Interviste
Barbato un cantautore con gli occhi chiusi, un sorriso sulle labbra ed il cuore aperto
Barbato sta portando e porterà dal vivo i nove brani che compongono il suo disco “SUPERSTITI” con la sua attitudine indie, in sospeso tra rock, pop, folk e cantautorato più classico. Un’atmosfera intima, quella del suo live, all’interno della quale gustare a fondo le storie e le sensazioni che il cantautore campano racconta attraverso testi sinceri e mai banali. Barbato descrive così il suo album “SUPERSTITI è un disco che prova ad immergersi nella contemporaneità e a superare i dualismi che la caratterizzano. È un viaggio al termine della notte, laddove esiste uno spiraglio di luce che vuole diventare giorno. In un momento storico in cui non ci sono mezze misure, in cui o sei bianco o sei nero, o sei pro o sei contro, ho voluto porre l’attenzione sulle sfumature che particolarizzano l’essere umano, che vive di contrasti unici e non generalizzabili. Ho voluto parlare della difficoltà nelle relazioni, della necessità di evitare la superficialità… Se tutto si muove sul pelo dell’acqua, provare a immergersi nel profondo, per toccare con mano la complessità del presente, non è un esercizio retorico: è una presa di posizione. Da questo itinerario dell’uomo nasce l’auspicio del cambiamento: quando di fronte a te riconosci l’altro e non la categoria dell’altro, allora il primo passo è compiuto.”
Barbato è un cantautore nato sotto il segno della bilancia e cresciuto ad Acerra (NA). Attraverso piccole storie, personali e collettive, racconta i sentimenti inaspettati che crescono dentro e fuori ognuno di noi, tra sogni, condivisione e precarietà. Vicino a molte tematiche sociali, è stato ospite del progetto “gli ultimi saranno” che si batte per introdurre il teatro e la musica in ogni carcere come strumento di espressione e riscatto dei detenuti ed ha contribuito alle lotte ambientali nella terra dei fuochi. Fonde la musica d’autore anche di ultima generazione con influenze d’oltreoceano dando vita a un songwriting indipendente tra indie, folk, alternative e pop d’autore.
Superstiti è il tuo album d’esordio, nonostante ciò, ha un titolo vissuto e carico di significato. A cosa siamo sopravvissuti?
Siamo sopravvissuti (stiamo sopravvivendo ancora) a un momento storico che ha messo fortemente in crisi le nostre vite, le nostre relazioni, le nostre priorità. Un momento che è forse fotografia di una “emergenza continua” dei rapporti e del vivere sociale. In questo momento di forte crisi ma anche di nuove riflessioni è nato Superstiti.
L’album è un ritratto delle nostre fragilità e a quella parte di noi che non esponiamo mai. Quale parte non esponi mai?
La parte fallibile di me. Quella che sbaglia o che ammette di aver sbagliato.
Come se dovessimo sempre essere giusti, vincenti e precisi, mai fuori posto.
Con quest’album ho voluto parlare anche alle parti di noi che non vogliamo ascoltare o rendere visibili.
XXX Agosto è uno dei brani che più mi ha colpito, racconti Napoli con una semplicità quasi struggente. Quanto ti ha influenzato, musicalmente, la tua terra di origine?
Napoli è un pezzo molto importante di me, così come Acerra, in provincia, dove sono cresciuto. Allo stesso tempo sono croce e delizia, perché spesso ho cercato fuori dal mio giardino i riferimenti, gli ascolti e le parole, per poi metterli a sistema con le mie radici. Il prodotto di questo intreccio, quasi come un figlio meticcio, è quello che viene fuori dalla mia musica.
Hai detto che solo nell’abbandono possiamo trovare un senso profondo dell’esistenza, sei riuscito a trovarlo?
L’abbandono può essere visto come un qualcosa di utopico in questa società, dove non dobbiamo avere sbavature. Però a me fa venire in mente l’orizzonte di Galeano. Più ti avvicini e più lui si allontana, facendoti capire che serve a camminare. In questo senso non sono ancora riuscito a trovarlo ma continuo a camminare domandando.
Cos’è per te la libertà?
Avere gli occhi chiusi, un sorriso sulle labbra ed il cuore aperto.
Un altro brano che ho molto apprezzato è Domenica, nel quale canti di come si possa essere pieni di sfaccettature e nonostante tutto essere sempre sé stessi. Secondo te quanto ci ha cambiato questo momento storico e quanto ha cambiato i sogni di ognuno di noi?
Per molti questo momento è stato rivelatore: fare i conti con sestessi è la più ardua sfida da lanciarsi. Eppure molti lo hanno fatto. Il prodotto di questa “lotta” ha generato nuove visioni, magari diverse ma altrettanto degne. In quest’ottica, anche se sono cambiati i sogni, l’importante è continuare a sognare.
I tuoi brani sono un viaggio per mostrarci in che epoca stiamo vivendo. Credi davvero che in questo momento non ci siano mezze misure?
Credo sia necessario non averle. Bisogna prendere posizione ed evitare di scegliere strade magari facili ma acritiche. Non è il compromesso o la sintesi in discussione, ma l’ignavia.
Superstiti è la canzone che dà il titolo all’album. Parli di un mondo difficile da vivere, molto complesso sotto tutti i punti di vista. Lasciando intravedere una luce in fondo al tunnel. Cosa c’è in fondo a quel tunnel?
Le persone. I rapporti umani, veri, sinceri.
Solo riscoprendo l’umanità possiamo pensare ad un mondo nuovo.
Nell’album si sentono diverse influenze musicali, c’è un genere che ti appartiene di più o vuoi sentirti totalmente libero di sperimentare e miscelare ciò che più ti ispira?
Sono molto favorevole alle contaminazioni, anche se credo che il cantautorato ed il songwriting in generale siano la mia casa. Questo mi permette di essere molto vicino al folk o ad un certo tipo di pop, ma non mi preclude nessuna sperimentazione.
Tra pochissimo partirai per un breve tour per presentare questo lavoro, per ora le date sono cinque, pensi si potranno aggiungere altri concerti?
Si stanno aggiungendo tantissimi concerti in tutta Italia e questa è la cosa che mi rende più felice in assoluto. Portare in giro la mia musica ha il sapore della felicità.