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Franz Ferdinand, The Human Fear: essenziale ma stimolante

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Nel 2004, bastò il primo minuto del brano d’overture “Jacqueline” del loro album d’esordio a far conquistare a mani basse lo scettro di nuova rock’n’roll sensation ai Franz Ferdinand, spodestando dal trono tutte quelle band che, all’inizio del nuovo millennio, fecero esplodere la nuova scena new wave/post punk revival che si era estesa dalla Gran Bretagna fino agli Stati Uniti (vedi The Strokes, The Rakes, Block Party, The Rapture, Interpol, Futureheads etc…)

I quattro di Glasgow salirono sul podio con un esordio clamoroso (considerando anche il successivo secondo album, frutto della medesima trance creativa), quell’omonimo album che vantava al suo interno praticamente solo hit, le quali, pur non presentando nessuna novità sonora particolare, coniugavano perfettamente le influenze rubate essenzialmente da maestri come Talking Heads, Television, Clash, Gang of Four, The Smiths e Bauhaus impreziosite da attitudine glam rock, veemenza garage e melodie beatlesiane.

Dopodiché i Franz Ferdinand continuarono a produrre lavori di buona qualità, a ritmi non di certo stakanovistici, virando su territori sonori maggiormente impregnati di funk e elettronica. 

L’ultimo lavoro in studio, datato 2018 e tralasciando il greatest hits del 2022, sembrava avesse chiuso, in un certo senso, un cerchio compositivo e la lunga pausa prima di questa ultima nuova creatura poteva dettare sospetti a fan e appassionati in merito alla capacità di ripresentarsi con un lavoro degno del loro blasone. 

Formazione rinnovata quindi: gli unici due superstiti della band originaria rimangono il leader Alex Kapranos (che per la prima volta si farà coadiuvare dagli altri componenti nella scrittura dei testi) e Bob Hardy al basso, con al timone il ritorno di Mark Ralph, che aveva già ricoperto il ruolo di loro producer nel 2013 con “Right Thoughts, Right Words, Right Action”. 

Quello che ci presentano è un album essenziale, ben riuscito e un interessante concept di scrittura che vuole proporci un’intera e intensa seduta di psicoanalisi con lo scopo di esplorare le paure umane, personali e collettive che, se riconosciute ed elaborate nella maniera corretta con i giusti strumenti, possono portare alla liberazione da ciò che opprime ognuno di noi. 

Il primo singolo, “Audacious”, posto in apertura del disco, è forse l’unica hit in grado di entrare nella testa dell’ascoltatore per non andarsene più, in cui i nostri scozzesi pescano a piene mani dal brit rock degli anni ’90, con strofe che profumano di Jarvis Cocker e dei suoi Pulp e ritornelli che fanno il verso ai Blur di “The Great Escape”. 

Si continua poi con due tracce che proseguono il percorso sonoro dell’ultimo “Always Ascending” tra linee di basso sontuose che precedono esplosioni di ritornelli accattivanti e incalzanti, per arrivare alla prima vera sorpresa dell’album ovvero “Hooked”, che con una disco punk squisitamente tamarra alla Electric Six farà storcere il naso ai fan della prima ora, ma vanta il coraggio di una totale inversione rispetto alla strada maestra percorsa finora. 

Altro brano con cui i nostri scelgono di uscire dalla loro confort zone è “Black Eyelashes”, con cui ci regalano un mix sorprendente tra l’anima vivace dei Balcani e l’evocativa atmosfera di “Alabama Song” dei Doors. 

In mezzo, tra le varie, “Cats” dall’andamento country, che ci porta direttamente in Lousiana rendendo impossibile la staticità del bacino e dell’anima per chi l’ascolta, “Night or Day” (secondo singolo estratto) in cui il martellante e indovinatissimo toccato di pianoforte rende decisamente onore al killer Jarry Lee Lewis. C’è poi “Tell Me I Should Stay” dove emergono vocalità alla Beach Boys di “Pet Sounds” e una “Build it up” in cui le chitarre vengono rimesse al centro e fatte tornare protagoniste come ai vecchi tempi. 

Conclude l’album un’ottima “The Birds”, in cui l’andamento chitarristico ipnotico da Talking Heads si fonde con il cantato sciamanico di Alex Kapranos. 

Album essenziale dicevamo: undici brani per circa 40 minuti che, se da una parte non ci possono e vogliono più regalare evergreen ad ogni costo destinati a segnare la storia dell’alternative, dall’altra ci consegnano una band ancora viva e stimolante, pronta a farci nuovamente ballare e pensare sotto il palco nelle prossime date a venire. 

TRACKLIST

1) Audacious 
2) Everydaydreamer 
3) The Doctor 
4) Hooked 
5) Build it up 
6) Night or Day 
7) Bar Lonely 
8) Cats 
9) Black Eyelashes 
10) Tell me I should stay 
11) The Birds 

Testo: Stefano Quattri
Foto: livepict.com

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