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In Cima al Monte Ghettolimpo: recensione del nuovo album di Mahmood

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Divinità moderne, suoni distorti e Hot Wheels: benvenuti in Ghettolimpo

Fin dagli inizi della sua carriera, Mahmood si è presentato al grande pubblico come uno dei più innovativi artisti del panorama italiano, e, grazie ad un sound ben definito, è riuscito ad imporsi nel panorama internazionale.

Visuals importanti e simboli ci accompagnano nel viaggio verso Ghettolimpo, album uscito l’11 Giugno per Island Records.

Uno è il  messaggio, filo conduttore di tutte le quattordici tracce presenti: guardateci come esseri umani, in tutti i nostri successi e fallimenti, vogliamo essere liberi di essere imperfetti.

Noi di Futura 1993 siamo rimaste particolarmente colpite da questo album, e abbiamo deciso di analizzarlo.

Dei

Un bordone ed un ritmo incalzante, quasi come una carica a molla che ci vuole catapultare verso il  resto dell’album. Mahmood ci accoglie così nel suo mondo, fatto di dèi moderni che, nonostante la facciata apparentemente perfetta, per la prima volta si mostrano nelle loro insicurezze.

Ghettolimpo

Una volta varcate le soglie della prima canzone, eccoci giunti in Ghettolimpo, traccia omonima dell’album. Qui siamo accolti dalla sola voce ipnotica dell’artista, che, come una preghiera, ci chiama;


“Se pregherai da solo

 Fuori da una chiesa saprai che

 Il cielo guarda solo chi merita”

Poi all’improvviso, con l’aiuto dei ritmi creati da MUUT (duo di produttori composto da Francesco Fugazza e Marcello Grilli), veniamo rispediti nella realtà, avvolti dalle atmosfere delle estati egiziane tanto care all’artista.

Il ritornello svela il tema principale, quello di Narciso, ripreso anche nella copertina dell’album. Intimorito di aver perso la percezione di sé stesso e delle proprie origini, Mahmood racconta la paura di vedere il suo riflesso che cambia.

Inuyasha

Uno dei primi singoli che ha anticipato l’album è Inuyasha, ballad ispirata al manga giapponese dello stesso nome.

La capacità di descrivere relazioni personali partendo da tematiche apparentemente estranee è una delle unicità di questo artista; chi se non lui avrebbe potuto immedesimarsi in un mezzo demone, in grado di mettere da parte il suo lato oscuro per proteggere i propri amici?

Il video, diretto dal regista Simone Rovellini, nasce dalla visione creativa dello stesso cantante, che ha immaginato la storia, curandone lo sviluppo dalla realizzazione del moodboard, alla sceneggiatura e alla fotografia.

Punto in più per la produzione di Dardust, che fa emergere l’intimità del testo creando un mood limpido e chiaro, come l’ambiente che circonda il protagonista della storia.

Kobra

Leggendo l’introduzione a questa recensione avrete pensato: “perché proprio Hot Wheels”?

Scopriamolo insieme in Kobra, nuovo singolo, uscito l’11 giugno in concomitanza con l’album.

Il beat iniziale ci trae in inganno: apparentemente tranquillo, una volta arrivato al drop del ritornello si trasforma, proprio come ciò che vuole raccontarci Alessandro con il suo testo. I “Kobra” dei quali parla infatti, sono persone di cui non ci si può fidare e da cui bisogna prendere le distanze.

La nostalgica estetica del video (diretto da Attilio Cusani), è unita ad una speciale collaborazione con Hot Wheels, il brand di macchinine che noi tutti conosciamo per aver accompagnato la nostra infanzia.

“Da bambino ero pazzo dei modelli di macchinine, delle gare rombanti,

della pista del giro della morte e qui mi sono divertito a riprovare quelle sensazioni

e a mettermi in gioco.”

I temi presenti nel testo, come il coraggio, la fiducia e il confronto con l’esterno, vengono riproposti nel visual, con un finale molto ritmato, che ci fa trattenere il fiato fino all’ultimo frame.

Baci dalla Tunisia

Ora stop, fermiamoci un attimo a riflettere.

Baci dalla Tunisia vuole comunicarci proprio questo; non solo questa traccia “chiude” metaforicamente la prima parte dell’album, ma è un momento di riflessione vera e propria. Sorvolando con la mente la Tunisia, Mahmood racconta i primi mesi dopo la vittoria di Sanremo 2019 e, per la prima volta, si trova a fare i conti con il significato di successo.

Klan

A farci ripartire è la sesta traccia dell’album che, nonostante l’estetica simile, si trova allo spettro opposto di Kobra. Klan (questo il nome del brano) infatti parla di un gruppo di persone che vivono quasi in simbiosi, diventando una vera e propria famiglia.

Ad esprimere il motivo incalzante, quasi un ostinato, è lo splendido lavoro coreografico di Carlos Diaz Gandia, ispirato a i movimenti pre-partita che usano i giocatori di rugby per darsi la carica; una metafora inaspettata che funziona alla perfezione con lo sfondo del surreale Parco del Nebrodi, in Sicilia.

Zero

“Nulla è zero

Se lo paragoni al cielo

Dimmi che anche tu lo sai

Dimmi che anche tu lo sai”

Questo il messaggio che accompagna la traccia numero sette, Zero, colonna sonora dell’omonima serie Netflix (uscita sulla piattaforma a fine aprile).

Il testo è coinvolgente e raffinato, in perfetta simbiosi con la produzione, che è ormai diventata il marchio di fabbrica della collaborazione con Dardust.

Lo sapevate che nell’ultimo episodio della serie, la parte musicale è stata curata proprio da Mahmood? Scelta azzeccatissima e importante, che potrebbe mettere in luce il ruolo e la figura del music supervisor (ovvero, un professionista che si occupa della sincronizzazione e tutti gli aspetti legati alla parte musicale di un film o serie tv), purtroppo ancora poco conosciuto.

Rubini (feat. Elisa)

Forse il brano che ha bisogno di più ascolti per essere compreso appieno, Rubini presenta il primo featuring del disco, quello con Elisa. Protagonisti sono gli occhi, quelli giudicanti che ci portiamo addosso in alcuni momenti della nostra vita. A proposito di questo, Mahmood rivela che il testo racconta di un momento travagliato, delle sue prime relazioni, le prime avventure con i migliori amici e del disagio adolescenziale che provava in quegli anni.

Dorado

Dopo una calma apparente, eccoci immersi in ritmi e suoni a noi familiari; infatti, anche se il tempo sembra essere volato (complice forse la freschezza e atmosfere sognanti?), Dorado è uscita lo scorso luglio, e presenta l’artista insieme a Sfera Ebbasta e Feid.

Questo video da solo, ha più simbologie di tutto il resto dell’album (ciao a Lana Del Rey e Bugs Bunny); rappresentando l’ infanzia e vita personale dell’artista, esse ci fanno immergere completamente nella storia.

Altro elemento che ha suscitato molto interesse è stata la collaborazione con il Museo Egizio di Torino: che sia l’inizio di una nuova unione tra le arti?

Talata

Tre in arabo. Semplice, no?

Non proprio, se si parla di relazioni. “In questo caso” racconta Mahmood, “ho voluto giocare con i numeri, ironizzando sulle mie passate relazioni e il mio rapporto con il sesso: ci sono legami che nascono come un gioco e non diventano mai seri, capisci che determinate persone non sono adatte a te, perciò quello che ti ricordi di loro sono solo i rapporti a livello fisico, e che le relazioni davvero importanti si contano sulle dita di una mano”.

1, 2, 3 = Talata.

T’amo

Forse il pezzo più interessante dal punto di vista sonoro, T’amo coniuga alla perfezione tradizione e innovazione. Ci culla il suono di una cornamusa lontana, e questo sottile falsetto (la lacrima scende facile) racconta una storia personale ma allo stesso tempo universale: l’amore e il senso di gratitudine di un figlio per il proprio genitore.

Nel ritornello possiamo sentire un canto della tradizione sarda (terra d’origine della madre di Alessandro), No potho reposare, a cui l’artista è molto legato sin dall’infanzia.

Pian piano raggiungiamo l’apice, e il tema viene amplificato dalle voci di un coro femminile; delicato, ma allo stesso tempo dal forte impatto emotivo.

Karma

“Sai che ti farei

 Ma c’è il coprifuoco dalle sei

Mi si sono rotte le buffalo

Correndo per arrivare al Louvre

Da te ma non c’eri più”

In realtà, ho scelto le uniche parole in italiano della canzone. Eh sì, il secondo featuring dell’album è con Woodkid e, prima strofa a parte, è interamente in inglese; sentire come si trasforma una voce quando cambia lingua non ha prezzo.

I synth dal suono scuro e compatto, abbinati agli archi nebbiosi, sono la base perfetta per questo earworm che prende già dal primo ascolto.

Rapide

Nonostante sia uscita all’inizio del 2020, è bello vedere questa canzone all’interno dell’ album, anche perchè è stata proprio la frase “il ricordo è peggio dell’ade” che ha dato il via all’intero concept di Ghettolimpo.

La combo piano e testo che parla di una relazione ormai alla deriva è un classico, ma qui viene rivisitata in chiave contemporanea. A farle da sfondo, una Milano caotica che sa di litigi e nostalgia.

Icaro Ѐ Libero

E così il cerchio si chiude, e con esso termina la nostra scoperta di Ghettolimpo.

Qui Mahmood ci porta fino all’inarrivabile per poi farci sprofondare nel mare; la mitologia è, ancora una volta, metafora del reale. Icaro è un carcerato, da una parte schiacciato dai pregiudizi che la società ha nei suoi confronti, e dall’altra proiettato verso un utopico raggiungimento dell’impossibile.

Ghettolimpo è anche questo: anche relegati in una situazione difficile tutti noi aspiriamo

all’Olimpo, la fame e il senso di rivalsa ti permettono di guardare in alto, e anche all’interno

di quattro mura se chiudi gli occhi puoi sempre sentire il vento”.

Ghettolimpo dimostra come, anche nel 2021, dove streaming e singoli sono protagonisti, c’è ancora spazio per un album concepito come tale.

Un disco che va ascoltato nella sua interezza, dove storie apparentemente diverse vengono intrecciate tra di loro dai temi universali dell’amore, delle relazioni e degli ostacoli della vita di tutti i giorni.

Con Ghettolimpo, Mahmood ci invita ad affrontare l’ostacolo forse più spaventoso di tutti: il confronto con le nostre paure e le nostre insicurezze. Il trucco sta nel vederlo come l’inizio del nostro viaggio fino alla cima del Monte.

Di Cecilia Nicolè

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“Ghettolimpo”, oltre che nei formati CD e LP, è disponibile sul sito di Universal Music Group in un esclusivo bundle che comprende CD, il 45 giri di “Kobra/Zero” e la macchinina Hot Wheels® (modello Jaguar F-Type, in scala 1:64).

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