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Interviste

Intervista a Riccardo Amadei per l’uscita di Estate infinita

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Il riminese Riccardo Amadei è la dimostrazione più lampante di come la musica non si sia fermata durante l’annus horribilis che ci siamo trovati a vivere. Benché, per sua stessa ammissione, Estate Infinita non sia nato durante i mesi del lockdown, è palese che il suo terzo album sia ammantato anche da un po’ di quella paura che ci ha inevitabilmente attanagliato negli scorsi mesi.

La cosa che però viene più fuori dalle tracce del disco è l’estrema sensibilità artistica di un autore che meriterebbe ben più ampia visibilità e che è pronto a ripartire più forte di prima. Se c’è una cosa che accomuna gli artisti emiliani, quella è sicuramente l’amore viscerale per la propria terra. Una terra capace di dare tanto su mille piani differenti, che nella musica di Amadei trova una quadra perfetta. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui, in attesa di poterlo vedere su un palco, l’unica condizione capace di riportarci davvero alla tanta agognata normalità.

La tua arte sembra legata indissolubilmente con le tue terre. Quanto ti hanno influenzato come autore e quanto, magari, sono state un limite?
Scrivo e suono in questo modo anche perché sono cresciuto in Riviera. Grazie alla sua vocazione turistica Rimini, più di molte altre città, mi ha dato la possibilità di misurarmi presto con il pubblico e di coltivare il mio progetto. Della mia città mi porto sempre dietro la visione onirica delle cose, la capacità di sdrammatizzare ma anche alcuni stereotipi negativi, come l’etichetta di “Vitelloni da spiaggia”, dediti esclusivamente all’effimero e alla superficialità.

Qual è l’accezione di Estate Infinita? Un tempo lungo e immobile o il senso di benessere (o malessere) che molti di noi trovano in una stagione come l’estate?
Estate Infinita è la stagione immaginaria, il miraggio. Ma nasconde un’ambiguità di fondo. Voler vivere in una sola stagione è una condanna oppure una ricompensa? Vivere al sole imprigionati nel cliché di se stessi, oppure cambiare, essere dinamici, isterici, rincorrere il tempo?

Hai deciso di pubblicare un album alla vecchia maniera. Prima un singolo e poco dopo l’album completo. Dobbiamo aspettarci una pubblicazione in vinile in futuro, o credi resterà solo in digitale?
Ho pubblicato un album perché di questo si tratta, non di una raccolta di singoli. E come tutti gli album ha un cuore, una coda, un respiro, una pancia, anzi un ventre molle. E’ prevista l’uscita del vinile in tiratura limitata dopo l’estate.

Quanto credi di essere maturato come autore di canzoni? Quando ascolti la tua vecchia musica ti senti a tuo agio o non ti ci riconosci?
Scrivere canzoni e arrangiarle per me è un’operazione “artigianale” e, in questo senso, la pratica e il confronto sono fondamentali. Cerco sempre di pormi in modo critico con la mia produzione. Lavoro fondamentalmente su sintesi testuale, suono e dinamica del brano. Il più delle volte è un gioco a sottrarre. Durante il tempo ho imparato a lasciare spazio ai collaboratori, a fidarmi anche quando non sono proprio convinto di alcune soluzioni. Se ascolto la mia produzione passata, questa evoluzione nei miei dischi mi sembra evidente.

Qual è il brano che rappresenta maggiormente lo spirito di Estate Infinita?
E’ un album molto eterogeneo, difficile trovare un punto di sintesi, ma direi Pavone: è una ballata al pianoforte che si trasforma in paesaggio elettrico. L’idea era quella di lasciare un finale aperto, lanciare il sasso e nascondere la mano.

Dedichi il brano Estate Infinita ad Andrea Pazienza: cosa ha rappresentato per te Paz e perché hai deciso di dedicargli un brano?
Di Paz amo la libertà, l’urgenza e la sfrontatezza del suo tratto autentico, appassionato, divertente e disperato. Disegnava perché non poteva farne a meno. Era generoso, esistono una marea di opere sconosciute di Paz, che lui ha regalato ad amici, conoscenti, passanti. Raccontano che arrivasse di punto in bianco, a volte in vestaglia o in accappatoio, stringendo una busta di plastica con dentro dei pennarelli sfusi, si sedesse e iniziasse a disegnare.

Credi che il tuo pubblico abbia ben presente chi era Paz e quanto la sua figura sia stata fondamentale per il nostro Paese?
Lo spero. Ma sarebbe molto gratificante anche se un ragazzo di 18 – 20 anni, ascoltando il mio brano, venisse incuriosito e iniziasse a curiosare in rete: sarebbe come scoprire l’Atlantide del fumetto. Mettersi sulle tracce di Paz, scoprire l’epica di “Frigidaire” e del periodo d’oro del fumetto in Italia…

La realizzazione del video Incubo Padano, con le evocative animazioni di Burla 22, volge lo sguardo all’illustrazione. Anche questo in qualche modo fa parte del tuo omaggio ad Andrea Pazienza?
No, è stato per puro caso. La pandemia ha reso difficoltoso fare video con attori a causa degli spostamenti. Mi misi a cercare un illustratore per fare un video animato. Avevo già avuto un’esperienza simile con il brano Le frottole dei Marinai, che potete trovare in rete. Conoscevo Burla per la sua produzione, ha un tratto estremamente personale ed essenziale, che amo molto, l’ho contattato e nel giro di un paio d’ore stavamo già lavorando al video, io con lo storyboard lui con i disegni. Lo ringrazio molto, il risultato finale è una bomba.

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