Editoriali
OBEY – La prima personale in Italia di Shepard Fairey
La musica è legata a doppio filo con l’arte, da un lato perché è essa stessa una forma artistica e dall’altro perché la commistione di idee alimenta il loro motore. La mostra di OBEY a Milano unisce le due realtà, perchè Shepard Fairey nasce negli ambienti underground, da adolescente riceve in regalo uno skateboard e da li inizia a frequentare un mondo fatto di Sex Pistols, Clash, Black Flag ma anche di Beastie Boys e Public Enemy e, anche inconsciamente, la sua carriera inizia proprio da qui.
Obey: The Art Of Shepard Fairey è la prima personale in Italia dell’artista Americano, uno tra i più importanti e quotati al mondo, e grazie agli sforzi di Fabbrica del Vapore, Wunderkrammen e Deodato Gallery possiamo goderne anche noi attraverso l’esposizione dei suoi migliori lavori, con anche qualche chicca davvero particolare.
La mostra si apre subito con il suo visual più famoso, Andre The Giant, che con una parete da il benvenuto allo spettatore per accompagnarlo attraverso le sale che, secondo una regola ben precisa, sono state “pensate per perdersi”, nessuna presenza di frecce o percorsi definiti, l’esposizione va gustata in modo casuale anche se ogni corridoio segue delle tematiche precise che OBEY ha ridefinito con il suo stile nel corso della sua carriera.
Troviamo quindi “Hope”, l’opera controversa che l’ha fatto conoscere al mondo, famosa per essere stata il simbolo della corsa alla presidenza di Barack Obama, più una serie di serigrafie su alluminio che parlano di diversi temi sociali, un esempio las persona intesa come cittadino del mondo.
Non possono mancare alcune opere che richiamano le grafiche dei manifesti della propaganda russa rivisti in tema sociale, dove Shepard Fairey lamenta un eccessivo attaccamento ai beni materiali e al consumismo, sempre più parte del nostro modo di vivere.
Altrettanto interessanti le nuove opere nelle quali viene trattato un tema molto attuale, ovvero il cambiamento climatico e le difficoltà che questo sta creando al mondo intero. Con la serie Modular Discourse l’artista, attraverso la classica modularità degli elementi, ci pone di fronte al racconto di una natura in disfacimento, dove invita all’uso di nuove energie e chiede di non ignorare il problema, bensì di affrontarlo.
Altra sezione molto interessante è l’area dedicata alla musica, da sempre grande amore di Obey, nella quale ci mostra alcune opere interessanti con protagonista Joe Strummer, Bob Marley, Bad Brains, John Lennon, Kurt Cobain. Da segnalare anche la serie “Album Cover”, opere serigrafiche in formato copertina di vinile.
Senza dubbio la mostra di OBEY a Milano va vista per diversi motivi, non ultimo la quantità di opere e di materiale raccolto che finalmente vale davvero il prezzo del biglietto. Altro motivo è sicuramente l’influenza che Shepard Fairey ha avuto nel mondo della street art e della scena alternativa in generale, e questa mostra racchiude appieno l’essenza del suo percorso artistico.
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Foto di Mairo Cinquetti