Interviste

Eman: “Distratto” e l’arte del volo del calabrone

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Eman ha pubblicato “Distratto”, il suo nuovo EP, venerdì 21 aprile. Più che un Ep, “Distratto” è il ritratto di una generazione: il pezzo che da il nome all’ultimo lavoro discografico di Eman, infatti, riesce a dipingere la situazione dei trentenni tramite una storia d’amore. Il mutuo, i figli, la casa, e se domani il contratto di lavoro non me lo rifanno? Affrontare tutto senza uscire di testa è come guardare i calabroni che volano anche se, tecnicamente, non possono farlo.
Abbiamo parlato di questo, con Eman. E, mi raccomando: i testi delle canzoni vanno letti, non sono una cosa messa li per caso.

Con “Distratto” hai dipinto il ritratto della nostra generazione: non sai mai cosa succede domani, non hai la certezza che le cose restino come sono. Metti che poi non ti rifanno il contratto? Poi cosa fai? E l’affitto chi lo paga? Però tu l’hai reso più “domestico”, più reale e comprensibile. Quindi, tipo, chapeau. (è una domanda? Non lo so se è una domanda).
A me interessa che il messaggio di fondo arrivi. Non è un’epoca in cui l’Ulisse di Joyce verrebbe scritto e né tantomeno pubblicato, hai poco tempo per lasciare una traccia, un piccolo seme, qualcosa che metta in moto il pensiero. Il potere più grande (e anche la difficoltà, direi) di una canzone è racchiudere un mondo in pochi minuti. Io voglio che la gente si riveda in ciò che canto: voglio fargli compagnia, mettiamola così.

Non mi ricordo dove l’ho letto, ma diceva così: “Siamo la prima generazione che sarà più povera dei suoi genitori, ma continuiamo a mettere su famiglia e andiamo avanti perché siamo come i calabroni, che fisicamente non potrebbero volare ma lo fanno lo stesso”. Che ne pensi?
Vigeva un patto millenario che è stato tradito: dovevo essere io a prendermi cura di mio padre e mia madre durante la loro vecchiaia, non il contrario. Il discorso è talmente complesso che cercherò di porre un limite a ciò che vorrei dire oltre che a mordermi la lingua: in pochissimi anni abbiamo visto aumentare a dismisura il divario tra ricchi e poveri, vedendo le ricchezze concentrarsi sempre più in poche mani. La società del benessere (e dello spettacolo) ha prodotto ciò di cui aveva bisogno per sopravvivere agiatamente: una moltitudine di poveri e quasi poveri che non si ribella perché occupata a “non pensare” e a non sembrare povera quantomeno sui social; se prima a livellare le classi era il cesso, oggi è l’iPhone. Siamo ciò che possediamo. Mettici anche la fine dell’edilizia popolare e quindi la tagliola del mutuo ed il gioco è fatto. Vivo a Milano e sperimento ogni giorno l’assurdità di una città che non è alla portata del 90% dei cittadini che la abitano. Sono padre e lo vivo ogni giorno come un atto di coraggio e di amore verso il mondo: sto cercando di crescere una persona migliore di me; nei bambini risiede il potere della Vita e del Futuro, ma non è affatto semplice. Soprattutto per la mia compagna: questo è un paese che non ha rispetto per la donna, nonostante il suo premier lo sia… Essere madre in Italia è una fatica doppia, ti si chiede di scegliere a cosa rinunciare: lavoro, vita sociale, tempo libero o maternità. Incredibile. Mi fermo qui… 

A volte me lo chiedo: “Se non dovessi pensare costantemente a lavorare per vivere, cosa fare? Dove sarei? Cosa avrei voglia di fare?” perché, come giustamente dici, non siamo solo il nostro lavoro e la nostra casa. Gesù Santo mi stai facendo diventare filosofica. Comunque. Nei tuoi sogni più reconditi cosa sei, o cosa saresti?
Nei miei sogni più reconditi non lavoro affatto ah ah ah ah ah. Ironia a parte, faccio già ciò che mi piace fare è questo già mi rende fortunato. 

Cobalto” è un’anti canzone da spiaggia. C’è rischio che, come “Vieni a ballare in Puglia” di Caparezza, diventi invece una canzone da spiaggia perché non ascoltiamo i testi dei pezzi che sentiamo?
Beh, il rischio reale c’è. Potremmo anche evitare i contenuti e occuparci solamente della confezione. Ma limitarsi ad essere saltimbanchi perché lo chiede il mercato è una cosa che mi fa orrore! In fin dei conti c’è già chi indossa le piume di struzzo e il vuoto, con classe infinita: perché dovrei farlo anche io?

Domanda tecnica: come promuoverai l’EP? Ci sono già date programmate?
Manca poco e annunceremo le date del tour estivo. Non vedo l’ora di salire sul palco e mostrare come riesce a volare un calabrone. 

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