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Vended – Un grande concerto che cerca di superare i paragoni

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Serata all’insegna del rumore, del sano e puro rumore, al Legend Club di Milano che in una piovosissima serata ha riunito sullo stesso palco i Profiler, i The Gloom And The Corner e i Vended.

La particolarità del Legend Club, di cui segnalo la programmazione (non perché vi siano collab particolari, ma perchè per chi ama il mondo indipendente e underground è perfetto e gratificante), è che la sua conformazione rende, a prescindere dal genere, ogni performance estremamente intima e calorosa, annullando un po’ quella distanza eccessiva che da qualche tempo si respira in location più grandi.

Sono circa le 20 quando salgono sul palco i Profiler, trio inglese estremamente interessante e che, seppur con un approccio timido, ha saputo riunire fin da subito un bel pubblico, via via sempre in crescita. Il dettaglio che colpisce fin da subito è la qualità e la poliedricità musicale di questa band, dove il basso è a sei corde e la chitarra è da sette. I suoni sono perfetti, così come l’alchimia tra i vari componenti, che si muovono con agilità sul palco proponendo una sorta di nu metal estremamente contaminato, ricco di spunti ed ascolti e perfettamente assemblato con la voce di Mike Evans, mente dei Profiler, che a tratti assomiglia molto ad un giovane Kurt Cobain. La performance, della durata di circa mezz’ora, è stata una sorta di presentazione di vecchi e nuovi pezzi, con particolare attenzione “A Digital Nowhere”, EP uscito da pochissimo e che merita l’ascolto e l’acquisto.

Profiler

La serata è ancora lunga e poco prima delle 21 approdano sul palco i The Gloom And The Corner, che sono venuti direttamente dall’Australia per dare una sonora pettinata e svegliata ad una Milano sempre più sott’acqua. Anche qui nulla da dire sui suoni, che hanno fatto si che ogni singolo componente della band avesse il proprio spazio e momento di protagonismo.

Il carisma di questa band è fin da subito palpabile. Headbanging, pogo, corna e caos sono stati gli elementi che hanno caratterizzato e accompagnato senza sosta una performance che non ha assolutamente nulla da invidiare a band ben più blasonate. Il passaggio tra ben tre voci, di cui la principale in grado di switchare senza sbavature tra clean e scream, è una ricetta vincente che ben si completa con l’entusiasmo contagioso di Mikey Arthur, frontman, che non ha mai smesso di tenere alta l’attenzione della platea, completamente nelle sue mani.

Ammetto senza vergogna la mia ignoranza nel dichiarare che non conoscevo questa band, ma contestualmente mi permetto di dire di ripopolare i piccoli club che, oltre ad avere un clima più leggero, fanno sì che si possa conoscere tanta buona musica. 

The Gloom And The Corner


Ad ogni modo TGITC, di cui è appena uscito il singolo “The Jericho Protocol” hanno portato un mix dei precedenti album, con particolare attenzione a “Trinity”, riarraggiando qua e là i pezzi rendendoli, se possibile, ancora più cattivi.

Sono le 22 spaccate quando sulle note di “Tainted Love” è giunto il momento degli headliner della serata: i Vended. Una parola, e la scriverò anche in caps lock violando il bon ton del web: DEVASTANTI. 

Indipendentemente dalla quantità di persone sotto al palco (ahimè la serata del 14 maggio ha visto in scena altri concerti sempre di genere, che sicuramente hanno rosicchiato un po’ di pubblico) Griffin Taylor & co. si sono mossi come se fossero ad un grande festival, dando il meglio di loro e senza risparmiare alcun colpo. 

Fare i paragoni è inevitabile, anche perchè quando fai un certo tipo di metal e fai Taylor di cognome, è un po’ difficile non guardarsi indietro ma quello che si può tranquillamente dire è che, malgrado la proposta sia prettamente identica ai primissimi Slipknot, i Vended hanno una loro linea ben precisa e coerente che portano avanti, da anni, con fierezza. Nonostante la giovane età tutti quanti si sono letteralmente mangiati il palco, prendendosi di prepotenza la scena.

Vended


I suoni in questo caso sono stati meno belli, o meglio, era tutto eccessivamente alto, come se fossimo in una location molto più grande, e tutto ciò ha un po’ penalizzato la performance che in alcune punti risultava impastata, togliendo spazio ai singoli componenti.

Una doverosa menzione va fatta anche ad un altro figlio d’arte, Simon Shawn, la cui cattiveria alla batteria è qualcosa di piacevolmente destabilizzante e che sicuramente nel tempo verrà sempre più riconosciuta. Il caldo all’interno della location, soprattutto sul palco fitto di luci, ha in parte guastato il clima lasciandomi il dubbio che, essendo il live durato solamente 40 minuti, forse vi sia stato un taglio di scaletta. Essere musicisti non è facile e farlo con passione ed entusiasmo ogni sera non è sicuramente una cosa da tutti, ma i Vended ci hanno saputo decisamente fare.

Per quanto il concerto sia stato nel complesso breve, un elemento assolutamente da apprezzare, e che spero non venga perso nel tempo, è il fatto che tutte e tre le band, che gestivano personalmente il proprio merch (raga ma quanto è incredibilmente punk questa cosa??), sono state disponibili con tutte le persone presenti, senza dimostrarsi stanche o annoiate, parlando con chiunque facesse domande o chiedesse una foto, senza dimostrare insofferenza o mettere fretta. Performare è anche questo: saper dedicare il proprio tempo anche fuori dal palco, dimostrando gioia e gratitudine verso coloro che permettono di far si che la passione per la musica si trasformi in un lavoro.

Clicca qui per vedere le foto dei Vended al Legend Club di Milano, oppure sfoglia la gallery qui sotto:

Testo di Francesca Carbone
Foto di Mairo Cinquetti

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