Interviste

Giovanni Truppi, “Alcune considerazioni” su un artista dal carisma raro

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Giovanni Truppi, in arrivo a Bologna per la rassegna BOnsai Garden Festival al Parco delle Caserme Rosse il 19 luglio, è in tour per la Penisola con una serie di appuntamenti imperdibili che lo vedranno sul palco con una formazione rinnovata: al suo fianco ci saranno infatti Alessandro “Asso” Stefana (Vinicio Capossela, PJ Harvey, Guano Padano, Mike Patton) alla chitarra, Fabio Rondanini (Calibro 35) alla batteria e Luca Cavina (Calibro 35) al basso.

In scaletta troveranno spazio tanti brani della decennale carriera del cantautore napoletano e molti pezzi inediti, che riveleranno in anteprima le nuove strade artistiche, come sempre mai scontate, che Giovanni sta percorrendo. 

La sua abilità come musicista, che sia al pianoforte o alla chitarra, e il suo magnetismo come performer si affiancano e completano da sempre la sua rara capacità di scrittura e composizione.

Il suo è un carisma raro, pronto a portare lontano l’ascoltatore, accompagnandolo in un viaggio musicale vario e in costante evoluzione, capace di attingere da linguaggi diversi come il jazz, il rock, il punk e la canzone d’autore unendoli a un’inventiva metrica e a parole capaci di tratteggiare universi straordinariamente umani e sfaccettati, di scavare a fondo tra i sentimenti, anche quelli più dolorosi, per poi risollevarsi abilmente tra ironia e idealismo. 

Giovanni Truppi si forma musicalmente al pianoforte a cui poi affianca la chitarra. Cresce con un forte amore per la letteratura, ma prevale presto in lui la voglia di scrivere canzoni e di farsi conoscere e apprezzare come musicista e interprete. Il trasferimento a Roma è fondamentale per iniziare a testare le prime composizioni davanti a un pubblico e per la realizzazione del disco d’esordio, C’è un me dentro di me. Oltre alla chitarra, in concerto utilizza un pianoforte di sua ideazione ottenuto modificando un piano verticale: uno strumento di dimensioni inferiori allo standard, smontabile, ed elettrificato tramite una serie di pick-up che gli permettono di amplificarlo.

Sin dagli esordi ha coltivato una scrittura musicale varia capace di attingere da linguaggi diversi come il jazz, il rock, il punk e la canzone d’autore che, unita a un’inventiva metrica unica e brillante, gli ha fatto riscuotere ottimi consensi di pubblico (complice anche la sua presenza scenica magnetica) e stampa, italiana ed estera.

Il tuo ultimo singolo “Alcune Considerazioni” è uscito il 17 giugno e sta macinando davvero bene. Nel testo troviamo diversi tipi di considerazioni, ce n’è una in particolare che ti ha ispirato il brano?

Di solito la parte iniziale di un brano è quella che per me fa scattare tutto il resto. Ti direi quindi che la prima considerazione, quella dove dico che “per andare avanti a volte devo tornare indietro”, è quella che mi ha fatto venire voglia di descrivere questa specie di flusso di coscienza.

Sonorità che arrivano dal rock e anche dalla musica elettronica. Una nuova era si affaccia nella tua vena compositiva?

Speriamo di sì. Scherzi a parte, mi è sempre piaciuto cercare nuovi stimoli ad ogni disco e non farmi trovare mai da chi mi ascolta nel posto dove ci eravamo lasciati quindi anche questa volta sto approcciando le nuove canzoni che scrivo cercando esplorare soluzioni per me inedite.

Mi ha colpito un passaggio dove parli del rapporto tra gli adulti e i ragazzi. Credi davvero che il salto generazionale stia diventando sempre più grande tanto da avere una comunicazione interrotta tra i due mondi?

Non ci avevo mai pensato. Potrebbe essere ma non so bene, anche perché purtroppo mi confronto poco nel profondo con persone di generazioni diverse dalla mia. La riflessione si riferisce a qualcosa che mi sembra riguardare da sempre il rapporto tra giovani e vecchi e ha a che fare semplicemente con il fatto che un ragazzo, avendo ancora poca esperienza, spesso ha una visione della vita e un’incoscienza del trascorrere del tempo che a volte chi è maturo considera invidiabili.

Nella canzone c’è una tensione di fondo che ha a che fare con il passare del tempo e con la cosa che, in maniera più definitiva di qualsiasi altra, ‘prenderà, incarterà e trascinerà via’ tutti noi: la morte”. C’è ineluttabilità in questa affermazione o amarezza?

C’è soprattutto la voglia di esorcizzare questo pensiero.

Il tuo tratto compositivo è totalmente riconoscibile. Cosa fa scattare la molla per farti dire -ok questo è esattamente quello che volevo da un brano-?

Ci sono due cose principali: una sensazione personale di appagamento e di completezza unita alla convinzione delle persone con cui sto lavorando al brano. I due elementi non si presentano per forza in questo ordine né sempre con gli stessi dosaggi ma sono quelli fondamentali.

Che rapporto hai con la chitarra e quanto è importante nella composizione dei tuoi brani rispetto al pianoforte?

La chitarra e il piano sono altrettanto importanti per me in fase di scrittura, sia perché i miei brani non nascono sempre sullo stesso strumento, sia perché molto spesso per testare un brano e per cercare l’equilibrio giusto mi sposto più volte dall’uno all’altra e alla fine è come se la canzone nascesse da entrambi.

Il cantautore ha spesso l’esigenza di raccontare ed esprimere sé stesso e raccontarsi è sempre comunque una questione intima e non semplice. Trovi che ci voglia più pancia, più coraggio o più testa nel farlo?

Credo che ci vogliano tutti questi ingredienti ma che soprattutto (almeno per come la vivo io) ci voglia cuore.

Ma quanto te l’hanno fatta “pagare” la canottiera che hai indossato a Sanremo? Non c’è stata intervista che, nel bene e nel male, non ti abbiano fatto domande il tuo outfit. Ti ha dato noia o ti ha dato la possibilità di raccontare un’altra parte di te?

Non mi ha dato particolarmente noia e qualche reazione me l’aspettavo. Il mio lavoro è legato anche all’immagine e, per quanto ci investa una percentuale minima delle mie energie, mi ha fatto piacere che la mia immagine non sia passata inosservata senza che io abbia fatto nulla di diverso da quello che faccio fin dalla prima volta che sono salito su un palcoscenico.

Io sono particolarmente affascinata dal “tuo” piano, quella creatura musicale che hai portato anche sul palco di Sanremo. Questa, chiamiamola invenzione, nasce da esigenze compositive particolari?

No: l’esigenza principale era di riuscire ad avere un rapporto più fisico col pianoforte.

Un tour in giro per l’Italia, nuove piazze, nuovi volti e nuove storie. Tutto ciò ci regalerà un nuovo album o è già in produzione nella tua testa?

Assolutamente già in produzione, anche fuori dalla mia testa. Ci stiamo lavorando da un po’ con Marco Buccelli e Niccolò Contessa e “Alcune Considerazioni” è il primo è il primo passo di questo nuovo viaggio.

Grazie di Cuore a Giovanni Truppi per il suo tempo.

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