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Roncea e l’arte di stare in equilibrio con “Acrobazie”
Roncea, all’anagrafe Nicolas J. Roncea, è pronto a pubblicare “Acrobazie”: il suo nuovo lavoro uscirà il 30 settembre. Classe 1987, Roncea ha aperto, con la band FUH, concerti a The National e Arctit Monkeys, con il trio Io monade stanca ha suonato in tutta Europa, ha collaborato con componenti di Verdena e Marta Sui Tubi, è stato uno dei musicisti di Carmelo Pipitone e ha aperto i concerti di Coma Cose, Giovanni Truppi, Eugenio in via di Gioia, Dunk, Marissa Nadler.
Definito “piccola canaglia dall’animo e background orgogliosamente punk”, Roncea ha nel sangue la voglia di lanciarsi nel vuoto: suo padre Constantin, infatti, è stato non solo un atleta della nazionale under 18 di tuffi della Romania degli anni ’70, ma anche un grande acrobata del Circo delle Mille e una notte della famiglia Orfei. “Acrobazie” parla di lui, e del tentativo costante di trovare un equilibrio. Alla fine stiamo tutti passeggiando su una fune sospesa, e guardare giù fa un effetto diverso a tutti.
“Acrobazie è il tentativo di colmare le distanze – scrive Roncea – è il bisogno di perdonare, è la voglia di capire e di cercare senza la smania di trovare. Acrobazie sono io ma sei anche tu, in tutto quello che fai alla ricerca del tuo equilibrio”.
Ciao, mi chiamo Valentina e scrivo per MusicAttitude, e faccio domande improbabili. Te lo dico così lo sai subito.
Ciao Valentina, felice di conoscerti e di scambiare quattro chiacchiere con te. Viva le domande improbabili, la curiosità, dirsi qualcosa per davvero e ovviamente fanculo le convenzioni. Ho uno spirito punk, ci tengo a sottolinearlo tutte le volte che posso.
Tuo padre è stato un grande acrobata: a te è mai venuta voglia di lanciarti nel vuoto da qualche parte e appenderti a un trapezio, una fune o altro? Non solo con la musica, dico.
Sì, tantissime volte. Con umiltà devo dirti che nella vita mi sono sempre lanciato di testa, non ho paura delle conseguenze, ho molto poco da perdere e tendenzialmente, se vogliamo scomodare la banalità, sono convinto che la vita sia in realtà un contenitore di opportunità: non intendo il successo e nemmeno la gratificazione economica. Mi riferisco a quello che possiamo dare agli altri, quello che possiamo succhiare, sentire. La mia più grande angoscia è non riuscire a vivere appieno i momenti, nel compromesso che il mondo in cui viviamo ci suggerisce o meglio impone, intendo percorrere ogni giorno la stessa strada per il sostentamento. Oggi per esempio mi lancio in questa intervista senza il timore di essere giudicato per quello che scrivo, godendo della tua curiosità e intrecciandola con la mia, dandoti qualcosa di mio.
Momento revival: ti ho visto e fotografato con i FUH al BlackOut Festival di Prato, nel lontano duemilapoco (ho anche la maglietta). I FUH erano un esplosione di rumore organizzato, una bomba a mano con la sicura che aveva detto “ciao”. Il tuo disco mantiene la sicura che ha detto “ciao”, ma la musica sembra più lineare. Cosa cambia, quando suoni con una band piuttosto che un’altra, o da solo, dentro la tua testa?
Bellissimo il ricordo che hai risvegliato, ti ringrazio tanto. Mi piace tantissimo la sintesi che hai fatto dei FUH, la trovo perfetta. La tua domanda mi mette in difficoltà perché non so darti una risposta esaustiva e coerente. Ogni progetto ha una forma per esprimersi, ha delle regole implicite, delle dinamiche naturali. Quando suono con le band sono parte di qualcosa, il mio è un contributo a un qualcosa di più grande, condiviso, comune. E’ l’espressione di più anime, sono mani che si prendono e si sporcano a vicenda, per tirare fuori qualcosa di nuovo. E’ una magia, un miracolo. Quando suono da solo scrivo lettere a un amico immaginario, racconto quello che succede, mi lascio andare a confessioni. Sono legato ad Acrobazie perché rappresenta la pace con il passato. Ho detto quello che volevo come volevo. Se dovesse essere l’ultimo lavoro a nome Roncea, andrebbe benissimo così.
Senti me: ma trovare l’equilibrio è una cosa fattibile o continuiamo sempre a ruzzolare sulla fune sperando di non volare di sotto? E secondo te ruzzolare senza cadere è equilibrio, alla fine? Finchè non cadiamo funziona, credo.
Mi piace il tuo punto di vista e in parte lo condivido. Tuttavia penso che “funzioni” proprio quando cadiamo. E’ la caduta a determinare dove abbiamo sbagliato, il confine tra errore e crescita è sottile. Mi piace pensare che la scelta sia sempre e comunque sinonimo di vita, di presenza, di coscienza. La costante ricerca di un equilibrio è logorante e faticosa ma innata, naturale. Se fossimo risolti la vita sarebbe noiosa. Penso che ogni giorno dovremmo essere grati a qualcosa o a qualcuno. Non tutti hanno questa fortuna, ma molte delle persone che conosco vivono soffrendo condizioni in realtà straordinarie. Detto questo, sia chiaro che io mi sento un pirata, l’orecchino sono le frustrazioni ancora non digerite e il pappagallo sulla spalla, la depressione. Insomma predico bene e razzolo male. Ma è fottutamente importante predicare bene per me, per passare dei messaggi, per abbracciare quante più persone riesco.
Domanda tecnica: come promuoverai “Acrobazie”? Sai già se hai date fissate in giro?
Stiamo lavorando sulla programmazione dei concerti proprio in questi giorni. Al momento c’è qualcosa di definito, qualcosa in via di definizione e un sacco di posti in cui vorrei andare a suonare ma dobbiamo vedere un po’ che cosa succede. Il piano è di fare un po’ di datine a novembre e dicembre, per poi fare un secondo giro più importante in primavera. L’estate non lo so, la mia è musica autunnale. D’estate si balla e si fa finta che i problemi non esistano. Mi piace, non voglio rompere questo equilibrio, per restare in tema.
Domanda che faccio a tutti, quindi ti tocca: se tu potessi suonare ovunque, con chiunque, qualsiasi strumento e in qualsiasi tempo, cosa succederebbe?
Difficilissimo. Facciamo un accordo dai: scelgo una band da resuscitare e una band attiva. Se ragioniamo per assurdo come mi stai invitando a fare, farei volentieri il secondo chitarrista dei Nirvana, come ha fatto Pat Smear per un periodo. Vorrei vivere quegli anni in quei posti. Magari ne rimarrei deluso ma se c’è un’epoca per me segnante è proprio quella. Se invece dovessi scegliere una band attiva vorrei suonare con i Bad Seeds. Qualsiasi strumento andrebbe bene pur di rimanere sul palco e contribuire alla bellezza straordinaria che solo loro sanno creare. Facile con un frontman come Nick Cave dirai tu..E non che possa contraddirti.
Mi è piaciuta tanto la tua intervista. Hai un cuore grande. Non farti scoraggiare dai tempi che stiamo vivendo perché lo sconforto è alle porte, ogni giorno. E io lo sento che tu sei come me. Grazie per il tempo che mi hai dedicato. Spero di lasciarti qualcosa con Acrobazie. Spero di vederti presto in giro.