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Di come restare a mollo come paperelle: l’intervista a VALUCRE in occasione del nuovo album, 2

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Il 6 gennaio, all’incirca, è fatto di tre tipi di persone: quelli ancora in vacanza, quelli che affrontano con coraggio gli ultimi pranzi in famiglia, e quelli che ne cercano un altro, di coraggio, ovvero quello di ritornare alla vita quotidiana e di affrontare il Blue Monday

Nell’universo della musica, tuttavia, c’è un altro 6 gennaio: quello in cui è uscito, per Atlantide Dischi, 2, il nuovo disco di Valucre. La cantautrice sarda, al secolo Valentina Luiu, ha debuttato nel mondo della musica nel 2019 con i singoli Libellula e Povero Massi, dal sound contemporaneo e dal beat metricamente perfetto, seguiti poi da COSE, EP uscito nel 2020.

arriva dopo tre singoli (14 maglioniche schifo e nnsnqua), e vede la produzione di Alessandro Forte, già al fianco di AIELLO e Galeffi, che contribuisce a rendere il disco un viaggio tra pop onirico e lo-fi, sfiorando l’EDM. L’album ha la forma di un diario autobiografico, di un racconto di attimi di semplicità e quotidianità che riescono a non diventare mai banali.

In una chiacchierata con Valucre, ci siamo fatti raccontare qual è il segreto affinché la leggerezza non diventi superficialità, quando ha capito che la produzione pop fosse la chiave del disco, e che come possiamo stare a mollo come le paperelle.

Il disco si apre con 14 maglioni, che è stato anche il primo singolo estratto. Lo hai definito “l’inizio e la fine”, sentirsi inermi e vulnerabili di fronte a un inizio che è anche, appunto, inevitabilmente, una fine: è questo il sentimento alla base del disco? La felicità del nuovo bilanciata da un’esistenziale malinconia per quello che non è più?

Più che il concept del disco potrei dire che è un tema ricorrente nei miei testi. Il concetto di ciclicità e di rinnovamento, per esempio, è il tema anche di Cose, la focus track del mio EP omonimo.

Il secondo pezzo dell’album è uno schifo, un uptempo con accenti martellanti: dici “faccio un po’ schifo è vero, ma sono pigra sai”. Lo schifo è quella condizione in cui finiamo se non ci sforziamo di mettere a posto le cose? E quando ci finiamo, come ci sopravviviamo?

Penso che lo schifo non sia una condizione che dipenda da noi, ma piuttosto che sia legata al normale deteriorarsi delle cose. L’unico modo per accettarlo è rendersi conto che lo schifo fa “schifo” solo al presente, mentre per il passato acquista un valore in più, dato dall’esperienza. 

In lavitadiuncane, terzo pezzo, parli di un ottimo modo di salvarsi, ovvero vivere i sentimenti profondi e pesanti con leggerezza. E se poi diventa superficialità? Andrà bene lo stesso?

Posso rispondere alla tua domanda con un’altra domanda: definiresti un cane superficiale?

Nel disco c’è una componente grafica molto importante: dagli artwork per i vari pezzi (come, ad esempio, il gomitolo per 14 maglioni, il sacchetto di plastica per uno schifo, gli occhi per colpa mia), fino a dei veri e proprio concept grafici (come il cruciverba di nnsnqua), tutti ideati e curati da te. Qual è il loro ruolo? Sono complementari alle canzoni? Sono le canzoni, ma con un altro medium?

Da progettista, posso dire che ogni grafica e contenuto visivo sia complementare e fondamentale alla comunicazione della musica. Posso anche dire però che le grafiche non sono le canzoni, piuttosto parlano come le canzoni, è come un testo a fronte tradotto in un’altra lingua.

E a proposito di grafica, sulla copertina del disco ci sono due ciliegie…

Solo non si vedono i due leocorni?

Una delle cose più sorprendenti di questo album è sicuramente la produzione elegante di Alessandro Forte: i sintetizzatori rendono il disco un ballo della malinconia, tra EDM, ambient, pop onirico, fino a un sound che diventa lo-fi in brani come laporta o agile: come hai capito che questa era la chiave del disco?

Fare questo album con Ale è stato più divertente che mai, ma soprattutto è stato davvero bello e costruttivo per me lavorare insieme ai miei provini ed elaborare un nuovo sound più danzereccio. 

Tornando alle canzoni dell’album, in nnsnqua dici “certe volte non mi basto, vorrei essere una città”: inadeguatezza per il presente o desiderio di fuggire?

Entrambi! nnsnqua parla dell’annullamento di se stessi: annullare il singolo significa far parte di qualcosa di poco più grande, come una coppia di ciliegie, o di molto più grande, come una città.

Il disco si chiude con +xme, un altro pezzo con un beat in battere che rimane incollato al cervello: per esprimere un disagio, meglio un testo molto verboso o un hook martellante sorretto dalla produzione? 

Sulla mia esperienza, dico che qualsiasi testo va bene per comunicare un disagio, basta che sia vero e che faccia stare meglio.

Su Spotify c’è una playlist che hai creato con “canzoni per stare a mollo”: tra pezzi alternativi contemporanei, ci sono dentro pure Riccardo Del Turco, Bruno Martino o Ornella Vanoni. Ultimamente c’è in atto un movimento di riscoperta del pop italiano degli anni ’60 e ’70: cosa ha da dirci oggi?

Quella playlist è fatta per rilassarsi e stare a mollo come delle paperelle di plastica: cosa c’è di più rilassante di quello che si conosce?

E a proposito di musica italiana, manca meno di un mese a Sanremo. Immagina di essere in gara e di dover partecipare alla serata delle cover: che cosa canteresti?

L’Appuntamento di Ornella Vanoni.

2 è uscito: adesso che succede?

Adesso mi rilasso un po’ ascoltando la mia playlist e il resto sarà tutto da ascoltare. 

Filippo Colombo

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