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Editoriali

Pearl Jam – Dark Matter è un’occasione sprecata

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Pearl Jam Dark Matter

C’era molta attesa per Dark Matter, il nuovo album dei Pearl Jam, il dodicesimo di Eddie Vedder e soci, disco che segue l’abbastanza criticato Gigaton, uscito esattamente quattro anni fa.

Al primo ascolto la domanda mi sorge spontanea: togliendo il fatto che i Pearl Jam rimangono una delle più importanti, nonché influenti, band degli ultimi trent’anni, è valsa davvero la pena attendere questo tempo per un nuovo disco? 

Senza sentirsi obbligati ad addentrarci su quanto siano stati fondamentali nel panorama musicale mondiale, è doveroso però concentrarci su quello che sono diventati oggi.

Dark Matter vede nelle vesti di produttore Andrew Watt, vincitore di diversi Grammy e che in passato ha lavorato con artisti del calibro di Ozzy Osbourne, Rolling Stones e Miley Cyrus, giusto per citarne alcuni. 

La curiosità è che Watt è molto più giovane dei membri della band, ma soprattutto è un loro grande fan, e questo forse è risultato un po’ controproducente, in particolare nel voler ricreare, in certe fasi, quel sound di una volta che però ha prodotto un effetto nostalgia a tratti stucchevole e ridondante.

Se la opener Scared Of Fear, assieme alla seguente React, Respond sono di buona fattura facendo presagire una speranzosa nuova vena creativa nonché di ispirazione, Wreckage è quella ballad che vuole essere evocativa ma si presenta con una palpabile mancanza di magia.

Won’t Tell e Running sono due brani che si lasciano ascoltare senza infamia e senza lode, ma con le successive Something Special e Got To Give il livello tende a scendere, la qualità viene meno, facendoli risultare più come riempitivi che come pezzi inseriti con vera convinzione.

Tornando alla domanda che ci siamo posti all’inizio, l’attesa è valsa la pena? Probabilmente no. 

O meglio, Dark Matter è proprio quello che ci si aspetta dai Pearl Jam del 2024, e questo è tutto tranne che un complimento. 

Il disco ha tutte le caratteristiche dell’occasione sprecata da parte di un gruppo che, già da diversi anni, ha perso quel tiro e quell’attitudine che sono stati fondamentali nel corso della loro carriera, ormai in fase avanzata, e in particolare, per lunghi tratti si nota quella che è la principale assenza: Eddie Vedder.

Non solo la sua voce, nascosta a scapito di una produzione incentrata un po’ troppo sulle sonorità, ma anche le sue parole e la sua capacità di suscitare le emozioni che da sempre sono state presenti nei lavori della band. 

Sicuramente bisognerà valutare anche la resa dal vivo di questi nuovi brani, situazione dove i Pearl Jam si sono sempre trovati a loro agio, ma al momento, nonostante l’imminente tour europeo, non sono previste date in Italia, un vero peccato.

Testo di Piero Di Battista

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