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Interviste

Bob Vylan, un mix di volumi assordanti, coscienza politica e rabbia a pacchi

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I Bob Vylan sono arrivati per la prima volta in Italia a giugno, all’Off Tune Festival 2022 di Prato, carichi di rabbia esplosiva, volumi assordanti, coscienza politica e rabbia a pacchi. La band londinese ha fatto la storia con “Bob Vylan presents the price of life”, uno degli album completamente indipendenti più venduti nella storia del Regno Unito. L’etichetta che hanno messo in piedi, la Ghost Theatre, gestisce tutto ciò che producono, quindi credo sia corretto dire che i Bob Vylan sono l’incarnazione dello spirito DIY che permeava l’ambiente punk-hardcore d’oltreoceano di qualche decennio fa.

Il concerto di Prato è stato una bomba: armati di beat, basi di chitarra elettrica distorta, microfono e batteria, i Bob Vylan hanno aperto per i Black Lips ma, onestamente? Per quanto grandiosi siano stati io non è che i Black Lips me li ricordi esageratamente dopo aver assistito all’esplosione nucleare che hanno portato sul palco questi due. Quella rabbia viene, forse, anche da quello che cantavano anni fa i Bloc Party: “Where is home?”.

Quando nasci del colore, del sesso, della sessualità sbagliati e ti senti ripetere per tutta la vita che questa non è casa tua e che qui, per te, non c’è posto, la reazione non può e non dev’essere necessariamente quella di porgere l’altra guancia. Quella rabbia nasce dalla Tatcher e da Boris Johnson, dal rendere normale e accettabile l’idea che esistano esseri umani di serie A e umani di serie B, e che i problemi di quelli di serie B non valgano nemmeno la pena di essere presi in considerazione perché se nasci povero o svantaggiato, sotto sotto, è sempre colpa tua e un po’ te lo meriti.

Vediamo la violenza del fiume che esonda, diceva Bertold Brecht, ma non notiamo mai quella degli argini che lo costringono.

Abbiamo avuto la fortuna di intervistare e fotografare i Bob Vylan dal vivo, poco prima del concerto pratese. Eccoli qui.

E’ la prima volta in Italia?

Si, esatto.

Vi piace per ora?

Un sacco! Stasera suoniamo a Prato, ma siamo stati anche a Firenze stamattina.

Avete fatto i turisti.

Si! (ridono) abbiamo visto i monumenti, le sculture, l’arte.

Io penso che noi italiani ci siamo un po’ troppo abituati a queste cose.

Si, come noi siamo abituati a Londra. Ci sono un sacco di posti dove non siamo mai stati, tipo il London Eye.

Ok, perfetto. Non so di cosa stiamo parlando, quest’intervista sta andando alla grande!

(ridono) No, va bene!

So che avete la vostra etichetta, la Ghost Theatre: qualcuno ha mai provato a portarvi al lato oscuro della forza e a farvi firmare per una major?

(ridono) Si, il lato oscuro ci ha provato! Ma ci piace lavorare da soli e fare ciò che vogliamo.

Voglio dire…si. Dopo l’uscita del disco ci hanno, come dire, annusato un po’ ma sembra che nessuno alla fine voglia avvicinarsi troppo perché quel disco è davvero diretto e, via via che il tempo passava, la nostra etichetta si solidificava. Quindi alla fine abbiamo pensato: sai cosa? Ci pensiamo noi.

E’ qualcosa che ci fa bene, che ci aiuta a fare ciò che abbiamo bisogno di fare, e il modo di lavorare della Ghost Theatre è rispettoso di tutti quelli che ci lavorano dentro: non volevamo dare via tutto ciò che avevamo e ottenere in cambio solo un po’ di tutto ciò che ci serviva, come puoi immaginare trovare un buon accordo è davvero complicato. Devi scoprire quello che ti serve e renderlo possibile, rispettando chi lavora con, e per, te.

E l’etichetta va bene, mi pare.
Si: il disco “We live here” è uscito per noi e in tandem per un’etichetta indipendente di un amico…e per indipendente intendo “registrato in casa sua”. Quel disco è andato molto bene, e avevamo grandi  sogni e aspirazioni, ma niente di ciò che ci offrivano andava bene quindi abbiamo aperto la Ghost Theatre per il nuovo disco, “Bob Vylan presents the price of life”, e sta andando alla grande: nel Regno Unito è al 18esimo posto nella classifica generale degli album, al terzo nella classifica dei vinili, al quarto fra gli indipendenti…è stato l’unico disco davvero indipendente in classifica, quella settimana, insieme a album usciti per l’Universal e le altre etichette più importanti. Siamo riusciti a fare la storia con quel disco, con una band che ha registrato, prodotto e mixato l’album da sola, facendolo uscire sulla loro etichetta. E l’abbiamo fatto con un disco punk e grime infuso di politica, è la prima volta che succede!

Credo sia perché la gente ne ha bisogno, con Boris Johnson…ecco, potete spiegarmi Boris Johnson?

Speravamo potessi spiegarlo tu a noi! (ridono)

No, a parte tutto: cosa succede coi suoi capelli? Com’è che funzionano?

Credo siano strani. Si, parecchio.

Abbiamo avuto Berlusconi per vent’anni, in Italia, e comunque non riesco a capire Boris Johnson.

Credo che sia interessante considerarlo un personaggio, una specie di sketch: in un certo senso è comico. C’è della commedia in tutto ciò che fa, fa ingoiare il veleno senza che tu te ne accorga se non ci stai attento. Poi ci pensi e diventa tutto meno divertente.  Boris…le persone lo guardano e ridono, guardano lui e si dimenticano di tutto ciò che ha combinato. E’, potenzialmente, il Diavolo. E’ divertente come un teenager può esserlo, è immaturo.

Si, ma poi realizzi che è il primo ministro.

Esatto! Pensi: oh, cazzo. Quest’uomo ha in mano un intero paese! Non si capisce come certe persone arrivino al potere. E succede ovunque, come una pandemia. Quindi si, forse le persone avevano bisogno di quel disco, e forse è per questo che il nostro disco è entrato in classifica, ricevendo tutte quelle recensioni e attenzioni dalla stampa.

Avete fatto degli show a Londra e non mi ricordo in che locale stavate suonando…ma i ragazzi della sicurezza sembravano terrorizzati.

(ridono) Oh, ma sono stati bravissimi! Avrebbero potuto comportarsi in modo orribile, prendere di peso gli spettatori e fare altre cose del genere, ma invece hanno trovato il giusto mezzo. Credo fossero solo preoccupati: se qualcuno si fa male hanno un problema per le mani. Ma le facce erano terrorizzate, si. Nel video del live c’è un ragazzo che lavora per la sicurezza e accanto c’è il proprietario del locale, e sembra che pensi: “Oh, cazzo, cosa sta per succedere?”

Però se guardi il video la gente si sta divertendo da morire, in un modo sicuro e rispettoso: se nel pogo cade qualcuno tutti gli altri si fermano e lo aiutano a rialzarsi, per esempio.

Cosa vi aspettate dal vostro primo show in Italia? Perchè siamo rumorosi e casinisti, credo lo sappiate da soli.

Non sappiamo cosa aspettarci, ma siete sicuramente casinisti e vi amiamo per questo! (ridono) Suonare qui, a Prato…non ci permette di avere un’idea di quello che succederà. Se fossimo in un posto tipo…una grande città, una metropoli, forse sarebbe più facile immaginarlo: alla fine Milano, Berlino e Londra sono tutte simili in un certo senso. Qui? Non lo sappiamo! Ma per ora ci piace parecchio. Questo è l’unico show in Italia, poi torniamo a Londra e partiamo per i festival estivi e staremo in giro per un bel po’.

Grossi festival?

Oh si, è una figata! Sai quando sogni, da piccolo, di suonare su un palco? Ecco, noi lo faremo! Ma non solo in Inghilterra, finiremo in Germania, Praga…e Prato! (ridono) E’ abbastanza incredibile.

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