Editoriali

BLINK 182: ONE MORE TIME… ONE WEEK LATER

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Da “Well, I guess this is growing up” a “Where did our childhood go?” il passo è breve. Il tempo scorre indifferentemente da come ci sentiamo a riguardo. Per molti figli degli anni ’90/primi anni 2000 (i cosiddetti millenials e gen Z, come il sottoscritto) i Blink-182 sono stati un paletto imprescindibile nel percorso di crescita. Venerdì scorso il trio ha pubblicato la loro ultima fatica, decima in carriera e prima con Tom DeLonge (chitarre, voce) dopo ben 11 anni. Mi sono preso una settimana per mettere a parole i miei ripetuti ascolti.

A livello tematico, pare che l’amara presa di coscienza sul passare del tempo non sia solo una preoccupazione dei fan, ma sia anche interiorizzata dalla band stessa. Anche le rockstar invecchiano e, visto l’evolversi di varie problematiche personali all’interno del gruppo, aggiungerei un menomale! L’episodio più recente è la battaglia di Mark Hoppus (basso, voce) con il cancro, vinta dal cazzutissimo musicista. Quest’esperienza è presente in molti testi di questo “ONE MORE TIME…”, più notoriamente fa da fulcro narrativo a “YOU DON’T KNOW WHAT YOU’VE GOT”. La traccia ha un non so che di “I Miss You”, con l’ormai patentato groove sul rullante da parte di Travis Barker ad aprirne le danze.

Non è l’unico callback del progetto. D’altronde come accennavo la nostalgia è un tema importante che permea l’atmosfera di questo disco. Che sia per il video amarcord della title track, o per la sfuriata della opener “ANTHEM PART 3”. Tutto odora di gioventù, di Warped Tour e di Monster Energy. Tutto o quasi… È inutile girarci troppo intorno, non si può analizzare la composizione di traccia per traccia senza menzionare la grande incognita dell’album, la prima cosa che salta all’orecchio: la produzione. Premessa, sono un grande difensore della soggettività nelle produzioni musicali. Io personalmente arrivo dalla scena punk undergorund, tra hadcore, grindcore, skate punk e perché no, un po’ di ska. Molti dei miei dischi preferiti suonerebbero malissimo nelle orecchie di molti ascoltatori, casuali o seriali. E va benissimo così, perché la musica andrebbe misurata in emozioni e non in matematica. Quindi, applicando questa formula, a livello sonico “ONE MORE TIME…” mi ha lasciato davvero poco o nulla. Tutto è inutilmente alto di volume, le batterie coprono buona parte del mix, e le voci… mio dio le voci. Evviva l’autotune, melodyne ed effetti stilistici, se contestualizzati. Ma in questo caso, è palese che l’intera sezione di ritocchi vocali sia volta ad aggiustare qualcosa di rotto, e sfortunatamente va a depersonalizzare tutto il suono del progetto. Ci sono punti in cui non si distingue Mark da Tom. Già, due delle voci più istantaneamente riconoscibili del panorama punk mondiale. Per scelta personale, avrei preferito mille volte sentire qualche stonatura piuttosto che avere il cervello che pulsa, ad esempio durante “TERRIFIED”. Alla fine non è che in passato erano entrambi Freddie Mercury.

Dove la produzione pecca, la scelta dei suoni è invece di spanne superiore ai loro lavori più recenti. Soprattutto lo sporchissimo basso di Mark che si fa valere nelle strofe di “DANCE WITH ME”. Il pezzo è forse il punto compositivo più alto di un album che di composizioni di livello ne ha da vendere. Senza dubbi, questo “ONE MORE TIME…” è il disco più “blink-182” della band dopo Untitled. È punk, è veloce, è divertente ed è particolarmente maturo. Ci sono diversi pezzi che riportano in auge il d-beat scuola sud-californiana. Se siete nostalgici degli anni ’90, di band come NOFX, Lagwagon e Pennywise, c’è decisamente qualcosa che vi terrà incollati a quest’album. Se non altro, mi tolgo la soddisfazione di vivere anche io in un momento in cui pezzi così abrasivi sono discussi nel panorama mainstream. La sopracitata “ANTHEM PART 3”, “TURN THIS OFF!”, “BAD NEWS” e la cattivissima “FUCK FACE” hanno tutte un tiro che mancava al trio da ormai troppo tempo. Come al solito solo lodi per Travis che è, ormai si può dirlo, uno dei migliori di sempre nel suo campo. Altre tracce invece si rifanno al pop-punk più classico, più accessibile alle masse. “EDGING”, la stessa “DANCE WITH ME” e la sorpresa “TURPENTINE” hanno un potenziale radiofonico pazzesco. Non ricordo un disco dei blink di memoria recente che abbia così tante hit, e tutto ciò senza contare la title track. Nonostante la natura molto strappalacrime della fantastica ballad acustica “ONE MORE TIME”, la becco in qualunque radio a lavoro, tra un pezzo dance ed un pezzo pop. “OTHERSIDE”, così come “BLINK WAVE”, hanno un’attitudine moderna, sembrano quasi uscire da Nine o California. Che sono dischi con comunque diverse qualità encomiabili, per quanto mi riguarda. Non sono Enema o TOYPAJ, ma alla fine chi ce lo fa fare di vivere nel passato. E quindi possiamo festeggiare un presente dove la band caccia fuori pezzi come “MORE THAN YOU KNOW” e dove ci è concesso razionalmente di marcare il nuovo disco dei blink-182 come uno dei loro migliori. Produzione a parte, che resta un discorso comunque soggettivo, mi sono trovato con solo una frase da dire alla fine di ogni ascolto: One more time!

Matteo Pastori

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