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G.L.O.S.S. – Per i reietti

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G.L.O.S.S. – Per i reietti

Ieri abbiamo detto a Vice di andare a farsi fottere, abbiamo detto al New York Times la stessa cosa. […] Non è una questione di ego, è che non ne vale la pena. Tutto quello che dici viene preso fuori contesto e compromesso.”

Ma alla fine, qualcuno è mai riuscito a dare una risposta esaustiva a “Cosa si intende con punk”? Ci sono davvero un sacco di definizioni spiattellate addosso a foto di Fat Mike che fa il dito medio su Google immagini. Tutte citazioni che rasentano la superficie per chi il punk lo vive come un genere e non come un movimento. È forse calciare un bidone ma non se l’ha calciato qualcuno già prima di te (qualsiasi cosa voglia dire)? È bella musica suonata da musicisti terribili? Rosso di sera, bel tempo si spera

Ok, ammetto che oggettivamente non è facile cercare una definizione alle cose, è molto più facile campare di frasi fatte. Ma in questo caso non ne vedo neppure il motivo. Quindi quando mi viene posta la domanda, in genere, mando il link Bandcamp dellǝ G.L.O.S.S. (acronimo di Girls Living Outside Society’s Shit). Un pilastro fondamentale della cultura punk, eticamente e musicalmente. Una carriera da libri di storia. Una discografia di soli 15 minuti di musica divisi in due EP/demo. Ma andiamo con ordine.

Chi sono lǝ G.L.O.S.S., e perché parlarne ora a distanza di anni dallo scioglimento?

È giugno, il mese del pride. Le buone intenzioni sono nell’aria così come lo sono gli sciacalli. Si parla molto di rainbow-washing negli ultimi anni, e per ovvi motivi. È importante però ricordare che, tra i loghi color arcobaleno delle aziende, giugno è un mese di lotta. Che l’esistenza queer è marginalizzata e che forse cambiando l’immagine profilo social l’azienda miliardaria non sta davvero aiutando. La lotta passa soprattutto da parate e da eventi, da raccolte fondi ed opposizioni politiche. Ma soprattutto, passa dalla voce di chi la marginalizzazione la vive sulla propria pelle, ed ha una piattaforma per denunciarla al mondo. 

Ci hanno detto che siamo femmine per come appariamo, ci vestiamo e piangiamo. Ci hanno detto che siamo femmine, così abbiamo reclamato la nostra femminilità. Ora ci dicono che non siamo femmine, che la nostra femminilità è diversa dalla loro. Siamo femmine del futuro, che vivono fuori dalle stronzate della società

Semplice, diretto, conciso. Così si apre il primo demo dell’ormai defunto quintetto di Washington. Da qui ai restanti sette minuti di disco, la frontwoman Sadie Switchblade sputa rabbia sul microfono senza prendersi tregue. Questo demo nello specifico è indirizzato a persone queer, visto che a livello narrativo è una raccolta di esperienze personali su quel campo. Allo stesso tempo è anche un manifesto, con veri e propri inni come “Outcast Stomp” o “Lined Lips and Spiked Bats” (il cui testo include una frase particolarmente d’effetto: “Ci hanno detto di morire, abbiamo deciso di vivere”). Musicalmente ci troviamo davanti alla versione più primordiale dell’hardcore punk. Batterie con d-beats a gogo e fills taglienti, chitarre e basso distorti e rumorosi e voci che di melodico non hanno nulla. Allo stesso tempo, c’è una buona dose di orecchiabilità in tutto il progetto. A livello strutturale le canzoni funzionano e restano in testa, e le transizioni da un pezzo all’altro rendono i sette minuti molto fluidi. La cosa più coinvolgente del demo però resta la rabbia autenticamente espressa e difficile da ignorare. 

Non c’è voluto molto prima che il mondo prendesse nota. Lǝ G.L.O.S.S. hanno toccato un nervo nell’ascoltatore medio del genere. Ovviamente un progetto così radicale non può che essere divisivo, quindi la risposta di tale ascoltatore era o di supporto o, diciamo le cose come stanno, transfobica. Non ho letto nessun commento negativo sulla proposta artistica della band, anche scavando negli archivi di quando il quintetto lo conoscevano in pochi. I detrattori, invece, erano concentrati a sminuire sentimenti ed esperienze di Sadie e del resto del gruppo. Di fatto dimostrando la veridicità della loro musica

Con gli occhi della scena addosso, il progetto sembra destinato ad evolversi artisticamente in maniera esponenziale. Nel 2016 esce dunque “Trans Day Of Revenge”, un EP di 5 tracce hardcore per 7 minuti di musica. Insomma, squadra che vince non si cambia. E, esattamente come il demo dell’anno prima, il disco è una bomba. L’unica vera differenza tra il vecchio demo e questo nuovo ep è a livello tematico. “Trans Day Of Revenge” non affronta più tematiche solamente queer, ma porta la lotta a qualsiasi forma di marginalizzazione. 

Le vite di colore non hanno importanza negli occhi della legge

La opener (ed ormai storica) “Give Violence a Chance” è un manifesto BLM. Affronta a viso aperto la triste realtà della violenza razziale compiuta dalle forze dell’ordine statunitensi giornalmente. È lecito ricordare che la lotta queer e quella delle persone di colore si accavallano storicamente nei moti di Stonewall del 1969. Così come in ogni lotta contro l’emarginazione, il supporto fa la differenza. “Out From The Desk” affronta la piaga della violenza di genere senza girarci troppo attorno, mentre “Fight” è una sfuriata antifascista. Chiudono “We Live” e la title-track, entrambe riprendendo le tematiche del demo. Personalmente adoro la voglia di vita trasmessa nella quarta traccia, non c’è vendetta più grande di vivere in faccia a chi ti augura la morte (Nella trascrizione dei testi ufficiale rilasciata dalla band, il pezzo si chiude con tre cuori stilizzati, che rappresentano tre baci).

Chiamare “Trans Day Of Revenge” un classico sarebbe riduttivo. Pitchfork gli diede un 8.5, scrivendo che l’ep non solo era di buon auspicio per il futuro del punk, ma della realtà più in generale. Su Discogs la valutazione degli utenti è intorno al 4.5 su 5. Le richieste di tour si fecero più intense e, soprattutto, iniziò a palesarsi l’ombra delle major. Voglio riportare l’attenzione al virgolettato che apre l’articolo. Quante volte nella scena musicale alternativa si sentono parole del genere. Tanto che probabilmente leggendole avete pensato “meh, frasi fatte che starebbero bene su un’immagine di Fat Mike che fa il dito medio”. La realtà è però che quel discorso specifico arriva da un concerto DIY a cui lǝ G.L.O.S.S. parteciparono nel periodo in cui bussò alla loro porta Epitaph Records

Per chi ce lo sta chiedendo: lǝ G.L.O.S.S. non firmeranno per Epitaph Records. È difficile dire di no ad un acconto di 20.000$ e restanti 30.000$ per il marketing dell’album […] Ma Epitaph è distribuita da Warner Music Group, non possiamo eticamente esserne partners

Se lo chiedete a me, non si può essere più punk di così. Individualismo, collettivismo, etica DIY, testi direttissimi. Cinque persone con l’amore per la musica ed una storia da raccontare. Nessun piano per “sfondare”. Poco tempo dopo, la band comunica al mondo la decisione di sciogliersi. La pressione di tanta visibilità era troppa per persone autodefinitesi “non altamente funzionali”. Il Bandcamp del gruppo resta attivo, ed ogni ricavato da qualsiasi vendita va a finanziare un riparo per senzatetto a Washington (motivo per cui quello è il link che giro). È forse ironico che una band così sfacciata crolli sotto al peso dell’essere sotto i riflettori, deificati o demonizzati. Allo stesso tempo, la discografia del quintetto resta una pagina importante nella storia del punk ed è ipocrita aspettarsi che siano solo le persone con un microfono a fare la differenza. La differenza la fanno i collettivi, ed ai collettivi serve una voce. 

Ecco, forse, la definizione di punk. La voce dei marginalizzati che provano a fare la differenza. Fa un po’ male vedere la piega che sta prendendo la musica alternativa al giorno d’oggi. Tra leoni da tastiera che riempiono palazzetti con la loro band e personaggi con simboli nazisti tatuati sui gomiti. Forse lǝ G.L.O.S.S. avrebbero più pane per i denti se fossero ancora attivǝ. Forse invece il loro tempo è stato anni fa, appena prima che le lotte queer diventassero così politicamente strumentalizzate. Sta di fatto che Demo 2015 e Trans Day Of Revenge meritano un posto insieme ai classici del genere, da Out Of Step a Damaged

PS. Per quanto riguarda la lotta queer nella scena musicale attuale un plauso va fatto, tra gli altrǝ, a Connie degli SeeYouSpaceCowboy che sta portando un peso non da poco sulle spalle. Magari non a livello di liriche, ma decisamente a livello di attitudine. La scena hardcore nella sua presentazione più intima resta un luogo di inclusione. E gruppi come loro ne sono un enorme baluardo di salvezza.  

Combatti per la tua vita, e non dare loro nessuna possibilità

Ogni virgolettato della band è stato tradotto in italiano dall’autore.

Link G.L.O.S.S.

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