Interviste

Googa, tra indie e psichedelia come “Lumache”… in senso buono

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Googa, dopo aver pubblicato “Arcade” tornano con “Lumache” a distanza di due mesi: il nuovo singolo è corredato da un video girato con il biologo e video maker Luca Antonio Marino, cosa che ha permesso di (letteralmente) rendere le lumache (o, in questo caso, le chiocciole) le vere protagoniste del video. Se per anni è stato ripetuto che per non avere problemi sul set è sempre meglio evitare di far recitare bambini e animali vari, qui il problema non si pone: pare che i piccoli animaletti siano stati sorprendentemente collaborativi.

La band di Roma, che si muove con facilità fra indie e psichedelia, sta pubblicando nuovi singoli in modo decisamente costante: “Lumache”, come già detto, arriva dopo “Arcade” che, a sua volta, è stato preceduto da “Futuro” e “Tutto si muove”. 

La prima cosa che ho pensato leggendo il vostro nome è stata “CRASH BANDICOOT!”. Giuro. 
Ciao Valentina, allora funziona! Ci è sempre piaciuto il fatto che richiami qualcosa di primitivo e tribale.

Siete la prima band di cui ho sentito parlare che ha un video realizzato da qualcuno che di mestiere fa il biologo e lavora anche per National Geographic, Luca Antonio Marino. Un video con le lumache che fanno cose! E’ fantastico. Come è nata tutta questa storia, e le lumache sono collaborative? Avete dato un nome ad ogni lumaca?
È stato tutto abbastanza spontaneo in realtà. Luca, il biologo e videomaker che ha fatto il video, è un nostro caro amico e parlando con lui del pezzo ci è sembrata subito la cosa migliore da fare. Il brano evoca le lumache e non c’è niente di più efficace che far vedere delle lumache. 
Ad ogni modo sono creature docili e collaborative, ma non tutte si sono prestate con facilità alle riprese, abbiamo dovuto convincerne alcune mentre altre hanno preferito non mettersi in mostra. Generalmente amano stare in disparte e fare le loro cose da lumache. Motivo per cui non abbiamo neanche voluto dargli dei nomi, le abbiamo lasciate fare.

Nell’ultimo numero di National Geographic, fra l’altro, c’era un servizio sul suolo: guardando una manciata di terra del bosco con una bella lente d’ingrandimento si trovano mondi interi popolati da esserini mai visti prima. Funzionate allo stesso modo, siete una specie di lente di ingrandimento?
L’idea è un po’ quella: prendere sensazioni, situazioni e impressioni comuni e scavarci dentro, cercando però di mettere la lente sempre un po’ di traverso. Proprio come dentro un bosco questo ci aiuta a trovare nuove popolazioni di esserini, dalle forme insolite e dai risvolti inaspettati. Viviamo la musica come una scoperta, cercando per quanto possibile di evitare moralismi e ammonimenti.

Fatemi capire: “Lumache” nasce dopo una serata a base di alcol e insicurezze. Io dopo una serata a base di alcol e insicurezze sono uno zombie. Come funziona la vostra testa, cosa vi fa scattare la voglia di scrivere?
In questo caso quando diciamo che la canzone “nasce” intendiamo che ne nasce l’idea, l’incipit, nel caso specifico una sorta di rantolo con le prime otto parole e un accenno di melodia. Il resto è arrivato con molta più calma. Di solito comunque le canzoni che ci vengono meglio hanno qualcosa del genere nella fase iniziale, uno spunto che arriva senza preavviso in un momento qualsiasi che nella gran parte dei casi non è un momento in cui si sta con un foglio davanti e la chitarra in braccio.

Domanda tecnica: come promuoverete la vostra nuova musica?
Dipende tra quanto tempo faremo uscire le nuove cose. Ci piacerebbe diventare dei giganteschi ologrammi e fare enormi concerti in tutto il mondo. Ma realisticamente non andrà così e faremo come sempre del nostro meglio per suonare in giro e arrivare a più orecchie possibili.

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