Interviste

Feexer, il centro di gravità permanente di “Don’t bother”

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Feexer è il nome d’arte di Manuel Ciccarelli, artista e produttore modenese, e anche il nome della band: “Don’t bother”, il primo lavoro pubblicato con questo nome, è nato dal bisogno impellente di comunicare ed è diventato un vero e proprio “centro di gravità” per la scena modenese. Il video del singolo “What it takes” è stato girato alloZeta Factory di Carpi, prodotto da Paolo Viesti e Joba con la regia di Roberto Zampa, Giuseppe Bassi (dysFUNCTION Productions) ha aggiunto il suo tocco a un prodotto ormai in fase avanzata, con intuizioni fondamentali. L’ingresso della band di Stefano Mazzoli, componente degli Zeroin come lo stesso Manuel Ciccarelli, è stato fondamentale. In sintesi, quello che è successo è il contrario di quello che ci raccontiamo di solito: la musica alternativa italiana è viva, lotta insieme a noi, e riunisce gli artisti invece di creare inutile competizioni fra di loro.

So che il tuo disco è diventato un magnete per tutta la scena: solitamente mi viene detto che in Italia gli artisti spesso si guardano in cagnesco, ma qui mi pare sia successo il contrario. Com’è andata?
Confermo che si respira una grande energia dall’uscita del disco del 4 novembre scorso, stiamo avendo tanti riscontri positivi un po’ da tutti gli ambienti e questo ci fa un enorme piacere. Ricordiamoci comunque che stiamo parlando di un progetto al momento totalmente indipendente, quindi siamo fuori dai circuiti che contano. Tendenzialmente in Italia i “pesci piccoli” come noi danno meno fastidio, forse è per questo che veniamo accolti meglio di altri. Comunque siamo solo all’inizio di un percorso, il disco è uscito da poco e abbiamo alzato la mano per dire la nostra da troppo poco tempo per poter dire se siamo riusciti a far breccia in tanti ascoltatori. Per noi fare musica è un percorso inevitabile e questo disco è il passo di una sperimentazione che può solo guardare al futuro, senza fare troppi conti in tasca sui risultati che porta ogni passo.

Sei Feexer, ma sei stato anche il cantante degli Zeroin. Quando scrivi ora hai un percorso mentale diverso rispetto a quando eri in una band? E’ cambiato qualcosa?
La cosa più bella di questo disco è probabilmente proprio quella di aver trasformato Feexer in una band vera e propria, non è più solo un progetto solista. Tanto di questo album è stato imbastito da me all’interno di un home studio, ma è quando il materiale è uscito da quella porta che è diventato qualcosa di nuovo. Stefano Mazzoli, batterista degli Zeroin e oggi batterista del progetto Feexer, mi ha aiutato a rileggere diversi passaggi di quello che avevo scritto in una chiave nuova grazie alla sua enorme sensibilità musicale. Il percorso mentale che ha portato alla creazione di “Don’t Bother” direi sia proprio questo: essere riusciti, con grande rispetto reciproco, a valorizzare qualcosa che aveva già una forma molto avanzata, ma che poteva impreziosirsi ancora di più. Ogni canzone continua ad avere il suo filo conduttore primordiale, una chitarra acustica e diverse linee di voce, eppure siamo arrivati a plasmare quel primo insieme in qualcosa che ci soddisfa entrambi fortemente. Ovviamente il fatto che ci conosciamo da anni è stato un vantaggio sostanziale. Poi è arrivato il grande aiuto di Giuseppe Bassi del dysFUNCTION Studio, che con altrettanta lucidità è riuscito a capire cosa dovesse essere lasciato com’era e cosa aveva bisogno di un’ulteriore cura nell’ultimissima fase della produzione. Lo ringraziamo molto per quello che ha fatto per noi, avrà sicuramente un ruolo importante anche nelle nostre prossime produzioni. 

Hai girato il video di “What it takes” allo Zeta Factory: non so come va nella tua zona, ma qui in Toscana un sacco di locali di musica dal vivo hanno chiuso a causa della pandemia e dei problemi economici, o si sono riconvertiti in discoteche/bar. E’ un impoverimento costante, soprattutto se ascolti musica di un certo tipo. Che ne pensi?
Sono tempi duri. Quelli che erano centri nevralgici della scena alternativa locale sono spesso costretti a riconvertirsi e si ha la sensazione che non esista più un qualcosa di organico che faccia da collante tra gli artisti e il loro pubblico. Però siamo convinti che ci sarà presto una rinascita: dopo periodi di crisi la tendenza è spesso quella di un proliferare di opportunità e, anche se non sappiamo quando, contiamo che la passione per la musica dal vivo sarà ancora uno dei motivi scatenanti per una nuova fase di crescita per la musica alternativa. Uno dei vantaggi di oggi per i fan di generi musicali più di nicchia è quello della reperibilità di un catalogo infinito sui nostri cellulari e computer. A volte capita di perdersi in questa marea di offerta musicale, a volte si trovano piccole gemme che ci riconciliano con la musica contemporanea. Speriamo di essere anche noi una di quelle note positive, e noi continueremo a nostra volta a pescare in questo mare alla ricerca di ottime canzoni. 

Domanda tecnica: sai già come promuovere il disco? Ci sono date in arrivo?
La promozione del nostro album “Don’t Bother” è nelle mani dell’agenzia bolognese Sfera Cubica, con cui ci stiamo trovando davvero bene, sin dal lancio del nostro primo singolo “Missing” nel settembre scorso. Per quanto riguarda il live, entro l’inizio dell’anno prossimo dovremmo avere un’idea più precisa di quali saranno le prime date che potremo annunciare. Si tratterà di un tour di promozione del disco, a cavallo tra la primavera e l’estate, che avrà più date in Emilia-Romagna con alcune toccate in Lombardia, Piemonte e Lazio. Come dicevo stiamo definendo il tutto proprio in queste settimane e non vediamo l’ora anche noi di poter annunciare il tutto ufficialmente. 

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