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Dropkick Murphys, The boys Are Back ancora una volta

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Dropkick Murphys in concerto al Carroponte di Milano

Potremmo banalmente iniziare con un The Boys Are Back, citando un dei pezzi più noti dei protagonisti di questa serata. Troppo scontato? Forse un po’ una citazione forzata visto che i Dropkick Murphys varcano spesso i nostri confini, e lo fanno al Carroponte, location della periferia Nord di Milano che li ha già accolti più volte, l’ultima delle quali due estati fa.

Location niente male, cosi come l’organizzazione, e meteo perfetto considerate le ultime settimane milanesi, tavola dunque apparecchiata quando poco prima delle 20 salgono sul palco i The Chisel, band londinese portatrice di un ottimo hardcore-punk oi!

Il gruppo inglese appare totalmente a proprio agio, il cantante Callum Graham, che non avrebbe in alcun modo sfigurato in Trainspotting, si dimostra un più che valido frontman, cercando anche di coinvolgere il (poco, peccato) pubblico presente al momento.
Promossi, ma da rivedere il una location più adatta, magari più piccola e intima.

Arriva il turno dei Uncle Bard & The Dirty Bastards, tutt’altro che nuovi in contesti del genere, hanno suonato spesso coi Dropkick Murphys, ma anche con Flogging Molly e The Dubliners, e non solo in Italia. La loro performance, durata poco meno di un’ora, appare lineare, e anche coinvolgente. Il pubblico, di cui buona parte già li conosce, gradisce e parecchio, loro si divertono e sono totalmente a proprio agio considerata anche la loro esperienza. Durante l’esibizione c’è spazio anche per un momento di intrattenimento attraverso l’esibizione di ballerine a tema. La chiusura è una dedica a Shane McGowan, senza il quale, sostiene la band, non sarebbero mai nati. Niente di più vero, e vale anche per molti altri gruppi.

Dropkick Murphys, il concerto

Sono circa le 22 e sulle note di Foggy Dew dei The Chieftains, con voce della compianta Sinead O’Connor, i Dropkick Murphys fanno il loro ingresso iniziando con The Lonesome Boatman, seguita da The Boys Are Back.

Il loro non è un tour promozionale di un disco, quindi lecito aspettarsi una setlist stile “best of”, e così è stato. Barroom Hero, Workers Song, Bastards on Parade, sono alcuni dei classici eseguiti dai Bostoniani, i quali appaiono in forma ma, onestamente, e chi vi scrive li ha visti svariate volte, non è stata la loro miglior performance.

Nonostante Ken Casey, leader e voce della band, non si sia fermato un attimo saltando come un grillo lungo il palco e cercando più volte il contatto col pubblico, a tratti è sembrato di assistere al classico “compitino”, dove la verve vista più volte è venuta un po’ a mancare. Colpa anche dei volumi decisamente bassi? Assolutamente si, e non è la prima volta che accade. Non entriamo in questioni logistiche/giuridiche riguardo l’argomento, ma un live di questo genere a volumi così ridotti crea, al massimo, l’enfasi di una pizza tra amici. Peccato.

Lo show continua senza intoppi e trovano spazio anche momenti più “intimi” e tranquilli, ad esempio con Rose Tattoo e You’ll Never Walk Alone, fino alla conclusione, come di consueto affidata a I’m Shipping Up to Boston, nella quale viene invitato anche un ragazzo a cantare, e Until The Next Time, perfetta nel dar via ai titoli di coda della serata.

Non ci resta che aspettarli di nuovo, e, visto il loro rapporto con l’Italia, non penso ci vorrà poi così tanto tempo.


Testo di Piero Di Battista
Foto copertina: ufficio stampa HUB

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