Come vi sentite? Come avete vissuto la prima fase del tour aprile/maggio e che aspettative avete per questo nuovo inizio?

La prima parte del tour è stata incredibile, se dovessi immaginarmi un ritorno non potrebbe andare meglio di così, abbiamo agognato per anni aspettando di poter tornare sui palchi. Una soddisfazione gigantesca. Speriamo di continuare su questa linea per il tour estivo. Adesso ovviamente è un’altra situazione, siamo tutti in giro come era prevedibile, perché tutti non vedevano l’ora di tornare live. Sono tante date in giro. Ma l’attesa e lo slancio sono gli stessi, otto date non sono bastate. Almeno altre diciotto ne abbiamo bisogno, poi vedremo. Carica assoluta e positiva.

L’estate scorsa avete portato un tour acustico sui palchi, mentre quest’anno tornate “full power” sui palchi. Come è stata questa parentesi acustica? E come è stato invece l’impatto con il ritorno al classico concerto dei FASK?

Devo dire che forse tra tutti siamo stati quelli più entusiasti del tour in acustico. Magari, soprattutto per band che suonano rock n roll come noi, riuscire ad andare in acustico rischia sempre di suonare come un “depotenziamento”; in realtà invece no, noi ci siamo messi proprio di testa per creare un concerto che fosse uno spettacolo in acustico, progettato per essere in quel modo, tutto riarrangiato. Quindi siamo stati contenti perché da un lato abbiamo scoperto un altro lato di noi stessi e riscoperto le nostre stesse canzoni, conoscendole in pieno, lasciando tanto spazio ad esempio alla voce. I concerti in più sono stati molto intimi, abbiamo creato questa specie di salotto di scambio, cosa che invece succede meno in concerto come dici tu “full power” perché lì viene ovviamente premiata l’energia, lo scambio, l’urlo. Quello è più catartico. Siamo stati molto molto contenti, ma dall’altra parte la nostra indole è quella di salire sul palco e alzare il volume. Dare una scarica. Non vedevamo l’ora e queste otto date erano esattamente come abbiamo immaginato. È un concerto estremamente cantato, uno slancio, un impeto, persone che sono lì anche per buttare fuori ciò che succede nelle loro giornate. Questo ritorno è stato fondamentale.

Tant’è che il vostro ultimo singolo Vita Sperduta è molto indicativo da questo punto di vista, casca proprio a fagiolo per i live ed è perfettamente costruito per il tipo di live che mi descrivi. Come è stato ricevuto il singolo?

Incredibile. Abbiamo fatto un all in assoluto con questo pezzo perché ci abbiamo iniziato il tour, e se c’è una cosa da non fare è questa, mettere il nuovo pezzo ad inizio scaletta in tour. Devi farlo imparare, lasciargli tempo. Invece noi eravamo così carichi e ci prendeva così tanto bene metterlo all’inizio che abbiamo deciso di farlo. E infatti, raga: cantatissima. Dal primo concerto, urlatissima, super sentita.

A proposito del pubblico, voi tendenzialmente siete super coinvolgenti nei vostri concerti, quindi vi chiedo: come avete gestito il rapporto con il pubblico durante lockdown e restrizioni?

In realtà ci sono diversi aspetti, secondo noi c’è un rapporto con il pubblico in diversi momenti, dentro e fuori dal concerto. In acustico come ti dicevo c’è stato un approccio più tranquillo, c’era anche un po’ di tempo per parlare, anche al merch a fine concerto. Adesso ovviamente è più energico, più dinamico, però fuori dal concerto ci comportiamo allo stesso modo. Sui social, di persona, cerchiamo di rispondere il più possibile, essere quanto più possibile dentro quello che ci accade. Gestiamo tutto con molta attenzione e cerchiamo di stare molto vicini alle persone che ci sono vicine.

Il 6 luglio suonerete al Bonsai Garden a Bologna, il sesto evento dei dieci del festival. Avete già suonato lì diverse volte in passato, penso al concerto all’Oltre Festival lo scorso anno, al concerto unplugged in Piazza Maggiore tre anni fa e all’evento Tocca a Noi, un momento carico di grandissima emozione. Cosa rappresenta per voi questa città? Quanto siete condizionati emotivamente da Bologna?

Siamo mega condizionati da Bologna. Innanzitutto perché è stata una delle ultime città che abbiamo “conquistato”: a Bologna abbiamo suonato ovunque, posti da nove persone, da dozzine di persone. Una volta abbiamo suonato alle Scuderie. Nessuno ci suona alle scuderie. C’erano nove persone. E in molti altri locali del genere. Ogni volta c’era sempre qualcuno di più, sempre più persone; abbiamo conquistato Bologna col passaparola. Il che ha reso la città estremamente potente in termini di risposta, le persone che vengono al concerto dei FASK li hanno scoperti nel tempo. C’è un attaccamento fortissimo che nei live si sente tanto. Poi c’è un altro discorso: noi siamo di Perugia, in due ore, due ore e mezza veniamo su a Bologna. Ci sono tutta una serie di ricordi anche musicali, venivamo a vederci i concerti, suonavamo in giro con la chitarra… abbiamo fatto tante esperienze personali anche al di fuori del nostro slancio musicale, quindi c’è una connessione iper profonda. E non è sempre così, c’è una sorta di grosso legame affettivo.

Cosa deve aspettarsi dal tour una persona che non vi ha ancora visti live?

Eh, questo sarà strano. Sarà un tour strano. Dobbiamo sempre cambiare le cose, abbiamo già di nuovo cambiato la scaletta, abbiamo rimescolato le carte. Ad esempio, ci sono due chicchettine in mezzo molto particolari. Uno che non ha mai visto i FASK vedrà l’evoluzione della band che suona da dieci anni. Troverà pezzi mega hardocre incazzatissimi arrangiati in una forma canzone più morbida, come l’anno scorso, sarà un po’ una cronistoria perché siamo tutto quello che abbiamo vissuto di fatto. Siamo anche persone più strutturate, riflessive. Secondo me questo tour è riuscito a colpire nel centro, ossia raccontare a chi non ha mai visto i FASK chi sono i FASK.

Volete dire qualcosa ai vostri fan?

Sì. Grazie. Grazie perché se esistiamo è perché qualcuno ci sta ascoltando, sta usando il tempo che potrebbe sfruttare in altri modi per ascoltare noi. È un po’ come un “ti amo”, ogni tanto va detto. Non è mai scontato. Sono sempre grato a chi viene ad ascoltarci, ma ogni tanto serve dirlo.  

Foto credits: Luigi Rizzo

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